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di P. Aldino Cazzago ocd
Taizé: la nascita di una nuova esperienza monastica
Nell’agosto del 1940 il giovane calvinista Roger Schutz, era nato nel 1915, giungeva a Taizé, nei pressi di Cluny, con il desiderio di dar avvio ad una esperienza di vita religiosa e comunitaria. L’idea non giungeva come un fulmine a ciel sereno perché Roger il monachesimo lo conosceva davvero, avendo fatto la tesi di laurea a Losanna proprio sul monachesimo occidentale fino a san Benedetto. Nella città svizzera si era fatto anche promotore di incontri di preghiera e di riflessione con altri studenti universitari. A Taizé, in compagnia della sorella, Roger ha modo di offrire anche ospitalità a soldati ed ebrei in fuga. Nel 1949 a Pasqua i primi sette fratelli si consacrano definitivamente con l’impegno del celibato, della vita comune, della comunione dei beni e dell’obbedienza all’autorità. Iniziava così una storia che ben presto si diffonderà sempre più.
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a cura dei Padri Carmelitani Scalzi di Venezia
“Un Natale al Carmelo è una cosa unica!”
Con questa espressione Suor Elisabetta della Trinità, dal Carmelo di Dijon, scriveva la sua attesa e la sua gioia per la nascita del Bambino Gesù. In questa lettera del 30 dicembre del 1903 indirizzata alle zie sottolinea l’aspetto più bello della nostra fede: “questa volta Gesù stava per nascere non più nella mangiatoia, ma nella mia anima… perché è veramente l’Emmanuele, il Dio con noi”. Gesù nasce per rimanere in me e con me: “nella mia anima si rinnova l’Incarnazione”, e con stupore riconosce la verità più bella della fede cristiana: “O grazia, o stupendo prodigio, per me sei venuto, per me!”. Dio prende l’iniziativa di donare suo Figlio per ogni uomo, quindi per me; questo sguardo presente nei santi, diventa alcune risposta accogliente al dono. Chiunque è sorpreso dalla gioia del dono di Dio per me, offre con gratitudine se stesso. Nella preghiera “Elevazione alla Santissima Trinità”, la Beata Elisabetta chiede allo Spirito Santo la grazia che si compia nella sua anima “una incarnazione del Verbo e io sia per Lui una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il suo Mistero”.
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5. La vita cristiana, celebrazione del Natale
di P. Romano Gambalunga ocd
La liturgia della IV domenica di Avvento (2Sam 7,1-5.8-12.14.16; Salmo 88; Rm 16,25-27; Luca 1,26-38) ci prepara all’ormai prossimo Natale del Signore ponendo davanti ai nostri occhi una donna, la vergine Maria di Nazaret. Le letture della liturgia ci aiutano a cogliere il significato permanente dell’Avvento, affinché l’imminente celebrazione del Natale sia autentica celebrazione del Mistero di Dio nel mondo, allegra partecipazione alla gioia divina di stare con gli uomini, più profondo inserimento nel fiume della Vita trinitaria che «irrora cielo, inferno e ogni gente, anche se è notte» (Giovanni della Croce, La fonte). Elisabetta della Trinità ci aiuterà a gustare la bellezza della novità di vita che ci è offerta.
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4. L’avvento quotidiano
di P. Marco Paolinelli ocd
‘Il mondo è in fiamme’
Quando ho ricevuto la ‘piccola richiesta’ del Provinciale, di scrivere questo contributo di Avvento per il sito della nostra Provincia, era il 29 novembre, memoria dei beati Dionisio e Redento. L’ho considerata una coincidenza significativa, perché sono in Madagascar, all’estremo occidente di quell’Oceano Indiano chiuso a oriente dall’isola in cui i due nostri confratelli hanno dato la vita per il Signore. Ho risposto dunque che avrei scritto qualcosa, e quello a cui ho subito pensato sono stati i motivi che, secondo il suo racconto, indussero S. Teresa a fondare il primo monastero della Riforma.
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di P. Saverio Cannistrà ocd
Quest'anno siamo presi dalla celebrazione del centenario della nascita di Santa Teresa. Continuamente siamo richiamati alla lettura dei suoi testi, alla rievocazione della sua vita e della sua figura. Proprio per questo, nel celebrare oggi la festa di San Giovanni della Croce, salta agli occhi con particolare evidenza la differenza che c'è tra lui e Teresa, pur nella condivisione della stessa vocazione e dello stesso carisma. Ciò, peraltro, ci fa capire quanto ampio sia lo spazio del carisma carmelitano, quanto diverse possano essere le sue incarnazioni e manifestazioni. Proprio perché l'identità di un religioso non è qualcosa di aggiunto o di artificiale, ma fa corpo con la sua stessa carne, con la sua storia ed esistenza, è normale che ciascun frate, ciascuna monaca, che si è lasciato plasmare dalla propria vocazione, presenterà un volto diverso, scoprirà una possibilità nuova e inedita del carisma. E questo mi sembra bello e liberante: il carisma è opera, è frutto dello Spirito, e ne condivide perciò la fantasia e la creatività. Sono piuttosto i carismi non vissuti che si irrigidiscono in formule e in stereotipi o in discorsi retorici, privi di contenuti reali.
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