a cura dei Padri Carmelitani Scalzi di Venezia

“Un Natale al Carmelo è una cosa unica!”

Con questa espressione Suor Elisabetta della Trinità, dal Carmelo di Dijon, scriveva la sua attesa e la sua gioia per la nascita del Bambino Gesù. In questa lettera del 30 dicembre del 1903 indirizzata alle zie sottolinea l’aspetto più bello della nostra fede: “questa volta Gesù stava per nascere non più nella mangiatoia, ma nella mia anima… perché è veramente l’Emmanuele, il Dio con noi”. Gesù nasce per rimanere in me e con me: “nella mia anima si rinnova l’Incarnazione”, e con stupore riconosce la verità più bella della fede cristiana: “O grazia, o stupendo prodigio, per me sei venuto, per me!”. Dio prende l’iniziativa di donare suo Figlio per ogni uomo, quindi per me; questo sguardo presente nei santi, diventa alcune risposta accogliente al dono. Chiunque è sorpreso dalla gioia del dono di Dio per me, offre con gratitudine se stesso. Nella preghiera “Elevazione alla Santissima Trinità”, la Beata Elisabetta chiede allo Spirito Santo la grazia che si compia nella sua anima “una incarnazione del Verbo e io sia per Lui una umanità aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il suo Mistero”.

Il Natale mi riguarda personalmente come un dono-evento presente. Una lunga linea ininterrotta congiunge il Natale di duemila anni fa a quest’anno.
In questa linea ininterrotta ricca di persone che hanno celebrato con la vita il festeggiato, incontriamo i carmelitani che narrano il loro modo di prepararsi al Natale. I nostri santi, Teresa di Gesù, Giovanni della Croce e Teresa di Gesù Bambino, ci aiutano a prepararci al Natale per rendere questa festa un avvenimento unico.

SAN GIOVANNI DELLA CROCE

Nelle ore di ricreazione, in cui i religiosi si riuniscono per prendere un po’ di sollievo… vedevo che il santo parlava di Dio e delle cose spirituali con tale elevatezza che ci rallegrava, ci ricreava e ci raccoglieva in Dio”. È la testimonianza di Alonso della Madre di Dio e di altri confratelli del Santo.
San Giovanni della Croce era solito narrare ai suoi frati storie sacre ed altri racconti molto utili soprattutto per rallegrare i malati.
La comunità carmelitana di Baeza si sente particolarmente gioiosa in occasione del Natale. Rimasero impresse nel ricordo di alcuni carmelitani le feste natalizie trascorse con il santo. Fra Giovanni di Santa Eufemia, cuoco del convento di Baeza, ricorda: “Celebrava le feste di Nostro Signore con tanta devozione: con parole sante intratteneva e inteneriva i suoi frati. Accadde proprio così una vigilia di Natale. Radunò tutta la comunità nel chiostro, chiamò due religiosi, e senza fargli cambiare l’abito, chiese loro di rappresentare uno San Giuseppe e l’altro Maria. Insieme a loro iniziò a percorrere il chiostro chiedendo agli altri frati alloggio dove far nascere il Bambino. Iniziava così il dialogo tra S. Giuseppe e coloro che via via gli negano l’ospitalità, ed è allora che Giovanni della Croce esprimeva, sul mistero del Natale, quei “pensieri divini che infondevano grande gioia ai religiosi: era per noi tutti di grande consolazione ed edificazione. A Natale traspariva una certa tenerezza nel suo viso”. Altre volte cantava delle poesie e tra queste ne possediamo una composta dallo stesso Santo, che recita così: “Del Verbo divino la Vergine incinta ti chiede riposo del lungo cammino”.
Quando era priore a Granada, alla Vigilia di Natale riunì la comunità ed iniziò una processione per i corridoi del convento con canti, dialoghi e preghiere: “Durò più di un’ora, ricorda il sacrestano, giungemmo in chiesa per la mezzanotte”. Immaginate la scena: al lato dell’ambone avevamo posto una grotta fatta di rami, paglia e pietre. Davanti alle statue di San Giuseppe e della Vergine Maria due frati adagiarono il Bambino appena nato. Tutti lo adorarono. Fu tale il realismo della piccola celebrazione che “non sembrava una rappresentazione di un fatto passato, sembrava presente, come se stesse accadendo davanti ai nostri occhi”.
A chi lo riteneva severo con gli altri frati perché austero con se stesso, il Padre Giovanni della Croce rivelava una ricca umanità e una sensibilità attenta alla famiglia che il Signore gli aveva donato: i suoi confratelli. Se Gesù è nato per prendersi cura dell’uomo, per Giovanni era il modo normale di vivere la fede in Gesù: prendersi cura del prossimo a cominciare dai suoi confratelli.

SANTA TERESA DI GESU’ BAMBINO

Nel 1894, a suor Teresa di Gesù Bambino, venne chiesto di scrivere qualcosa che aiutasse tutta la comunità a prepararsi al Natale. Teresa compose “Gli angeli al presepe di Gesù”, in cui vuole condividere con la sua comunità l’esperienza dell’amore misericordioso di Dio. Piena di stupore per il mistero dell’Incarnazione, Teresa mette l’accento sull’immenso amore di Dio, sull’abbassamento di Dio per amore di ogni uomo. È ciò che aveva già scritto nella prima pagina della sua “storia di un’anima”: “proprio dell’amore è di abbassarsi”.
In questa composizione, diversi angeli, del Volto Santo, della resurrezione, dell’Eucarestia, del giudizio universale e l’angelo di Gesù Bambino, gareggiano nella meraviglia del mistero ineffabile alternandosi nel dialogo con il Bambino appena nato. Gli angeli e Gesù Bambino sono interpretati dalle suore stesse ed è suor Teresa che interpreta il ruolo dell’Angelo di Gesù Bambino.
Gli angeli si meravigliano della bellezza nascosta di Gesù, dell’ingratitudine degli uomini, della povertà, dell’infanzia e dell’amore di Dio per la creatura. A questo Teresa aggiunge la meraviglia per l’immenso valore della più piccola anima che ama Dio: “Sai tu -è Gesù Bambino che parla con l’angelo del Giudizio universale- sai tu che le anime fedeli, con l’amoroso e semplice sguardo, mi daranno sempre conforto per le bestemmie degli infedeli?”.
L’anno seguente, il 1895, Teresa scrive “Il piccolo mendicante divino di Natale”. Questa volta però il componimento è una celebrazione. Il cerimoniale è stato pensato da Teresa nei minimi particolari. La sera di Natale, quando tutta la comunità è riunita, appare un angelo che porta Gesù in fasce e lo adagia nel presepe. Vicino a Gesù è stato preparato un cesto con dei bigliettini dove Teresa ha scritto una strofa. Ogni carmelitana si presenta davanti al Bambino prende un bigliettino e lo consegna all’angelo il quale canta ciò che vi si trova scritto.
La novità di questa Pia ricreazione è che non sono i visitatori che portano a Gesù i loro doni, ma è il Bambino, “il Verbo eterno” che si fa mendicante delle carmelitane. Gesù non chiede né opere né meriti, ma chiede il loro cuore, il loro amore, il dono totale di se stessi. Gesù chiede questo dono perché Egli stesso ci ha preceduto donandoci tutto se stesso per amore. La risposta a questo Bambino segue la stessa logica del dono. Santa Teresa di Gesù, la Madre fondatrice di Avila, aveva educato le sue figlie al dono totale di sé: “Dio non si dà del tutto a chi non gli si dà del tutto”. Tale è il significato del Natale: il dono totale di Dio per noi. Egli ci ha donato suo Figlio e suo Figlio è venuto per noi. Quale sarà la nostra risposta?

BEATA ELISABETTA DELLA TRINITA'

La beata Elisabetta della Trinità, offre un suggerimento: “La vigilia… mi sono trovata nel silenzio solenne del coro, vicino a Lui, e ripetevo con gioia e a me stessa: <Egli è il mio tutto, il mio unico tutto>. Che gioia, che pace dona all’anima questo pensiero! Gesù è solo e io gli ho dato tutto”. Lettera al canonico Angles, 4 gennaio 1904.
Suor Elisabetta suggerisce una preghiera che potrebbe benissimo accompagnarci al Natale: “Madre del Verbo, dimmi il tuo mistero dopo l’Incarnazione del Signore, come sulla terra passasti tutta in adorazione. In una ineffabile pace, in un silenzio misterioso, penetrasti l’insondabile portando in te il dono di Dio. Custodiscimi sempre in un divino abbraccio”. Poesia per il Natale 1903.
Il suo augurio per ciascuno di noi: “Il divin Bambino la ricolmi delle sue più dolci benedizioni… è al mio diletto Gesù che confiderò i miei auguri ed è lui che glieli porterà”. Lettera al canonico Angles, 24 dicembre 1900.
Buon Natale!