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di F. Iacopo Iadarola ocd
Gerico
Saliti sull’autobus per Gerico ci addormentiamo tutti subito, tanta è la stanchezza accumulata. Mi risveglia lo sbattere, sul mio ginocchio, di un mitra di una giovane valchiria dell’esercito israeliano che sta passando fra i sedili: siamo circondati da soldati! Ma non abbiamo fatto niente, neanche rubato la frutta stavolta! No, non c’entriamo niente per fortuna, è soltanto un’allegra comitiva di soldati e soldatesse, evidentemente dello stesso squadrone, che sta cercando posto sui sedili, per tornare alla loro base dopo qualche giorno di permesso. Intanto l’autobus s’immette in autostrada e corre veloce nella depressione giordanica, giù giù verso il sud: il panorama a ovest si fa sempre più desertico, lunare, mentre a est un po’ di verde sopravvive solo lungo la striscia del fiume.
Chiedo a uno dei soldati quanto manca alla fermata per Gerico: mi guarda un po’ stranito, come se gli avessi chiesto quanto manca per Parigi. Mi dice che non lo sa, non c’è mai stato. Che strano...possibile? Mi dico. La soldatessa al suo fianco, sempre col mitra in grembo, è tutta presa da un videogiochino sul suo smartphone lilla...sicuramente a Gerico non c’è mai stata neanche lei.
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Oggi, durante la messa della VII Domenica di Pasqua, è avvenuta la canonizzazione di Mariam Baouardy, ora S. Maria di Gesù Crocifisso: nel calendario liturgico sarà festeggiata il 26 agosto, data della sua nascita al cielo e singolare coincidenza con la ricorrenza della Trasverberazione del cuore di S. Teresa di Gesù, avvenimento celebrato in tutti i carmeli dell'Ordine. E monache e frati e tutta la famiglia carmelitana possono ora gioire ed essere ben fieri di questo nuovo fiore di santità che è annoverato ufficialmente nel giardino del Carmelo - prima santa carmelitana, tra l'altro, di tutto il Medio Oriente. Ecco le parole con cui Papa Francesco l'ha tratteggiata nella sua omelia (insieme a suor Maria Alfonsina Danil Ghattas, altra canonizzata palestinese):
Un aspetto essenziale della testimonianza da rendere al Signore risorto è l’unità tra di noi, suoi discepoli, ad immagine di quella che sussiste tra Lui e il Padre. E’ risuonata anche oggi nel Vangelo la preghiera di Gesù nella vigilia della Passione: «Siano una sola cosa, come noi» (Gv 17,11). Da questo amore eterno tra il Padre e il Figlio, che si effonde in noi per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5), prendono forza la nostra missione e la nostra comunione fraterna; da esso scaturisce sempre nuovamente la gioia di seguire il Signore nella via della sua povertà, della sua verginità e della sua obbedienza; e quello stesso amore chiama a coltivare la preghiera contemplativa.
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di F. Iacopo Iadarola ocd
Ancora a Tabgha
Notte sulle rive del Lago: molto romantico, ma le zanzare ci divorano. Al risveglio, accoccolati sopra degli scogli vicino a noi, ci guardano impassibili gli iràci. Chi sono vi starete chiedendo? Anche noi abbiamo dovuto fare mente locale per individuare questo esotico roditore che nella Bibbia compare tre volte (Dt 14,7; Sal 103,18; Pr 30,26), qui in Terra Santa molte di più: ne avevamo già visti, infatti, a El-Muhraqa e vicino il museo della Brigata Golani, ma di sfuggita. Ora invece sono proprio a qualche metro di distanza e non sembrano intimoriti dalla nostra presenza; se ne stanno fermi, con calma sovrana, appollaiati sulle loro rocce, con il loro musetto dall’aria misteriosa (a questa pagina li troviamo ripresi nelle foto di alcuni nostri padri di El-Muhraqa). Sono veramente un animale singolare, e comprendo ora questo passo del libro dei Proverbi, sugli “esseri che sono fra le cose più piccole della terra, eppure sono più saggi dei saggi…gli iràci sono un popolo imbelle, eppure hanno la tana sulle rocce”. E meravigliato penso che la Provvidenza ce li ha messi lì apposta, come perfetta prefigurazione naturale di quello che Gesù ha proclamato a due passi da qui, sul Monte delle Beatitudini: “Beati i miti perché erediteranno la terra…”
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di F. Iacopo Iadarola ocd
4° tappa: Nazareth-Lago di Tiberiade
Sveglia alle 4:15 a.m., lasciamo Nazareth alla volta del Mar di Galilea: o Lago di Tiberiade, o di Genesaret, o di Kinneret, come lo chiamano gli israeliani dal nome dello strumento, una specie di arpa, di cui pare abbia la forma. Per uscire dal centro urbano prendiamo un autobus che ci porta qualche chilometro fuori città, all’altezza del “Museo” della Brigata Golani, una delle più decorate dell’esercito israeliano e che pertanto è stata fregiata di questo memoriale che ne ricorda la storia e le imprese. Ne costeggiamo la recinzione, e le nostre figure si confondono quasi con le spettrali silhouette di alluminio dei soldati che fanno parte di questo parco museale. Dopo qualche chilometro, invece, passiamo dentro un altro luogo caratteristico dell’Israele colonizzatore: il kibbutz.
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di F. Iacopo Iadarola ocd
3° tappa: Monte Carmelo-Nazareth
Piana di Esdrelon
Lasciamo il convento di el-Muhraqa alle prime luci dell’alba, per non dover poi camminare troppo tempo sotto il sole. Si preannuncia infatti una giornata stupenda, adombrata soltanto dalla malinconia di stare lasciando il nostro Monte Carmelo. Ne scendiamo le pendici velocemente, verso la sottostante piana di Esdrelon (o di Izreèl) che attraverseremo alla volta di Nazareth. E’ stridente notare il contrasto, lungo il tratturo per cui discendiamo, fra un contadino druso con le sue vacche, e alcuni israeliani che sfrecciano su moto da cross.
Arrivati ai piedi del Carmelo ci aspetta il Kison, il celebre torrente presso il quale Elia uccise i profeti di Baal (1Re 18,40: c’è una collina che ancora ricorda, nel nome, l’episodio), e che, “torrente impetuoso”, travolse le truppe di Sisara (Gdc 5,21). E benché sia un fiumiciattolo, anche per noi il Kison non si mostra amichevole: per le piogge dei giorni precedenti si è gonfiato alquanto e P. Paco non riesce a trovare un posto dove guadare. Dopo varie esplorazioni conveniamo che l’unica soluzione sta nel prendere un cavalcavia in costruzione a un paio di chilometri di distanza e passare in questo modo all’altra sponda. Allunghiamo un po’ ma non abbiamo alternative.
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