SANTA TERESA DI GESU' BAMBINO DEL VOLTO SANTO
(TERESA DI LISIEUX)
1873 - 1897
Dottore della Chiesa
Patrona universale delle Missioni
Festa, 1 ottobre
Si racconta che già Pio X, nel corso di una udienza privata concessa a un missionario, parlandogli di Teresa di Lisieux – la cui fama cominciava a dilagare nel mondo – gli abbia confidato: “E’ la più grande santa dei tempi moderni”!
E fu buon profeta, tanto che il suo successore, Pio XI – dopo averla beatificata nel 1923, canonizzata nel 1925 e proclamata Patrona delle Missioni nel 1927 – avrebbe definito la vicenda ecclesiale di Teresa un “uragano di gloria”.
Certo è che, in tempi brevissimi, ella divenne “la fanciulla più amata della terra”, venerata da innumerevoli devoti e ammirata da intellettuali, da artisti e da teologi (G. Bernanos, P. Claudel, G. Cesbron, J. Green, F. Mauriac, E. Mounier, T. Merton, J. Guitton...).
La nascita
Eppure Teresa era nata in un villaggio quasi sconosciuto dell’alta Normandia (ad Alençon, nel 1873) e la sua vita era durata soltanto ventiquattro anni, nove dei quali trascorsi in un monastero di stretta clausura. Avrebbe dovuto restare sconosciuta, quasi perduta nelle pieghe della grande storia, e invece Dio l’aveva destinata a diventare, addirittura, “Dottore della Chiesa” (tale l’avrebbe proclamata Giovanni Paolo II nel 1997).
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In data odierna, nell'Anno Santo del 1925, fu posta a Roma una lapide che riguarda S. Teresa di Lisieux. Ce ne parla P. Giacomo Gubert, attualmente residente nel nostro convento romano:
"Più ardua ancora la ricerca delle dimore privata dei Servi di Dio, particolarmente di quelle temporanee; perché il ricordo di esse si può cancellare facilmente, tra i piani di un palazzo di abitazione o le stanze di un albergo. Ci piace segnalare una memoria di questo genere Nel centro mondano della Città, dove più intenso si svolge il traffico, al n. 12 della Via Francesco Crispi [ora in Via di Capo le Case 55], poco lontano dalla chiesa di S. Giuseppe a Capo le Case, una piccola lapide, sotto una finestra del primo piano, avverte: “In questa casa – già Albergo del Sud – abitò nel novembre 1887 – Santa Teresa del Bambino Gesù – 17 maggio 1925” (da E. Martire, in “Roma nobilis”, a cura di Igino Cecchetti, EDAS, Roma, 193, p. 1004).
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Segnaliamo ai nostri lettori questo breve filmato in cui P. Gino Toppan, priore della comunità dei carmelitani scalzi del nostro santuario di Verona Tombetta, espone la storia della basilica e le iniziative messe in atto in occasione dell'Anno della Misericordia: ricordiamo, infatti, che il santuario è chiesa giubilare e ospita una mostra permanente dedicata alla Misericordia nella vita e nell'opera di S. Teresa di Lisieux.
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di F. Iacopo Iadarola ocd
Ieri si è tenuta l'udienza ai partecipanti al Giubileo della Vita Consacrata, in cui, a conclusione dell'Anno per la Vita Consacrata, Papa Francesco ha individuato i tre pilastri fondamentali su cui deve reggersi la vita di ogni religioso: profezia, prossimità e speranza. E nel commentare questi tre punti, scartando il discorso "preparato", il Sommo Pontefice si è appoggiato come di consueto al solido insegnamento della piccola Teresina.
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di P. Antonio Maria Sicari ocd
RICONOSCENZA PER IL DIO «GIUSTO E MISERICORDIOSO»
Nella storia della santità, sembrerebbe logico che il tema della misericordia sia trattato da chi ha percorso qualche lungo e difficile itinerario di conversione, o da chi si è particolarmente dedicato alle opere di carità. Più sorprendente è il fatto che, a parlarne con una certa sistematicità, sia anche una Santa tutta caratterizzata dall’esperienza e dal messaggio dell’«infanzia spirituale»: santa Teresa del Bambino Gesù (1873-1897), che ha vissuto come misericordia perfino la sua innocenza, fino a concludere la propria esistenza con un «Atto d’offerta all’Amore misericordioso del Buon Dio».
Misericordia è, infatti, la parola che potrebbe servire da titolo per tutti i tre “Manoscritti”1 della sua Storia di un’anima. Il primo di essi (Ms a) – interamente dedicato a raccontare gli anni della fanciullezza, tutti pieni di candore – ella lo scrive con la persuasione di dover fare una sola cosa: «Cominciare a cantare ciò che poi dovrò ripetere per tutta l’eternità: «le misericordie del Signore»» (Ms a 2r) e lo conclude, cantando ancora con il salmista, «che il Signore è buono, che la sua misericordia è eterna» (Sal 135,1). Ma precisa attentamente: «A me Dio ha donato la sua Misericordia infinita ed è attraverso essa che contemplo e adoro le altre perfezioni Divine! Allora tutte mi appaiono raggianti d’amore, perfino la Giustizia (e forse anche più di ogni altra) mi sembra rivestita d’amore. Che dolce gioia pensare che il Buon Dio è Giusto, cioè che tiene conto delle nostre debolezze, che conosce perfettamente la fragilità della nostra natura. Di cosa dunque dovrei avere paura?» (Ms a, 83v-84r).
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di F. Iacopo Iadarola ocd
Sartre non ci piace: pur prescindendo da questioni confessionali, ci basterebbe la sua miope adesione allo stalinismo e maoismo (anche se poi ridimensionata) e alla proposta di depenalizzazione dei rapporti sessuali coi minori di quindici anni consenzienti (anche se allora condivisa da tanti altri raffinati intellettuali, ancora oggi molto di moda). Ma bisogna pur riconoscere a questo mostro sacro dell’esistenzialismo e dell’ateismo novecentesco una lucidità di pensiero che lo fa rimpiangere, se paragonato ai suoi attuali epigoni come Onfray o Odifreddi: “L’ateismo è la persuasione che l’uomo è un creatore, e che è abbandonato, solo, sul mondo. L’ateismo non è quindi un allegro ottimismo, ma, nel suo senso più profondo, una disperazione”. Un ateismo, quello sartriano, sempre in crisi con se stesso, consapevole del proprio dramma, della propria impermanenza e contraddittorietà: “La decisiva assenza di fede è una fede incrollabile”.
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