di P. Giuseppe Furioni ocd
Il 19 marzo 1923 il Papa Pio XI autorizza la pubblicazione del decreto de tuto con cui si afferma di voler procedere alla beatificazione di suor Teresa. Nella medesima circostanza si approva anche la beatificazione del Venerabile Michele Garicoïts. Ecco perché l’indirizzo di saluto rivolto al pontefice è pronunciato da P. Giulio Saubat, Postulatore Generale dei Preti del S. Cuore di Betharram, anche a nome di P. Rodrigo di S. Francesco di Paola, Postulatore Generale dei Carmelitani Scalzi.
L’INDIRIZZO DEL POSTULATORE
Beatissimo Padre,
Questo fausto annunzio non mancherà di avere una risonanza profonda nel mondo. Per quanto riguarda Colei che l’universo, con un entusiasmo del tutto nuovo ai tempi nostri, si compiace già denominare la «Piccola Santa», per Colei che, rispondendo al trasporto generale di giubilo, la voce dell’ultimo Sommo Pontefice, Benedetto XV e testé, la Vostra, Beatissimo Padre, glorificavano magnificamente, sarà l’appagamento dei vivissimi desideri, espressi ovunque e sotto le svariate forme, e che giungevano senza tregua, – quali ardenti suppliche, – fino al trono pontificio.
L’attesa di Betharram e Lisieux
Per quanto riguarda, poi, l’Istituto dei Preti del S. Cuore di Gesù di Betharram, mi sia lecito dire che, se l’emozione suscitata dal riconoscimento ufficiale dei miracoli attribuiti al V. Michele Garicoïts non è tanto universale, non è meno gradita in intensità, sopra tutto, nelle regioni ove il Servo di Dio è più conosciuto o per se stesso o per l’opera sua, cioè, per l’Europa, in varie parti della Francia, dell’Italia, della Spagna e dell’Inghilterra; – per l’America, in Argentina, nell’Uruguay, nel Paraguay; – per l’Asia, in Palestina, in Cina, ove numerosi cuori venerano ed amano Colui che fu già il pastorello d’Ibarre, l’umile domestico d’Oneix, il modesto Sacerdote di Betharram, il nascosto artigiano di una bell’opera religiosa.
Se oggi là, nel fervoroso Monastero di Lisieux, i cuori battono del più fraterno e tenero affetto per la loro «cara sorellina» – se in tutti i Monasteri del grande e ammirabile Ordine del Carmelo regna la più santa fierezza, lo stesso fremito d’insolito gaudio invade gli animi commossi dei Figli del Ven. Michele Garicoïts dinanzi alla visione che oggi si delinea, – qual sicura promessa, – della solenne Beatificazione per il domani.
Qui non posso dimenticare la parte presa alla nostra gioia dall’Istituto-fratello del nostro per il santo affetto dei Fondatori e la reciproca costante assistenza, – quella delle Figlie della Croce – che si può dire amato da Dio poiché Suor Teresa del Bambin Gesù, da una parte, il P. Michele Garicoïts dall’altra, vi prendono i soggetti dei loro miracoli.
Prospettive feconde per la Chiesa
Da tutti questi cuori si eleva un’ardente preghiera per chiedere all’Eterno le grazie e i favori che assicureranno all’amatissimo Pontefice, prescelto per continuare sulla terra, in un’ora grave della storia del mondo, l’opera di Cristo, di poter realizzare i grandi pensieri, i vasti disegni che l’anima Sua ha già ideati sotto il benefico influsso e l’azione potente della luce divina, e che ci ha rivelato nella sua immortale Lettera Ubi arcano Dei. Visioni grandiose, prospettive magnifiche e feconde per la Chiesa e per il mondo; pensieri splendidi già nati nei cuori dei santi Pontefici Pio IX e Pio X; voti ardenti di pace e di trionfo della carità, vagheggiata dall’Augusto Pontefice Benedetto XV. Se non è senza meraviglia, non è senza ammirazione che il mondo intero ha veduto queste grandi idee diventare il magnifico programma di restaurazione religiosa e sociale stabilito dal munifico cuore, dalla decisa volontà di Colui che – modello di fede intrepida e di ardente carità – è diventato il successore della loro potenza e della loro maestà.
In tale programma, noi sappiamo che Vostra Santità non dimentica la nazione che oggi si rallegra della gloria nascente di due suoi figli, la Francia che, per voi come per i vostri venerati predecessori, resta «la figlia primogenita della Chiesa, la madre feconda dei santi». Il mio cuore in questo momento non può fare a meno di rivolgersi verso la Patria, rallegrandosi al pensiero che Coloro i quali la Vostra odierna sentenza glorifica, diverranno intercessori potenti per lei, presso Dio.
Due nuovi beati francesi
Per questo gesto, Beatissimo Padre, come per tanti altri che il Vostro gran cuore vi ha già ispirato in suo favore, la Francia vi è sommamente grata, e i suoi figli, fedeli, fanno voti ardenti affinché il Signore vi conceda giorni lunghi, onde possiate vedere non solo la realizzazione, ma il trionfo completo del programma da Voi ideato per l’onore della Chiesa, per il bene dell’umanità.
Nutriamo la dolce speranza, – oso dire la ferma certezza, – di vedere le nostre umili preghiere esaudite da Dio, prendendo per mediatore il gran Santo nel giorno in cui la Santità Vostra si è degnata di promulgare i due Decreti. Egli è, ad un tempo, il Protettore del grande Ordine Carmelitano, dell’umile Istituto dei Preti del S. Cuore di Gesù di Betharram. – Ben rammentiamo che S. Teresa assicura che S. Giuseppe non rifiuta di esaudire nessuna delle domande che gli si rivolgono nel giorno della sua festa.
La nostra preghiera oggi è tutta per l’amatissimo Pontefice che ci ricolma dei suoi favori e delle sue benedizioni.
Gradite, Beatissimo Padre, i nostri sentimenti di viva gratitudine e l’omaggio delle nostre fervide preghiere, e concedeteci di vedere al più presto la glorificazione completa dei due cari che esaltate in questo fausto giorno.
Il Monastero di Lisieux, l’Ordine Carmelitano e l’Istituto dei Padri di Betharram porgendovene la più umile istanza sono ugualmente assicurati che, come il S. Patriarca, il Sommo Pontefice concede tutte le grazie che da Lui s’implorano nel giorno della festa del glorioso S. Giuseppe.
IL DISCORSO DEL PAPA
Con lieto e fiducioso proposito già si preparava l’animo Nostro a questo giorno sacro alla memoria e alla devozione più intima e più viva verso quel Grande, veramente grande fra i Santi, al quale il Signore si degnava di affidare il triplice prezioso deposito della Divinità di Gesù, della Verginità di Maria, del mistero dell’Incarnazione e della Redenzione del mondo, consacrando in tale deposito il titolo incomparabile della santità e della grandezza di Lui. E dobbiamo certamente alla protezione di questo diletto e venerato Patrono nostro San Giuseppe, se oggi il Signore ha a Noi – come dicevano gli antichi – duplicato l’annona; servis suis duplicavit annonam, concedendoci in duplice misura il profondo e purissimo gaudio spirituale che qui ci aduna.
Abbiamo da una parte la piccola Venerabile Teresa del Bambino Gesù, che sale con sì meravigliosa rapidità all’altare di Dio e della gloria dei Santi; dall’altra il Venerabile Michele Garicoïts che con passo così rapido le tiene dietro nella stessa magnifica via.
Santa fretta di Dio
Davvero direbbe ancora oggi Sant’Agostino: Che cosa vuol dire tutto questo? Che cosa significa tutta questa sollecitudine o, quasi diremmo, tutta questa santa fretta di Dio nel portare in alto questi suoi servi fedeli? Certo questa disposizione della Provvidenza qualche cosa di particolare vuol significare. Quale è dunque il significato di tale opera divina? Forse Iddio – e si può dire anche senza forse, perché nulla fa Iddio senza una ragione e un fine determinato – ha voluto in questi esempi darci delle norme, delle didascalie, degli insegnamenti, particolarmente adattati al carattere dell’ora presente.
Non è forse l’età nostra, l’età dei più rapidi svolgimenti e rivolgimenti delle cose? Oggi accade che da un giorno all’altro uomini e cose che sono in alto precipitino in basso, che quelle che sono in basso si innalzino, che le persone passino con la massima rapidità da una condizione all’altra della società. È proprio oggi che si può ripetere la parola dell’antico poeta: «Quid fit, Maecenas, ut nemo, quam sibi sortem seu ratio dederit seu fors obiecerit, illa contentus vivat, laudet diversa sequentis?» [«Come mai, Mecenate, nessuno vive contento della sorte che sceglie o che il caso gli getta davanti e loda chi segue strade diverse?» (Orazio, Satire, libro 1)].
Ed è precisamente questa insofferenza del proprio stato che è causa di tanti livori, di tanti dissidi, di tante turbolenze.
Gli uomini hanno dunque bisogno particolarmente oggi di una luce che li guidi.
E valga rammentare il grande scrittore cristiano, della cui morte è imminente la cinquantenaria commemorazione, che scriveva essere prerogativa unica della nostra santa Religione, della fede cattolica, quella che in tutti gli stati, in tutte le condizioni, in tutte le situazioni della vita abbia da proporre una norma, una guida, una soluzione per tutti i problemi, tanto da insegnare – non solo a modo di dire ma in una santa e preziosa realtà – a fare di necessità virtù.
Il padre Michele Garicoïts
Ed ecco il Ven. Garicoïts che nella sua umile vita ci porge esempio e ammonimento per le più diverse condizioni dell’esistenza. Lo vediamo povero fanciullo di campagna, poi servo addetto al servizio altrui, poi studente, poi sacerdote, poi coadiutore nella cura d’anime, poi direttore e insegnate nel più alto insegnamento, quello che conduce all’altare e che è il più alto e difficile e insieme il più benefico, poi maestro di spirito e direttore di coscienze, e infine fondatore di una famiglia religiosa che in breve tempo dilata le sue umili tende e pianta i suoi modesti padiglioni in tutte le parti del mondo. Orbene, in tutta questa varietà di vicende questo Venerabile ci insegna chiaramente due cose. La prima è che in qualunque condizione, in qualunque momento, in qualunque situazione della vita il cristiano si può e si deve santificare, così come a tutti ne faceva precetto il Signore quanto diceva Sancti estote siate santi, a somiglianza di quel Padre dei Cieli che è la santità stessa. Il secondo insegnamento risponde alla domanda come possiamo santificarci; nell’adempiere cioè fedelmente in ogni condizione e circostanza della vita quei doveri che in quell’ora e in quel momento Dio ci domanda perché Egli stesso ce li impone. E questa risposta del Venerabile Garicoïts è ora confermata dall’infallibile giudizio della Chiesa.
La piccola Teresa di Gesù Bambino
D’altra parte, ecco un altro carattere del nostro tempo al quale risponde la caratteristica della santità per la quale rifulge di grazie e di bellezza la Venerabile Serva di Dio Teresa del Bambino Gesù.
Il carattere del nostro tempo – tutti lo sanno e lo sentono – è quello del movimento, dell’azione fervida e incessante. Si fa oggi in pochi giorni quello per cui prima occorrevano anni, e in pochi anni si percorre il cammino che prima era di secoli. Il mondo corre vertiginosamente, e dalla velocità della sua corsa – motus in fine velocior – si direbbe che corra verso la sua fine. È questo il segreto di Dio, ma è certo che noi ci sentiamo travolti in una corsa rapida come non mai.
Orbene, in questa corsa, in questo spostamento di ogni attimo, troppo va dimenticata quella che è la sostanza intima vero pregio di tutta l’azione e di tutta la santità. Essa è la carità: il Cuore di Dio si è degnato di rivelarlo. Vi sono anche altre virtù necessarie, ma di esse più grande è la carità, major harum caritas, ed essa supplisce ai difetti che si trovassero nell’esercizio delle altre. Essa è il vero amore di Dio, e perciò stesso anche amore del prossimo, perché se amiamo veramente Iddio non possiamo non amare coloro che Iddio stesso ha amato, fino a dare per essi la vita, così come l’ha data per noi.
Ecco la Venerabile Teresa del Bambino Gesù, vero fiore d’amore venuto dal Cielo in terra per meravigliare il Cielo e la terra. Essa è un cuore, è un’anima infantilmente filiale e insieme eroicamente apostolica; tutta fatta e tenuta viva dall’amore di Dio, dall’amore di Gesù, di un amore tenero e forte, semplice e profondo, che le dà trasporti di filiale abbandono, e gesti magnifici di apostolo e di martire.
Il valore della santità
Perciò nelle due figure che abbiamo celebrato, troviamo, come risposta alle esigenze particolari dell’età nostra, da una parte la multiforme attività della santità, dall’altra tutto il profondo e riposto valore della santità stessa.
Ed ora non Ci resta che rallegrarci con la Chiesa intera per quel duplice gaudio che nel giorno del suo grande Patrono San Giuseppe la bontà di Dio le preparava. Tale gaudio ben a ragione si effonde particolarmente nel Carmelo di Lisieux e in tutta la grande famiglia carmelitana, e nell’umile, operosa e benemerita famiglia di Betharram, e ancora in quella delle figlie della Croce che la Provvidenza ha prescelte a testimonianza di tanto divina preparazione di santità. Noi ce ne rallegriamo, così come intendiamo e dividiamo il gaudio della Francia, di quella Francia così cara a tutti i Nostri predecessori e non meno a Noi cara. Né altro Ci resta da ripetere quanto già diceva Sant’Agostino: Imitari non pigeat quod celebrare delectat. Non siamo pigri ad imitare coloro che ci piace esaltare.
Ed affinché questa imitazione possa essere sempre più efficace e possa riuscire a gloria di Dio sempre maggiore e a vantaggio sempre più grande delle anime, scenda su voi la Benedizione Apostolica che siete venuti a chiedere, su voi e su quanti voi rappresentate e portate nel pensiero e nel cuore, particolarmente voi, Eminenze, e sui vostri cooperatori in queste nobili cause.
Sia la Benedizione Apostolica segno della Nostra riconoscenza ed insieme caparra di quella riconoscenza più preziosa che i Santi di Dio e Dio stesso in Cielo ci riserbano.