di P. Ermanno Barucco ocd
Perché la morte?
In questi giorni stanno morendo tante persone a causa del (nuovo) coronavirus, soprattutto anziani ma anche gente più giovane. Nessuno può ritenersi immune dal virus e dalla morte, anche se fortunatamente di bambini e di giovani defunti non se ne registrano o se ne registrano assai pochi. La morte, che pensavamo di aver allontanato da noi grazie alla scienza e al progresso umano, si è fatta di nuovo vicina.
Alcune domande risuonano in noi. Perché? Perché questa epidemia? Perché la morte? Tutti i nostri “perché” non possiamo sfuggirli così facilmente. Anzi, dobbiamo porre queste domande davanti a Dio.
Noi non comprendiamo perché la morte stia avendo il sopravvento su così tanta gente nonostante lo sforzo del personale sanitario e le decisioni politiche e sociali. E la morte arriva “improvvisa”, nonostante le notizie senza sosta che da giorni descrivono l’evolversi dell’epidemia. Noi non comprendiamo il perché ma possiamo amare di più, pregare di più… Comprenderemo amando, pregando, amando di più madre, padre, figli, marito, moglie, parenti, amici, ogni persona… amando in Gesù che ci ha amato. Chi ci separerà dall’amore di Cristo?
Prepararsi al ritorno di Cristo
Nel vangelo si parla di prepararsi al ritorno del padrone che torna dalle nozze o al ritorno dello sposo che arriva con il suo corteo per entrare alla festa: beati coloro che “al suo ritorno” saranno ancora vigilanti! Il tempo che stiamo vivendo è un tempo di preparazione al ritorno di Cristo, e ancor più in questa situazione in cui vita e morte stanno duellando: “vigilate! – dice Gesù – non sapete il giorno e l’ora in cui il ladro verrà”. Non sappiamo l’ora in cui la morte verrà, in cui Gesù verrà a prenderci. “Siam pronti alla morte”? ci verrebbe da chiederci usando le parole dell’Inno di Mameli (Il canto degli Italiani). Medici e infermieri in prima linea, e poi le forze dell’ordine e quanti rischiano di più per il lavoro o in famiglia, tutti in fondo in qualsiasi circostanza: “Siam pronti alla morte”?
La morte “improvvisa”
Una volta si chiedeva nella preghiera di essere liberati dalla morte “improvvisa” e ci si preparava alla “buona morte” (l’Ars moriendi che data dal XV secolo). Come se la morte improvvisa fosse qualcosa di non augurabile perché non c’era stato il tempo di prepararsi, attraverso quello che veniva chiamato “apparecchio alla buona morte” e ponendosi la domanda: “cosa faresti se sapessi di morire oggi, se il Signore ti chiamasse tra poco a sé?”. Solo così, si riteneva, si era sicuri di andare in Paradiso perché ci si era ben preparati anche con gli ultimi sacramenti.
Quando mio cugino è morto a soli 35 anni in un incidente stradale, era in bicicletta ed è stato investito da un camion, ho capito che non era giusto pregare per evitare una morte improvvisa che poteva accadere senza preparazione, che non c’era una morte più “buona” di un’altra. Ho capito che avremmo dovuto prepararci alla morte in un altro modo, che avremmo dovuto attendere il ritorno di Gesù in un altro modo, pronti ad ogni tipo di morte (nessuno sceglie il modo in cui morire), perché anche nella morte improvvisa il Signore ci trovi pronti (e ci faccia pronti!). Soprattutto in questi momenti in cui sappiamo di tanti che muoiono intubati in terapia intensiva, che muoiono soli senza i parenti vicino (o speriamo almeno con un’ultima vicinanza piena di umanità di medici e infermieri), che muoiono non più coscienti in sedazione palliativa, dobbiamo imparare un nuovo modo di “ben vivere per ben morire”.
“Pregare come respirare”
Dobbiamo oggi ripensare in modo nuovo la preparazione al momento della morte: dobbiamo imparare a “pregare come respirare” – come scriveva A. M. Sicari nel libro “Pregare nel mondo” riprendendo diversi autori cristiani – dobbiamo imparare a vivere offrendo a Dio ogni respiro come fosse l’ultimo… e così nel momento del nostro ultimo respiro offerto a Dio, ad ogni respiro quindi, saremo pronti ad incontrare il Signore che viene. Quando vedremo con i nostri occhi che Gesù è venuto a prenderci, gli avremo già offerto l’ultimo respiro come una preghiera, quella che noi possiamo imparare a fare: “Signore, ogni mio respiro è già tuo. Ogni mio respiro vorrebbe pronunciare il tuo nome. Ogni mio respiro è già un respiro d’amore per te”. Imparare a pregare la sera dicendo: “Signore Gesù, in pace mi addormento, ma fa’ che ogni mio respiro, anche nell’incoscienza del sonno, sia tuo”. Santa Teresa di Gesù bambino preferiva usare quest’immagine simile: «O mio Dio, ai tuoi occhi il tempo è nulla: un giorno solo è come mille anni. Tu puoi dunque prepararmi in un istante a comparire davanti a te… Ti offro tutti i battiti del mio cuore come altrettanti atti d’amore».
Una volta avevo problemi di eccessiva sudorazione nel sonno e un medico mi ha detto che respiravo col petto affaticandomi il doppio e che avrei dovuto re-imparare a respirare col diaframma. Mi diede alcuni esercizi di respirazione da fare e poco a poco il mio corpo e il mio cervello re-impararono il modo giusto di respirare senza più pensarci e fare esercizi, avveniva da sé. In modo analogo si impara a “pregare come respirare”, lasciando che lo Spirito Santo sia il nostro respiro di ogni momento. Questo modo di esprimersi sul “respiro” è alquanto significativo proprio in situazioni di difficoltà respiratorie come quelle prodotte dal coronavirus.
Così alla domanda “cosa faresti se sapessi che oggi viene la fine del mondo?”, san Domenico Savio, che stava giocando nell’Oratorio di san Giovanni Bosco, rispose: “continuerei a giocare”. Ecco la miglior preparazione alla morte: avere la coscienza nella fede che ciò che sto vivendo è ciò che Dio mi sta chiedendo di vivere; continuare in ogni attività a “pregare come respirare”, offrendo ogni azione, ogni battito e ogni respiro, e quindi anche l’ultimo, come atti d’amore a Dio.
“Grazie, papà”
Mio cugino moriva a 35 anni lasciando la moglie e una figlia piccola. Quella bambina non capiva e implorava: “voglio che torni”. Un giorno avrebbe capito che poteva dire veramente a suo padre: “Papà che sei nei cieli” e comprendere quindi che Dio è suo Padre. Quella bambina ci insegna, insieme a Gesù, a chiamare Dio “Papà che sei nei cieli”.
Io vorrei morire offrendo il mio ultimo respiro perché ho offerto così ogni respiro, come una preghiera che invoca Gesù dicendogli: “voglio che tu torni (a prendermi con te)”, come un respiro che dice in Gesù e con Gesù: “grazie papà” (Gv 11,41), sicuro che in quel momento là, come Lazzaro, sto morendo e risorgendo in Gesù che dice: «Io sono la Resurrezione e la Vita» (Gv 11,25).
Appendice (da scaricare)
Tutti i battiti… atti d’amore (Santa Teresa di Gesù bambino)
Gesù, Giuseppe, Maria… preghiere