di P. Ermanno Barucco ocd

Arcabas Natale© Arcabas, by SIAE 2019.

“Il Polittico dell’infanzia di Cristo” di Arcabas

L’arte sacra contemporanea può farci contemplare il mistero di Dio che si è fatto uomo? C’è bisogno allora di un’arte bella, di un’arte “cristiana”, non solo nel tema scelto ma anche nel modo di rappresentarlo. C’è bisogno di un’arte che nasce dalla fede in Cristo e che si sviluppa come un “vangelo in immagini”. C’è bisogno di un’arte che ci apra alla preghiera e la sostenga. L’arte di Arcabas (1926-2018), pittore francese contemporaneo recentemente scomparso, ne è un’espressione. Arcabas è un nome d’arte, il suo vero nome è Jean Marie Pirot.

Proviamo a meditare insieme a lui una delle sue opere, Il Polittico dell’infanzia di Cristo (1995-1997). Quest’opera fu realizzata da Arcabas senza nessuna committenza previa e venne acquistata nel 2002 dall’Arcivescovo di Malines-Bruxelles, il cardianale Godfried Danneels, per essere collocata in una sala del palazzo arcivescovile di Malines in Belgio. Il polittico, che è formato da undici quadri disposti simmetricamente per una lunghezza totale di quasi dodici metri, ci mostra le vicende che vanno dall’Annunciazione al Ritrovamento di Gesù nel tempio, utilizzando le vicende narrate sia dal vangelo di Luca che da quello di Matteo. Ma noi non percorreremo il polittico in senso “cronologico”. Partiremo piuttosto dal centro del polittico: ci fermeremo un po’ davanti al pannello centrale, per andare poi un po’ avanti e un po’ indietro nella storia dell’Infanzia di Gesù, secondo la chiave interpretativa – scrive François Boespflug (1) – che è fornita dal quadro centrale stesso.

“Videro il bambino con Maria sua madre”

Arcabas Bambino© Arcabas, by SIAE 2019.

Seguendo la stella che li precedeva, i magi giunsero davanti ad una casa di Betlemme. Là, “videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi l’adorarono” (Mt 2,11). Nel pannello centrale, intitolato La Madonna col Messia (n°6), il pittore Arcabas, permette anche a noi di “vedere” il bambino ritto, con i piedini appoggiati sulle ginocchia di Maria mentre questa lo sostiene con le mani delicate e sicure di madre. Davanti a questa immagine il pittore ci dice: “Voi siete i re magi che guardano il bambino e sua madre”. Ma possiamo anche fare di più: i nostri occhi “vedono”, ma tutto il nostro essere vuole unirsi all’“adorazione” del bambino. Il gesto di “adorazione”, che il vangelo sottolinea insistentemente in quest’episodio (Mt 2,2.8.11), non è rivolto all’immagine in sé, ma alla persona che essa raffigura. Adorare è riconoscere che il Figlio di Dio si è fatto bambino nel grembo di Maria, grembo che nel pannello risplende d’oro. Il grembo come fonte di luce è una caratteristica che si ritrova in altre opere di questo artista. L’adorazione gioiosa davanti al bambino e a sua madre è un gesto di fede: anche davanti a un quadro la nostra fede è viva e anzi, può essere vivificata. È la fede della Chiesa, fede in Gesù, che attraverso la fede dell’artista, credente convinto, si ritrova rappresentata e proposta alla fede (anche come invito a credere) di chi guarda.

Epifania di gloria e adorazione: croce e resurrezione

Ma il pittore è andato oltre, perché lo stesso dipingere è inspirato dal gesto di adorazione e di fede dei magi, e il suo lavoro è comparabile alla preghiera. Così è, perché questo quadro di Arcabas non ci fa vedere soltanto il bambino con sua madre. Dietro la figura di Maria sorge infatti una croce dello stesso colore del vestito di lei. A destra e a sinistra vediamo gli strumenti della Passione: i chiodi, un martello, una tenaglia. Ma tutta la croce e la Vergine sono avvolti e contornati dall’oro, il colore della gloria e della resurrezione. Il gesto iniziale della nostra adorazione e della nostra fede è ora decisamente ampliato: con un colpo d’occhio cogliamo tutto il mistero di questo bambino. Adesso l’adorazione si fa silenziosa: gioiosa e insieme dolorosa, ma poi gloriosa, senza annullare il dolore, come l’oro di gloria non annulla la croce, ma anzi riproduce la stessa forma della croce, divenuta allora croce gloriosa, annuncio del Risorto. Assumendo tutte queste caratteristiche e questi sentimenti, la nostra adorazione davanti a questo quadro è invasa dalla luce perché l’oro trionfa: a partire dal ventre di Maria e dall’aureola del bambino, fino allo sfondo “bianco luminoso” che avvolge, insieme al “color oro”, tutta la scena. E perfino alcune gocce d’oro sono “cadute” sugli strumenti della passione, dando loro un senso trasfigurato.

Sviluppo del Polittico dal centro…

Arcabas Doni© Arcabas, by SIAE 2019.

Tutti gli altri pannelli del polittico sono uno sviluppo di questo pannello centrale, sia che narrino i fatti che hanno preceduto l’arrivo dei magi, sia che continuino la storia, legata all’infanzia di Gesù. A destra e a sinistra del pannello centrale ce ne sono due più piccoli. Tutti insieme formano un trittico, a dire dell’autore. A destra (n°7) c’è uno scrigno aperto con dentro un lingotto d’oro e a fianco dei vasi preziosi. Sono i doni dei magi, come racconta il vangelo: “E aperti i loro scrigni, gli offrirono doni: oro, incenso e mirra” (Mt 2,11). Sul coperchio aperto dello scrigno si è posato un pettirosso che cinguetta: l’artista ha rappresentato il suono del cinguettio attraverso un gioco di rombi colorati. Che la musica è “colorata” l’ha detto anche un grande compositore di musica sacra del XX secolo, Olivier Messiaen.

A sinistra (n°5) alcuni uccelli accorrono per beccare dei grani gettati a terra, scena di gioco per i bambini anche sulle grandi piazze delle nostre città. Arcabas ama gli animali e i suoi bestiari d’arte sacra sono numerosi e ben realizzati. Dietro gli uccelli si stagliano delle forme astratte, tipiche di Arcabas, e la sua immancabile croce “tozza” (presente in quasi tutti i pannelli del polittico e in numerose altre opere). Queste forme astratte non sono senza senso. Per il pittore, l’astratto e il figurativo camminano bene insieme: il figurativo ci dona il paesaggio esteriore, quello fisico dell’esperienza ordinaria, mentre l’astratto richiama il “paesaggio interiore”, quello degli “occhi dello spirito”. L’arte di Arcabas ha il pregio di farci guardare alla vita di Cristo con “gratitudine”, la stessa “gratitudine” che noi possiamo avere per la sua arte sacra. Davanti ai suoi quadri «la gratitudine – ha scritto F. Boespflug – apre gli occhi non soltanto sul mondo, ma sul misterioso ‘oltre’ di questo mondo, ‘oltre’ che s’infiltra più o meno laboriosamente attraverso il mondo, e a volte rifulge». E quando l’Eterno è entrato nel tempo, forse, l’astratto unito al figurativo, è un modo per rappresentarlo.

Il massacro degli innocenti

Arcabas Innocenti© Arcabas, by SIAE 2019.

Le forme astratte che noi vediamo nel quadro Gli uccelli (n°5) sono ripetute al centro del pannello che rappresenta Il massacro degli innocenti (n°8). E non a caso, donando anche all’insieme del polittico una simmetria incrociata, poiché lo scrigno e i doni (n°7) richiamano i magi (n°4). Nel vangelo leggiamo: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, non mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre nostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita?” (Mt 6,26). Ecco: il mistero dell’Incarnazione dice come Dio sia venuto per prendersi cura della “mia” vita più ancora di quanto non si prenda cura degli uccelli del cielo e dei gigli del campo.

Dio nutre gli uccelli del cielo donando loro dei grani ma quanto più vale ai suoi occhi la vita di questi bambini innocenti che sono uccisi. Dio non li ha abbandonati, anzi si prende cura di loro, nonostante l’orribile azione perpetrata da Erode contro di loro. Ecco come una bella pagina di Charles Peguy ci dice perché la vita di questi innocenti ha tanto valore per Dio: «In quel tempo stesso mio Figlio fuggiva… Essi furono presi per lui. Furono massacrati per lui. Invece di lui. Al suo posto. Non solo a causa di lui, ma per lui e contando per lui. Rappresentandolo, per così dire. Essendo sostituiti a lui. Essendo come lui. Quasi essendo (altri) lui. In sua vece, in sostituzione, in luogo di lui. Ora tutto questo è grave, dice Dio, tutto questo conta. Furono simili a mio figlio e lo sostituirono» (2).

Natività a Betlemme

Arcabas Natale© Arcabas, by SIAE 2019.

Guardando ancora il quadro del massacro degli innocenti, noi ci rendiamo conto di quanto già l’infanzia di Gesù sia segnata dalla sua Passione. Lui, l’Innocente, è ricercato da alcuni per essere adorato, ma da altri per essere ucciso. E allora Arcabas include anche nella scena della Natività a Betlemme (n°3), che prepara tutta la vicende dei magi, un elemento di “presagio”. La scena è un esempio di dolcezza: Maria e il bambino sono distesi sulla paglia e dormono sotto una coperta grigia. I loro volti si toccano e sono avvolti in un grande scialle blu che li ripara dal freddo. Non mancano i tradizionali asino e bue che con il soffio delle loro narici scaldano il bambino, e si “vede” bene che soffiano intensamente. Degli angeli irrompono sulla scena trascinando con sé un flusso d’oro che raggiunge i volti di Maria e del bambino: il favore divino riposa su di loro. Tutto indica protezione: tutti cercano di proteggere il bambino. Gli angeli stessi, dopo aver dato la “buona notizia” ai pastori, sono arrivati, con il loro sguardo pieno di meraviglia davanti al mistero dell’Incarnazione, per fare gli angeli custodi inviati da Dio. Anche la madre del bambino è tutta piena di tenerezza protettrice, mentre Giuseppe veglia nelle notte buia, con una candela in mano, che copre con l’altra mano perché non si spenga a causa del vento. Questo è il “presagio” ! Giuseppe veglia sulla fiamma così come difende la fragile vita del bambino Gesù che è minacciata – ha scritto F. Boespflug. Gesù è la luce venuta nel mondo, ma gli uomini non vogliono accoglierla (cf. Gv 1,9.11).

Anche a noi è chiesto di vegliare sul bambino Gesù, di vegliare sulla vita di ogni bambino che viene al mondo nel ventre di sua madre. Edith Stein ha scritto, nelle sua meditazione sul Natale, che «il mistero dell’incarnazione e il mistero del male sono strettamente uniti. Alla luce, che è discesa dal cielo, si oppone più cupa e inquietante la notte del peccato. Il bambino protende nelle mangiatoia le piccole mani, e il suo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le sua labbra diranno: ‘Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati’. Alcuni seguirono il suo invito». Furono Maria e Giuseppe, furono i pastori, furono i magi, furono i bambini massacrati di Betlemme. Ma altri si ergono contro di lui: Erode «vuole uccidere il Signore della vita. Di fronte al bambino nella mangiatoia gli spiriti si dividono. Egli è il Re dei re e il Signore della vita e della morte, pronuncia il suo ‘Seguimi’, e chi non è per lui è contro di lui. Egli lo pronuncia anche per noi e ci pone di fronte alla decisione di scegliere tra la luce e le tenebre» (3). Nel quadro di Arcabas noi vediamo che Giuseppe sceglie la luce, sceglie di difendere la luce che è Gesù. E Allora vediamo ancora Giuseppe, dall’altra parte del polittico, simmetricamente (n°9), che, dopo essere stato avvisato in sogno dall’angelo, prende “con sé il bambino e sua madre nella notte” (Mt 2,14) e fugge attraverso le montagne verso l’Egitto (in realtà il paesaggio è quello dove abita il pittore, vicino alla Grande Certosa). Così Giuseppe compie la sua missione di Custode del Redentore e di Sua madre.

Gli estremi del Polittico…

Arcabas Visitazione© Arcabas, by SIAE 2019.

Il Polittico ci dice ancora come la storia è cominciata e come si conclude l’Infanzia di Cristo. A destra infatti, il primo e secondo quadro ci vanno vedere L’annunciazione e La visitazione, mentre a sinistra, simmetricamente, la Vita nascosta a Nazareth e Gesù tra i dottori. Ognuna di queste scene è un capolavoro, di bellezza e di teologia. Ma tutte sono legate ancora al pannello centrale, che funge da centro di coordinazione di tutta l’Infanzia di Cristo rappresentata da Arcabas. È l’annuncio di tutta la vita del Messia: il Figlio di Dio, diventato bambino e poi uomo adulto, ha conseguito, attraverso la croce e la passione, la gloria della resurrezione (4). Quanto è grande il mistero della nostra salvezza, quanto è “bello”!

 

Questo articolo è una versione rivista e aggiornata del testo già pubblicato: E. Barucco, “Videro il bambino con Maria sua madre…”. Una meditazione del grande pittore contemporaneo Arcabas sull’infanzia di Cristo, in Dialoghi carmelitani 3 (2002) 4, pp. 60-65.

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Note:

(1) F. Bœspflug, Arcabas. Et Incarnatus est. Le polyptique de l’enfance du Christ et autres œuvres, Halewijn, Anversa 2002, p. 24. Le successive citazioni di Boespflug sono a p. 22 e a p. 36.

(2) Ch. Péguy, Il mistero dei santi Innocenti, in I misteri, Jaca Book, Milano19973, p. 410.

(3) E. Stein, Il mistero del Natale, Queriniana, Brescia 19984, pp. 26-27.29.

(4) Lo sviluppo artistico di questi ultimi temi Arcabas l’ha compiuto alcuni anni dopo in un’opera ancora più grande, nel Polittico Passione Resurrezione (2003), 18 metri di lunghezza con 19 quadri di diverse grandezza. Quest’opera è oggi conservata in alcuni locali della Basilica di Notre-Dame de Montaigu (Scherpenheuvel, Belgio).

 

Madame Isabelle Pirot, fille d’Arcabas, a donné son autorisation à utiliser gracieusement ces images pour ce site internet.