di P. Ermanno Barucco ocd
Devo contraddire Charles Peguy. O, meglio, correggerlo su alcuni punti. O, meglio ancora, adattare alla diversa situazione storica di oggi alcune sue espressioni di più di un secolo fa! Alludo alle sue parole tratte dal libro Véronique riferite al mondo moderno che «non è solo un cattivo mondo cristiano, un mondo cattivo cristiano, il che non sarebbe niente, all’apparenza, ma un mondo incristiano, scristianizzato, assolutamente, letteralmente, totalmente incristiano».
E penso alla sua prospettiva sul Cristianesimo: «Ma venne Gesù. Doveva fare tre anni. Fece i suoi tre anni. Ma non perse i suoi tre anni, non li usò per frignare e per invocare i mali dei tempi. Eppure c’erano i mali dei tempi, del suo tempo. Arrivava il mondo moderno, era pronto. E lui tagliò corto. Oh, in modo molto semplice. Facendo il Cristianesimo. Mettendoci in mezzo il mondo cristiano. Non incriminò, non accusò nessuno. Salvò. Non incriminò il mondo. Salvò il mondo».
Come adattare alla realtà odierna queste parole? Mi sembra che il problema non sia innanzitutto del Cristianesimo nel confronto con il mondo moderno (in questo vorrei correggere Ch. Péguy), ma riguardi un modo di vivere il Cristianesimo. Ciò di cui soffre oggi il Cristianesimo è l’essere un “brutto Cristianesimo”, non nel senso di “cattivo” come diceva Ch. Péguy (qui mi sento di contraddirlo!), non nel senso che «le nostre stesse miserie non sono più cristiane» – ancora in Véronique – ma proprio che siamo eredi e prigionieri a volte e in alcuni aspetti di un “brutto Cristianesimo”, che non attira, che non convince, che non è amabile. Perché? Che cos’è questo “brutto Cristianesimo” che c’è oggi? C’è “brutto Cristianesimo” quando l’eterno di Dio non è lasciato entrare nel temporale della vita quotidiana, quando la vita quotidiana non ha il sapore che dovrebbe avere grazie a Cristo vivo tra noi; cioè non ha il gusto, insiste a ragione Ch. Péguy sempre in Véronique, «del temporale nell’eterno, e reciprocamente dell’eterno nel temporale, del divino nell’umano e mutualmente dell’umano nel divino». Questo è il buon sapore del “bel Cristianesimo”, poiché questa unità eterno-temporale è la realtà stessa del Cristianesimo che si rivela “bello”, “bellezza di Dio”, nell’unità tra divino e umano in Gesù Cristo in particolare, e, in un modo suo proprio, nella nostra vita quotidiana. Il “brutto Cristianesimo” è quello dell’eterno senza temporale, ma anche quello del temporale senza eterno. È un Cristianesimo brutto e insipido, in un caso come nell’altro.
E allora adattiamo anche le altre parole di Ch. Péguy, per poter affermare oggi: «E Gesù venne, a fare un bel Cristianesimo. Mettendoci in mezzo un bel mondo cristiano». Non serve accusare e incriminare il “brutto Cristianesimo”, ma certo serve rendersi conto che è brutto… per scoprire che “facendo un bel Cristianesimo” Gesù salvò il mondo. Anche noi “facendo un bel Cristianesimo” con Lui salviamo il mondo.