di Alessandro Futia
Il 2017 è un anno di anniversari che non possono passare inosservati, ciascuno dei quali rimanda a un evento talmente potente da aver modificato per sempre il contesto in cui si è realizzato. Solo per citare alcuni di essi ricordiamo la “Rivoluzione d’ottobre” la quale nel 1917, all’interno della più estesa rivoluzione russa, trasformò gravemente il volto della Russia e influì su molte altre nazioni. Nello stesso anno le apparizioni della Vergine Maria ai tre pastorelli Lucia, Francesco e Giacinta, nella sperduta località di Cova da Iria, diocesi di Fatima, richiamarono l’attenzione del mondo alla fede in Gesù Salvatore e all’intercessione di Maria nell’urgente questione della pace tra i popoli. Ultimo tra quelli che vengono riportati qui, ma non il meno importante, è l’anniversario della Riforma luterana avviata cinquecento anni or sono dall’agostiniano Martin Lutero, con la provocante affissione delle sue novantacinque tesi sulla porta della chiesa del castello di Wittenberg. Quest’ultimo avvenimento ha profondamente cambiato le convinzioni religiose della cristianità occidentale e conseguentemente la cultura e l’economia di molte nazioni europee. Proprio in merito al quinto centenario della “Riforma” Papa Francesco, volendo proseguire quel dialogo intrapreso dai suoi predecessori con le Chiese separate, ha inteso prendere attivamente parte a tale commemorazione sia personalmente che attraverso suoi rappresentanti, affinché essa diventi un punto di riavvicinamento tra la Chiesa cattolica e le Chiese riformate.
Tra gli eventi relativi alla commemorazione comune della Riforma, lo scorso 13 febbraio a Roma, nell’aula magna della facoltà valdese di teologia, si è tenuta una conferenza sul tema della dottrina cristiana della giustificazione alla quale ha partecipato il card. Koch, presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Nel discorso pronunciato da Sua Eminenza è emersa a buon diritto la voce della nostra carissima santa Teresa di Gesù bambino, Dottore della Chiesa, riguardo alla sua interpretazione della giustificazione.
S. Teresina Dottore della Chiesa anche riguardo la giustificazione
Ecco cosa scrive s. Teresa nell’Atto di offerta all’Amore Misericordioso citato dal cardinale: «Dopo l’esilio della terra, spero di gioire di te nella Patria; ma non voglio accumulare meriti per il cielo: voglio spendermi per il tuo solo amore. Alla sera di questa vita comparirò davanti a te con le mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere dal tuo amore l’eterno possesso di te stesso».
Queste parole sono riportate soprattutto dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) al numero 2011 per spiegare, con la testimonianza semplice e illuminata di una santa, come la grazia di Dio avvalori gli atti virtuosi del cristiano conferendo ad essi un merito infinito, perché uniti ai meriti infiniti di Cristo. Eppure, sorprendentemente, Teresa non vuole accumulare meriti per la vita eterna, anzi dice di volere comparire davanti a Dio a mani vuote! E perché mai? Lo spiega lei stessa: perché “ tutte le nostre giustizie”, tutti i nostri gesti più eroici secondo il senso della morale cristiana, hanno delle macchie agli occhi di Dio. Sono cioè imperfetti. Come reagisce allora Teresa? Non certo con l’inoperosità. È sempre Teresina a scrivere, citata ancora dal card. Koch:
"«Dobbiamo fare tutto ciò possiamo fare, per amore di Dio, ma è indispensabile in verità riporre tutta la nostra fiducia nell’Unico che santifica le nostre opere e che può santificarci senza di esse». Questa è, nelle parole di una santa cattolica della fine del XIX secolo, la dottrina della giustificazione pura. Teresa, infatti, non solo ha annunciato il messaggio pienamente cristiano del «per sola grazia», ma lo ha testimoniato con la sua stessa vita. Sforzandosi di vivere in tutto nella grazia di Dio, ha anticipato l’intesa ecumenica tra la Chiesa cattolica e le Chiese nate dalla Riforma, e questo è avvenuto sulla “piccola via” che ella ha intrapreso, un cammino sul quale la sola fide si riconcilia persino con la sola caritate, e in prima linea non con l’amore umano, ma con l’amore di Dio per noi uomini. È un segno promettente il fatto che questa intesa ecumenica di una santa si sia realizzata".
Riporre tutta la nostra fiducia in Colui che solo santifica le nostre opere… le opere non sono inutili, ma è necessario abbandonarsi a Dio che santifica, a Dio che giustifica, a Dio che redime ogni nostro atto, anche quello più perfetto. Gesto fondamentale per ottenere misericordia dopo essersi accostati al trono della grazia è dunque un’immensa fiducia. Nella sua poesia “Viver d’amore”, alla quinta strofa, s. Teresa spiega con pochi umilissimi versi questo tema così tormentato per Lutero:
“Viver d’amore è donare senza misura,
Senza esigere salario quaggiù…
Quando si ama non si calcola…
Non ho nient’altro che la mia sola ricchezza,
Viver d’amore”
La giustificazione potrebbe essere intesa come il salario che ci si aspetta dopo una vita trascorsa nell’osservanza minuziosa di ogni precetto legale. È l’errore del fariseo della parabola, che si giustifica da solo e condanna arditamente il “reo” pubblicano. Peggio ancora, la giustificazione potrebbe essere attribuita alla predestinazione inconoscibile e immodificabile di un Dio che non è più “umano”, cioè clemente, del più giusto degli uomini.
Quello che ha fatto arrovellare per anni e anni la mente brillante di un dotto come Lutero, è stato risolto da Teresina, un’umile monaca carmelitana senza alti livelli di istruzione, nell’equazione squisitamente spirituale “vivere d’amore”. Questo vivere fiduciosamente abbandonati alla paterna provvidenza di Dio libera l’uomo dalla preoccupazione del giudizio finale, perché come si può, dice Teresina, “avere timore di un Dio che per me si è fatto così piccolo?”
Per leggere il testo della conferenza del Card. Koch, clicca qui.