di P. Fabio Roana ocd
Ci è stato segnalato più volte in carmeloveneto.it come papa Francesco ricorra volentieri alle esperienze e alle parole dei santi del Carmelo. Proprio in questi giorni ne abbiamo avuto la riprova leggendo alcuni suoi discorsi. Proviamo però a osservare in che modo egli ci metta del suo.
Lo sguardo
All’udienza generale di mercoledì 13 febbraio il papa ha ripreso, dopo qualche settimana di viaggi (Panama, Emirati Arabi), le sue catechesi sul Padre nostro, parlando della preghiera cristiana come dialogo con accenti certamente suoi, ma facendoci assaporare anche qualcosa che a noi è molto familiare:
«Alla radice del dialogo con Dio c’è un dialogo silenzioso, come l’incrocio di sguardi tra due persone che si amano: l’uomo e Dio incrociano gli sguardi, e questa è preghiera. Guardare Dio e lasciarsi guardare da Dio: questo è pregare. “Ma, padre, io non dico parole…”. Guarda Dio e lasciati guardare da Lui: è una preghiera, una bella preghiera!».
Buon consiglio, questo del papa, utile in particolare per chi si trova nel delicato passaggio dalla meditazione alla contemplazione (cfr. per esempio Salita del Monte Carmelo II 13, anzi 12-15). E, benché egli si riferisca al nostro Padre celeste, nondimeno ci fa venire in mente il richiamo accorato di Teresa alle sue figlie carmelitane, e, insieme, a tutti noi:
«Ora non vi chiedo che pensiate a Lui, che tiriate fuori molti concetti o che facciate grandi e delicate considerazioni con il vostro intelletto; non vi chiedo altro che lo guardiate. […] Guardate che [il vostro Sposo] non aspetta altro, come dice alla sposa, che lo guardiamo [Ct 2,14]» (Cammino di perfezione 26,3; cfr. Libro della Vita 13,22: «acallado el entendimiento […] mire que le mira», «fatto tacere l’intelletto […] guardi che lo guarda»).
La firma
A proposito degli accenti caratteristici di papa Francesco, a conclusione della catechesi eccolo alludere ancora una volta a un avviso spirituale di Giovanni della Croce che abbiamo ritrovato anche nel Messaggio ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale del 26 settembre scorso; lo fa con queste parole: «E, alla sera della vita, saremo giudicati sull’amore, su come abbiamo amato». Ed è come una firma che ci dice qualcosa che nella mente del papa rimane ben fisso.
Allora sfogliamo i Detti di luce e amore e riprendiamo anche noi questa perla: «Alla sera ti esamineranno sull’amore; impara ad amare come Dio vuol essere amato e abbandona il modo tuo». Giovanni della Croce parla a religiosi e religiose abituati nel Carmelo ad aiutarsi a fare un esame delle proprie giornate, a chiedere perdono e a lasciarsi correggere fraternamente, non solo attraverso il capitolo delle colpe. Ma orienta tutto alla relazione d’amore con Dio e al giudizio ultimo sulla nostra esistenza. Per questo ci può stare l’aggiunta molto frequente «alla sera della nostra vita».
Il papa, da parte sua, “piega” la sentenza all’amore per il prossimo, in forza del fatto che da esso, cristianamente, l’amore per Dio non si può separare. Aggiunge infatti:
«Non un amore solo sentimentale, ma compassionevole e concreto, secondo la regola evangelica – non dimenticatela! –: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25,40). Così dice il Signore. Grazie».
L’amore cristiano
Questo amore per il prossimo non poteva che stare al centro anche dei discorsi che l’indomani (14 febbraio) papa Francesco avrebbe rivolto ai partecipanti alla quarantaduesima sessione del Consiglio dei Governatori del Fondo Internazionale per lo Sviluppo Agricolo (IFAD), Agenzia delle Nazioni Unite, nella sede della FAO a Roma. Ma concludendo il saluto al personale dell’IFAD chi va a citare? «E un’ultima cosa: ricordiamo quanto diceva San Giovanni della Croce: “L’anima che cammina nell’amore non annoia gli altri, né stanca sé stessa” (Parole di amore e di luce, 96)».
Questa frase ci aiuta di nuovo a entrare un po’ nell’esperienza del Santo. Così racconta un testimone:
«Siccome tutto quel che faceva era di nostro Signore, trovava notevole gusto nel parlare di lui, e lodandolo io una volta per la grande contentezza che avevo nell’ascoltarlo, tanto che non avrei voluto che si stancasse, mi disse che pur parlando per giorni e notti di nostro Signore non si stancava né si sarebbe stancato non stancandosi coloro che lo ascoltavano» (Martino di San Giuseppe in Biblioteca Mística Carmelitana XIII, p. 378; altre testimonianze concordano con questa).
Ecco come lo stesso Giovanni della Croce descrive l’anima innamorata che sale la scala della contemplazione che va a Dio:
«Qui, in questo gradino, l’anima cammina tanto sollecita che in tutte le cose cerca l’Amato; in tutto ciò che pensa, subito pensa all’Amato; in ciò di cui parla, negli affari che le si offrono, subito è un parlare e trattare dell’Amato; quando mangia, quando dorme, quando veglia, quando fa qualunque cosa, tutta la sua attenzione va all’Amato, secondo quanto sopra si è detto delle ansie d’amore» (Notte oscura II 19,2).
Ancora, lì dove Giovanni della Croce guarda all’amore per Dio, papa Francesco traduce con l’amore per il prossimo. Ciascuno dei due, in fondo, parla con la propria sensibilità e la propria esperienza personale dell’unico comandamento dell’amore, rivelato in Gesù Cristo.
Per la catechesi di mercoledì 13 febbraio 2019:
Per i discorsi e il saluto presso la FAO del 14 febbraio 2019:
Per un articolo su alcune recenti citazioni carmelitane di papa Francesco:
https://www.carmeloveneto.it/joomla/s-giovanni-della-croce/602-inquietudine