di F. Iacopo Iadarola ocd
Ancora a Tabgha
Notte sulle rive del Lago: molto romantico, ma le zanzare ci divorano. Al risveglio, accoccolati sopra degli scogli vicino a noi, ci guardano impassibili gli iràci. Chi sono vi starete chiedendo? Anche noi abbiamo dovuto fare mente locale per individuare questo esotico roditore che nella Bibbia compare tre volte (Dt 14,7; Sal 103,18; Pr 30,26), qui in Terra Santa molte di più: ne avevamo già visti, infatti, a El-Muhraqa e vicino il museo della Brigata Golani, ma di sfuggita. Ora invece sono proprio a qualche metro di distanza e non sembrano intimoriti dalla nostra presenza; se ne stanno fermi, con calma sovrana, appollaiati sulle loro rocce, con il loro musetto dall’aria misteriosa (a questa pagina li troviamo ripresi nelle foto di alcuni nostri padri di El-Muhraqa). Sono veramente un animale singolare, e comprendo ora questo passo del libro dei Proverbi, sugli “esseri che sono fra le cose più piccole della terra, eppure sono più saggi dei saggi…gli iràci sono un popolo imbelle, eppure hanno la tana sulle rocce”. E meravigliato penso che la Provvidenza ce li ha messi lì apposta, come perfetta prefigurazione naturale di quello che Gesù ha proclamato a due passi da qui, sul Monte delle Beatitudini: “Beati i miti perché erediteranno la terra…”
Meditiamo in silenzio, su questa e su tutte le altre beatitudini, presso la Chiesa francescana che è stata costruita sul luogo in cui, secondo la tradizione, Gesù ha pronunciato il Discorso della montagna (Mt 5). Discorso comunemente soprannominato la “magna charta” del Suo Regno. Ma P. Gianni ce ne ha dato una chiave di lettura ancora più bella: le beatitudini, più che una dottrina o un regolamento, sono una semplice descrizione: “beati voi, che siete qui ora davanti a me, con tutti i vostri dolori e debolezze, beati voi, perché è per queste cose, è per queste cose che siete insieme a Me”. Ma quanta forza ci vuole per non aver paura di queste beate debolezze, per farle proprie! Solo allora, mi dico pensando agli iràci, è possibile dimorare sicuri sulla Roccia che è Lui.
Scendiamo dal piccolo monte e visitiamo il luogo dove è avvenuta la prima moltiplicazione dei pani. Qui i benedettini tedeschi (congregazione beuronese) hanno costruito una splendida Chiesa nel secolo scorso, su resti di chiese di età bizantina, in uno stile monasticamente sobrio, perfetto per mettere in risalto le bellissime pavimentazioni musive del VI secolo e, soprattutto, la roccia da cui Gesù moltiplicò i pani e i pesci, e dove ora è situato l’altare, in naturale continuità. Qui si trova il mosaico della cesta con quattro pani e due pesci, famoso in tutto il mondo. Secondo uno stile raffigurativo assai simile a quello che si può vedere, dalle nostre parti, ad Aquileia o a Torcello, questi mosaici delle antiche comunità cristiane dimostravano una netta preferenza per le raffigurazioni simboliche rispetto a raffigurazioni più immediate o didascaliche. Ma se alcuni simboli sono di chiara comprensione, come il pavone (che simboleggia la Risurrezione per via delle penne perse e rinnovate ogni anno), altri sembrano essere ancora oggi avvolti nell’oscurità, come quello del “nilometro”: una colonnina di pietra che serviva per calcolare l’altezza delle esondazioni del Nilo e che qui è raffigurata in dettaglio, con tanto di tacche per le misurazioni, fra le altre decorazioni di tralci fioriti e piumaggi di esotici uccelli. Al lettore le possibili interpretazioni!
Non li visitiamo tutti, ma nei paraggi di Tabgha è pieno di luoghi che la tradizione ha amorevolmente custodito perché legati ad episodi evangelici che qui sono verificati: oltre a quelli già descritti (Primato di Pietro, prima moltiplicazione dei pani, Discorso della montagna), la chiamata dei Dodici (Mc 1,16-20), la guarigione del lebbroso (Mt 8,1-4); il cammino sulle acque (Mc 6,45-52); le ultime apparizione del Risorto (Mt 28,16-20, 1Cor 15,6). In quest’ultimo luogo - dove Gesù ha detto: “Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” - si gode di una vista mozzafiato del Lago: qui l’azzurro quasi interminabile (basta appena un po’ di foschia perché le sponde lontane si confondano col cielo), e le pianure circostanti a perdita d’occhio, dovevano essere solo un piccolo assaggio degli orizzonti spalancati dal Signore con quelle parole. E a me fa trasalire il commento di quel Padre della Chiesa, non ricordo quale, che colse il legame abissalmente profondo tra queste parole a chiusura del Vangelo di Matteo - “io con voi” - e quelle con cui il Vangelo era cominciato – “a lui sarà dato il nome di Emmanuele, che significa Dio con noi” (Mt 1,23). Incarnazione e missione, il Figlio mandato dal Padre e gli apostoli mandati nel mondo…davanti a questo lago-mare, così piccolo eppure così sconfinato, tutto è più comprensibile.
Tiberiade
Ed è tempo di ripartire: prossima destinazione, Gerico. Ma ci andremo in autobus, essendo troppo lontana (150km) per le nostre forze. Il terminal delle partenze è a Tiberiade, città vicino Tabgha, e lì posiamo gli zaini in attesa del nostro pullman, in un gran sciamare di gente che parte e che arriva. Fra la folla in attesa spiccano pellegrini insoliti come noi (giusto un paio di hipster! Siamo fuori dalle rotte turistiche e dai viaggi organizzati) e i soldati israeliani. Soldati e soldatesse: queste ultime hanno tutte chiome lunghe e ben curate, come a voler rimarcare la loro femminilità nonostante la divisa. E sono dei giovanissimi: avranno vent’anni e anche meno. Con aria annoiata aspettano anche loro l’autobus e, nonostante i mitra a tracolla, si capisce chiaramente che sono fuori servizio. Anche loro ci notano e sono altrettanto incuriositi di noi, al punto che uno di loro, dallo sguardo delicato e tagliente insieme, mi si avvicina e mi chiede gentilmente, in inglese, se voglio spiegargli chi siamo. E’ il primo israeliano con cui parlo da quando siamo atterrati, eccettuati i (molti) controllori dell’aeroporto. Si chiama Asaf. Asaf, penso, come il celebre cantore della Bibbia (1Cr 16,7), e anche uno dei trisavoli di Gesù (Mt 1,8). Molti salmi lo riportano addirittura citato al primo versetto, come ad esempio il 73: “Salmo. Di Asaf. Quanto è buono Dio con gli uomini retti, Dio con i puri di cuore!” Chissà…forse suo padre è musicista, mi chiedo…se è nell’esercito, mi spiega, è perché in Israele c’è la leva obbligatoria di tre anni per gli uomini e due per le donne (che costituiscono il 30% degli effettivi!): essendo un periodo così lungo concedono numerosi permessi nei weekend per tornare nelle proprie case, ed è per questo motivo che si vedono tanti soldati in giro sugli autobus: Asaf infatti sta ritornando alla base dopo essere stato un paio di giorni dai suoi. Quando gli dico che siamo frati e aspiranti tali, lui mi chiede semplicemente “cos’è un frate?”; cerco di spiegargli e allora mi risponde: “ah, ho capito, un nazir!” …non so se “nazireo” sia proprio la stessa cosa, ma forse va bene! Mi dice che sua nonna è molto religiosa è che va in sinagoga tutti i sabati, ma lui non sempre. Gli dico che dovrebbe invece, e mi risponde un po’ imbarazzato che è vero! Se è qui in Israele è per Dio, in fondo.
Mi racconta poi che è al secondo anno di leva e che la naja è dura, con sveglie nel cuore della notte e 30 km di marcia a seguire (e ora comprendo bene cosa significhi!), spostamenti ogni 3 mesi anche in zone molto rischiose, come l’ultima in cui è stato, sulle alture del Golan, in un territorio pieno di mine. Gli chiedo se ha operato anche nella West Bank (i cosiddetti territori occupati): mi dice di sì e mi spiega che hanno classificato quei territori in tre tipologie - zone A, zone B, zone C. Le zone A sono sotto il controllo dell’autorità palestinese, le zone B sono sotto il controllo congiunto dei palestinesi e degli israeliani, le zone C sono totalmente sotto il controllo delle forze israeliane. Le quali chiama IDF come se fosse una sigla universalmente riconosciuta. Invece me la deve spiegare: Israel Defence Forces, in ebraico Tsahal.
Io gli spiego che abbiamo anche noi un Generale! Al che lui mi fa vedere un pendaglio che tutti i militari portano al collo, con dentro scritti i suoi dati identificativi e quelli del suo reggimento: è dentro un rettangolino di stoffa grigia. Ma “è proprio come il mio scapolare” gli dico io tirandolo fuori e mostrandogli il volto di Gesù! E gli racconto qualcosa del nostro Ordine carmelitano…lui è curiosissimo, specie quando sente nominato Elia come nostro ispiratore/fondatore. Dice che conosce bene la grotta di Elia ad Haifa, abita in un paese non molto distante da lì. E che gli piace molto l’Italia, che ci tornerebbe volentieri, ma prima deve finire i suoi studi di architettura…Credo che staremmo a parlare per ore, per soddisfare tutte le nostre reciproche curiosità, ma purtroppo il nostro autobus per Gerico è arrivato e dobbiamo scappare. Ma salgo non prima di esserci scambiati l’email e, salutandoci calorosamente, mi incoraggia a scrivergli per fargli e farci altre domande.
Anche se a malincuore per la simpatia che si è creata, la prima cosa che vorrei chiedergli è: “Perché il tuo esercito tiene occupati i territori palestinesi, colonizzandoli, in barba ai regolamenti internazionali?”. Anche se immagino già la risposta: “Per garantire la difesa dei nostri cittadini dagli attentati palestinesi”; del resto il loro esercito non si chiama “di Difesa”? Ma mi controllo - ripenso agli iràci - e mi rendo subito conto che sarebbe ridicolo voler dare giudizi sommari su una questione così dolorosa e complessa per entrambe le parti. Forse non sta a noi giudicare. Me lo ricorda proprio Asaf nel Salmo 50:
“Salmo. Di Asaf. Parla il Signore, Dio degli dèi, convoca la terra da oriente a occidente. Da Sion, bellezza perfetta, Dio risplende. Viene il nostro Dio e non sta in silenzio; davanti a lui un fuoco divorante, intorno a lui si scatena la tempesta. Convoca il cielo dall'alto e la terra per giudicare il suo popolo: «Davanti a me riunite i miei fedeli, che hanno stabilito con me l'alleanza offrendo un sacrificio». I cieli annunciano la sua giustizia: è Dio che giudica”.
(per leggere i resoconti delle altre tappe clicca qui)
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