Segnaliamo ai nostri lettori il bellissimo discorso del Santo Padre Francesco tenuto stamane ai nostri confratelli dell'Antica Osservanza, riuniti a Roma per il capitolo generale che si sta svolgendo in questi giorni. Nell'allocuzione son citati tanto i "nostri" Giovanni della Croce e Teresa d'Avila quanto figure meno conosciute e interessantissime come il beato Angelo Paoli, carmelitano del XVIII secolo - è stato definito da san Giovanni Paolo II "il fondatore della Caritas a Roma" - che unì con sapienza e santità al carisma contemplativo proprio dell'Ordine un infaticabile servizio agli ultimi.
Cari fratelli!
Con gioia saluto voi, convocati per celebrare il Capitolo Generale, e, attraverso di voi, saluto tutti i membri dell’Ordine carmelitano. Il tema al centro della vostra riflessione capitolare è «Voi siete i miei testimoni» (Is 43,10); da una generazione all’altra: chiamati a essere fedeli al nostro carisma carmelitano (cfr Cost. 21).
Dio ha benedetto il Carmelo con un carisma originale per arricchire la Chiesa e per comunicare la gioia del Vangelo al mondo, condividendo ciò che avete ricevuto con entusiasmo e generosità: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). Vorrei incoraggiarvi in questo indicandovi tre linee di cammino.
La prima linea è fedeltà e contemplazione. La Chiesa vi apprezza e, quando pensa al Carmelo, pensa a una scuola di contemplazione. Come attesta una ricca tradizione spirituale, la vostra missione è feconda nella misura in cui è radicata nella relazione personale con Dio. Il Beato Tito Brandsma, martire e mistico, così affermava: «È proprio dell’Ordine del Carmelo, benché sia un ordine mendicante di vita attiva e che vive in mezzo alla gente, conservare una grande stima per la solitudine e il distacco dal mondo, considerando la solitudine e la contemplazione come la parte migliore della sua vita spirituale». Le Costituzioni del 1995, che state rivedendo in questi giorni, lo sottolineano: «A questa vocazione contemplativa si riferiscono sempre i grandi maestri spirituali della famiglia carmelitana» (n. 17). La modalità carmelitana di vivere la contemplazione vi prepara a servire il popolo di Dio attraverso qualsiasi ministero e apostolato. La cosa certa è che, qualunque cosa facciate, sarete fedeli al vostro passato e aperti al futuro con speranza se, «vivendo in ossequio di Gesù Cristo» (Regola, 2), avrete a cuore specialmente il cammino spirituale delle persone.
La seconda linea è accompagnamento e preghiera. Il Carmelo è sinonimo di vita interiore. I mistici e gli scrittori carmelitani hanno compreso che “stare in Dio” e “stare nelle sue cose” non sempre coincidono. Affannarsi per mille cose di Dio senza essere radicati in Lui (cfr Lc 10,38-42), prima o poi ci presenta il conto: ci accorgiamo di averLo perso lungo la strada. Santa Maria Maddalena de’ Pazzi, nelle sue famose lettere di Rinnovamento della Chiesa (1586), prevede che la “tiepidezza” può insinuarsi nella vita consacrata quando i consigli evangelici diventano solo una routine e l’amore di Gesù non è più il centro della vita (cfr Esort. ap. Evangelii gaudium, 264). E così può insinuarsi anche la mondanità, che è la tentazione più pericolosa per la Chiesa, in particolare per noi, uomini di Chiesa. So bene, fratelli, che questa tentazione è entrata e ha fatto gravi danni anche tra di voi. Ho pregato e prego perché il Signore vi aiuti. E questo Capitolo è un’occasione provvidenziale per ricevere dallo Spirito Santo la forza di lottare insieme contro queste insidie.
Generazioni di carmelitani e carmelitane ci hanno insegnato con l’esempio a vivere più “dentro” che “fuori” di noi stessi, e ad andare verso «el más profundo centro – il più profondo centro», come dice San Giovanni della Croce (Fiamma viva d’amore B, 1,11-12), perché lì abita Dio, e lì Egli ci invita a cercarlo. Il vero profeta nella Chiesa è colui e colei che viene dal “deserto”, come Elia, ricco di Spirito Santo, e con quella autorevolezza che hanno coloro che hanno ascoltato nel silenzio la sottile voce di Dio (cfr 1Re 19,12).
Vi incoraggio ad accompagnare le persone a “fare amicizia” con Dio. Santa Teresa diceva: «Di parlare o sentir parlare di Dio quasi mai mi stancavo». Il nostro mondo ha sete di Dio e voi carmelitani, maestri di preghiera, potete aiutare tanti a uscire dal rumore, dalla fretta e dall’aridità spirituale. Non si tratta naturalmente di insegnare alla gente ad accumulare preghiere, ma ad essere uomini e donne di fede, amici di Dio, che sanno percorrere le vie dello spirito.
Dal silenzio e dalla preghiera nasceranno comunità rinnovate e ministeri autentici (cfr Cost., 62). Come buoni artigiani di fraternità, riponete la vostra fiducia nel Signore vincendo l’inerzia dell’immobilismo ed evitando la tentazione di ridurre la comunità religiosa a “gruppi di lavoro” che finirebbero per diluire gli elementi fondamentali della vita religiosa. La bellezza della vita comunitaria è in sé stessa un punto di riferimento che genera serenità, attira il popolo di Dio e contagia la gioia di Cristo Risorto. Il vero carmelitano trasmette la gioia di vedere nell’altro un fratello da sostenere e da amare e col quale condividere la vita.
E infine la terza linea: tenerezza e compassione. Il contemplativo ha un cuore compassionevole. Quando l’amore si indebolisce, tutto perde sapore. L’amore, premuroso e creativo, è balsamo per coloro che sono stanchi e sfiniti (cfr Mt 11,28), per quanti patiscono l’abbandono, il silenzio di Dio, il vuoto dell’anima, l’amore spezzato. Se un giorno, intorno a noi, non ci sono più persone malate e affamate, abbandonate e disprezzate – i minores di cui parla la vostra tradizione mendicante – non è perché non ci siano, ma semplicemente, perché non li vediamo. I piccoli (cfr Mt 25,31-46) e gli scartati (cfr Evangelii gaudium, 53) li avremo sempre (cfr Gv 12,8), ad offrirci un’opportunità perché la contemplazione sia una finestra aperta alla bellezza, alla verità e alla bontà. «Chi ama Dio deve cercarlo nei poveri«, nei «fratelli di Gesù», come diceva il Beato Angelo Paoli, di cui celebrerete prossimamente il terzo centenario della morte. Possiate avere sempre la bontà di cercarli! La fiducia assoluta del Beato Angelo Paoli nella provvidenza divina gli faceva esclamare con gioia: «Ho una dispensa in cui non manca niente!». La vostra dispensa trabocchi di compassione davanti a ogni forma di sofferenza umana!
La contemplazione sarebbe solo qualcosa di momentaneo se si riducesse a rapimenti ed estasi che ci allontanassero dalle gioie e dalle preoccupazioni della gente. Dobbiamo diffidare del contemplativo che non è compassionevole. La tenerezza, secondo lo stile di Gesù (cfr Lc 10,25-37), ci mette al riparo dalla “pseudomistica”, dalla “solidarietà del fine settimana” e dalla tentazione di stare lontani dalle piaghe del corpo di Cristo. Tre pericoli: la “pseudomistica”, la “solidarietà del fine settimana” e la tentazione di stare lontani dalle piaghe del corpo di Cristo. Le piaghe di Gesù sono anche oggi visibili nel corpo dei fratelli che sono spogliati, umiliati e schiavizzati. Toccando queste piaghe, accarezzandole, è possibile adorare il Dio vivo in mezzo a noi. Oggi c’è bisogno di una rivoluzione della tenerezza (cfr Evangelii gaudium, 88; 288) che ci renda più sensibili davanti alle notti oscure e ai drammi dell’umanità.
Cari fratelli, vi ringrazio per questo incontro. La Vergine del Carmelo vi accompagni sempre e protegga tutti coloro che collaborano con voi e attingono dalla vostra spiritualità. E, per favore, affidate anche me alla sua materna protezione. Grazie!