di Francesco Palmieri
I Carmelitani Scalzi entrarono in possesso del convento di S. Pietro in Oliveto (già dei Canonci Regolari di S. Giorgio in Alga) nell'estate del 1669. La nuova comunità di frati decise di arricchire chiesa rinascimentale di S. Pietro, opera dell'architetto Antonio Medaglia, con opere artistiche che le conferissero un aspetto più carmelitano. Furono così commissionate ai più celebri pittori bresciani dell'epoca sei tele a mezzaluna (ciascuna sovrastante ogni altare) rappresentanti i momenti salienti della vicenda terrena della loro santa fondatrice, Teresa di Gesù.
Primo altare di destra
Nell'anno in cui le sei tele vengono commissionate (1696) il Carmelo Teresiano di Brescia è stato fondato da poco. E il racconto pittorico della vita di Teresa che si vuole esporre all'interno della chiesa comincia proprio con l'episodio di una fondazione, quella del monastero di Salamanca. La Santa stessa, nelle sue Fondazioni, ricorda gli ostacoli e le difficoltà durante il viaggio verso la città.
«Appena ebbi la licenza e fui sicura della casa, partii per Salamanca senz'altro appoggio che quello della bontà di Dio, non essendovi alcuno che mi aiutasse nel molto che là mi attendeva per ridurre la casa a monastero. Per maggior segretezza, non condussi con me che una sola compagna dopo un viaggio fatto in gran parte nella notte precedente con un freddo acutissimo. Avevamo dormito in un villaggio, perché io mi ero sentita molto male» (Fondazioni, XVIII, 3).
Secondo la tradizione, proprio nel percorrere questo tragitto, la Santa e la sua compagna di viaggio si persero, e soltanto grazie all'intervento di due angeli riuscirono a trovare la strada.
In questa rappresentazione iconografica viene alla luce ciò che S. Teresa ammise più volte essere stato indispensabile per la riuscita di ogni sua fondazione: abbandonarsi nelle mani di Dio.
Secondo altare di destra
Il ciclo prosegue con un episodio cronologicamente precedente al primo: la Santa, insieme ad alcune sue consorelle del monastero dell'Incarnazione, stava organizzando la sua prima fondazione, il Carmelo di S. Giuseppe ad Avila, ma dentro di sè ella temeva l'opposizione delle autorità sia civili sia da parte dell'Ordine.
La solennità dell'Assunzione dell'anno 1562 Maria le apparve e in segno di protezione le donò una collana di gemme preziose.
«In quello stesso tempo, e precisamente il giorno dell'Assunta, fui presa da un rapimento così grande che quasi mi fece uscire di me. Mi vidi coprire di una veste molto bianca e splendente. Da principio non vedevo chi me ne copriva, ma poi scorsi alla mia destra la Madonna e alla sinistra il mio Padre S. Giuseppe, i quali, mentre così mi vestivano, mi facevano comprendere che ero purificata dalle mie colpe. Vestita che fui e ripiena di grandissima gioia e diletto, mi parve che nostra Signora mi prendesse per le mani, dicendomi che la mia devozione al glorioso S. Giuseppe le faceva molto piacere, che la fondazione (del monastero di S. Giuseppe ad Avila) si sarebbe fatta, che nostro Signore, Ella e S. Giuseppe vi sarebbero fedelmente serviti, che il fervore non vi sarebbe venuto mai meno, per cui non dovevo temere se la giurisdizione sotto cui mi mettevo non era di mio gusto, perché Essi ci avrebbero protette, tanto più che suo Figlio ci aveva già promesso di star sempre con noi: e come pegno che tutto ciò si sarebbe avverato mi dava un gioiello. E mi parve che mi mettesse al collo una bellissima collana d'oro, da cui pendeva una croce di gran prezzo. Quest'oro e queste pietre sono così differenti dai tesori della terra che non è possibile fare confronti. Non si possono nemmeno immaginare, a quel modo che l'intelletto non può comprendere la materia di cui era fatta la veste, né il candore di cui Dio la faceva risplendere, innanzi al quale quello di quaggiù sembra un composto di fuliggine, per modo di dire» (Vita, XXXIII, 14).
Terzo altare di destra
In seguito alla fondazione di alcuni monasteri in città spagnole come Toledo, Malagón e Salamanca, nell'anno 1571, la Santa ha la possibilità di ritornare al monastero di San Giuseppe, ad Avila. Risale a questo periodo della sua vita l'episodio rappresentato nella lunetta del terzo altare di destra. Si tratta di uno dei favori mistici più alti che Santa Teresa ricevette: l'apparizione della Santissima Trinità.
«Il martedì dopo l'ascensione mi ero comunicata con difficoltà, perché avevo lo spirito così distratto che in nessuna cosa mi potevo fermare. Trattenendomi alquanto a pregare, presi a lamentarmi con nostro Signore di questa nostra misera natura. Allora la mia anima cominciò a infiammarsi, e mi parve chiaramente di vedere in me la SS. Trinità per visione intellettuale. Mi si fece vedere sotto una certa rappresentazione, come un'immagine della verità, affinché la rozzezza del mio intelletto comprendesse come Dio sia trino ed uno. Mi pareva che le tre Persone si rappresentassero distintamente nella mia anima e mi parlassero insieme, dicendomi che d'allora in poi, grazie all'aiuto che ognuna di esse mi avrebbe prestato, mi sarei migliorata in tre cose: nella carità, nel soffrire con gioia e nel sentire in me l'ardore della carità» (Favori celesti, XVI).
Terzo altare di sinistra
La tela precedente raffigurava Teresa in contemplazione della Santissima Trinità; di fronte ad essa si trova la lunetta del terzo altare del lato sinistro della chiesa. Anche l'episodio rappresentato sembra "speculare": ora alla Santa è dato di vedere le pene dell'inferno subite dai dannati, e le viene mostrato persino il posto a lei destinato nel caso in cui non si fosse pentita dei propri peccati. Rispetto a quello precedente, questo episodio è cronologicamente anteriore, la visione avviene infatti al Monastero dell'Incarnazione, durante i preparativi della fondazione del Carmelo di San Giuseppe.
«Un giorno mentre ero in orazione, mi trovai, a un tratto, trasportata tutta intera nell'inferno, senza saper come. Compresi che Dio mi voleva far vedere il luogo che i demoni mi avevano preparato, e che io mi ero meritato con i miei peccati. Fu una visione che durò pochissimo, ma vivessi anche molti anni, mi sembra di non poterla affatto dimenticare. L'ingresso mi pareva un cunicolo molto lungo e stretto, simile a un forno assai basso, buio e angusto; il suolo tutto una melma puzzolente piena di rettili schifosi. In fondo, nel muro, c'era una cavità scavata a modo di nicchia, e in essa mi sentii rinchiudere strettamente. E quello che allora soffrii supera ogni umana immaginazione, né mi sembra possibile darne solo un'idea, perché cose che non si sanno descrivere [...]. Era un luogo pestilenziale, nel quale non vi era speranza di conforto, né spazio per sedersi o distendersi, rinserrata com'ero in quel buco praticato nella muraglia. Orribili a vedersi, le pareti mi gravavano addosso, e mi pareva di soffocare. Non vi era luce, ma tenebre fittissime. Eppure quanto poteva dar pena si vedeva ugualmente, nonostante l'assenza della luce: cosa che non riuscivo a comprendere.
In un'altra visione vidi supplizi spaventosissimi, fra cui i castighi di alcuni vizi in particolare. A vederli parevano assai più terribili, ma non mi facevano tanta paura perché non li sperimentavo, mentre nella visione di cui parlo il Signore volle farmi sentire in spirito quelle pene ed afflizioni, come se le soffrissi nel corpo. Non so come questo sia avvenuto. Fu certo per la grande bontà del Signore che ha voluto farmi vedere con i miei occhi da dove la sua misericordia mi ha liberata» (Vita, XXXII, 1-3).
Secondo altare di sinistra
L'episodio rappresentato dalla tela di qui sopra risale a una delle ultime fondazioni di Santa Teresa: il Carmelo di Villanueva de la Jara. Si tratta di una visione che la Santa avrebbe ricevuto durante la processione del Santissimo Sacramento per le strade della città, in seguito alla fondazione del monastero. La vicenda non viene però raccontata dalla Santa nei suoi scritti: l'episodio è infatti presente nei processi di canonizzazione, più precisamente all'interno della testimonianza fatta dalla Venerabile Anna di Sant'Agostino, monaca del Carmelo di Villanueva, che avrebbe visto la Santa ricevere la visione rappresentata nel dipinto.
«La Venerabile Anna di Sant'Agostino vide che dal Santissimo Sacramento alla Santa andava e veniva un bellissimo Bambino Gesù, il quale parlava con lei e mostrava gioia in volto nel vederla venire a fondare quella casa»
Primo altare di sinistra
Il ciclo di tele si era aperto con Teresa che, per attendere alla sua missione di fondatrice, ha bisogno della guida celeste di due angeli. Ora nell'ultima tela è Gesù stesso, lo Sposo, che scende dal cielo per guidare l'anima della Santa alla patria celeste.
«Due gironi prima chiese che le portassero il Santissimo Sacramento, perchè capiva che ormai stava per morire. Quando vide che glielo portavano, si levò con grande impeto di spirito, tanto che fu necessario trattenerla, perchè sembrava volesse alzarsi dal letto. Diceva con gioia grande: "Signore, è ormai tempo di camminare. Ciò avvenga molto presto e sia fatta la tua volontà". Ringraziava ripetutamente Dio di essere figlia della Chiesa e di morire in essa, dicendo che per i meriti di Cristo si sarebbe salvata, e ci chiedeva che supplicassimo Dio che le perdonasse tutti i suoi peccati e che non guardasse ad essi, bensì alla sua misericordia. Chiedeva perdono a ciascuna con grande umiltà, dicendo che che non guardassero a ciò che ella aveva fatto e al cattivo esempio che aveva dato loro. Quando le consorelle videro che stava morendo, le chiesero con insistenza che desse loro qualche consiglio. E ciò che disse loro fu che per amore di Dio osservassero la loro Regola e le Costituzioni; non volle dire loro altro. Dopodichè non fece altro che ripetere quel verso di David che dice: "Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e umiliato, Dio, tu non disprezzi" (Salmo 51,19). Questo era ciò che diceva fino a che non le si spense la parola. Prima che le si spegnesse, chiese l'Estrema Unzione e la ricevette con grande devozione. La sera del giorno di San Francesco, alle nove, Nostro Signore la prese con sè» (Beata Anna di S. Bartolomeo, Ultimi anni della Madre Teresa di Gesù, II).