di P. Rodolfo Girardello
I Carmelitani Scalzi appartengono ai frati riformati di un glorioso ordine nato in Terra Santa sul Monte Carmelo verso il 1190. In quel periodo nella patria di Gesù arrivano dall’Europa i crociati e anche i mercanti. Alcuni di essi, delusi dagli avvenimenti militari, si ritirano sul monte biblico, il Carmelo appunto, assai noto per l’epopea di Sant’Elia profeta; vi si insediano e decidono di vivere da eremiti. Ricevono, nel 1208 circa, da Sant’Alberto di Gerusalemme, rappresentante del Papa, una regola lineare e pratica.
Debbono abbandonare la Terra Santa quando i Saraceni, verso il 1250, riconquistano tutta la zona. Ritornano in Europa e in breve tempo, passando per Rodi, Sicilia e Italia, si espandono nel continente da cui erano partiti. La loro diffusione, sebbene un po’ contrastata perché risultano sconosciuti, è assai veloce. Comparati ai nuovi Ordini religiosi, come i francescani e domenicani, si stabiliscono tanto in luoghi appartati quanto nelle città, magari nei rioni più popolari.
L’Ordine carmelitano, conosciuto nella Chiesa anche per la sua particolare devozione alla Vergine Santa (devozione dello Scapolare), è molto amato dalla gente. Con il tempo sorgono anche conventi di suore e gruppi di laici del cosiddetto Terz’Ordine. Ma a partire dalla metà del Quattrocento subisce anch’esso, come altri Ordini, un declino, dovuto specialmente al risvegliarsi del neo-paganesimo e alle spinte protestanti dell’epoca.
Ma ecco sorgere nella Spagna cattolica del Cinquecento due figure eccezionali: Santa Teresa d’Avila (1515-1582) e San Giovanni della Croce (1542-1591) che intraprendono una decisa riforma, recuperando sia lo spirito di preghiera che la fedeltà alla Chiesa. È la cosiddetta Riforma teresiana o Riforma dei Carmelitani Scalzi.
I religiosi della Provincia Veneta si collegano a questa storia di riformati. La Provincia Veneta è al principio una emanazione della Provincia lombarda, già nata nel 1617. Alcuni padri lombardi predicano a Venezia, sono molto apprezzati e ottengono quasi insperatamente di fondare una casa nella città lagunare. Iniziano nel 1633 con un convento a San Gregorio, verso la Basilica della Salute. Passano poi nel 1650 nel convento e nella chiesa attuale in Cannaregio. Seguono presto altri conventi, tutti nella seconda metà del Seicento, dentro il territorio della gloriosa Repubblica Veneta: Brescia, Verona, Padova, Vicenza, Treviso.
Quando nel 1677 si raggiunge il numero di religiosi sufficienti, i superiori generali di Roma istituiscono formalmente la Provincia Veneta intitolandola a San Giovanni della Croce. Legati ai conventi nascono anche due monasteri di suore: a Conegliano (Treviso) nel 1682 e a Murano (Venezia) nel 1737. La Provincia cresce fiorente e si impegna anche in forme di missione, inviando per esempio dei frati come cappellani in Morea (Peloponneso, penisola della Grecia). Questa esperienza finirà nel 1718 quando i turchi espugneranno tutte le piazzeforti veneziane.
I religiosi veneti sono stimati ovunque. Ma proprio in Venezia il senato nel 1767 si ostina a chiudere i conventi di tanti Ordini, concedendo però eccezionalmente ai Carmelitani di sopravvivere sebbene in numero ridotto (stabilisce delle quote di religiosi per ogni convento).
Nel 1798 la Repubblica Serenissima è cancellata da Napoleone dalla carta politica con il trattato di Campoformio. Nel 1815 viene ceduta all’Austria e conosce le soppressioni che l’Impero austriaco stabilisce per i conventi “non socialmente utili”. La Provincia religiosa sparisce e i frati per oltre quarant’anni si rifugiano nelle famiglie o si adattano a fare da vicari parrocchiali in qualche loro chiesa rimasta aperta, mantenendo un minimo di contatto tra loro.
Nel 1861 si ricostituisce la Provincia perché si possono riaprire tre conventi (Venezia, Verona, Treviso) con circa 80 religiosi. Ma poco dopo, nel 1866, con il Veneto conquistato dall’Italia del Risorgimento, arriva un'ulteriore soppressione e i religiosi sono costretti a riparare o in Austria o in Medio Oriente o sul Monte Carmelo stesso.
Nel 1896, allentandosi la morsa anticlericale e antireligiosa della rinata Italia, si riaprono tre conventi (Venezia, Brescia, Treviso) con circa sessanta religiosi e i superiori generali rifondano la Provincia Veneta, che da allora prende a camminare più o meno felicemente nei tempi moderni.
Nel ventennio iniziale (1896-1916) essa si consolida abbastanza, nonostante l’uragano della Prima Guerra Mondiale che proprio nel Veneto ha l’epicentro. Nel ventennio (1916-1936) conosce una sensibile crescita, arrivando a sette conventi (i nuovi sono Verona, Pieve di Cadore, Trieste, Mantova). Nel ventennio 1936-1956), durante la stessa Seconda Guerra Mondiale si aggiungono due conventi in Alta Italia (Bolzano, 1940; Trento, 1941), e subito dopo si aprono coraggiosamente quattro conventi in Sicilia dipendenti dalla Provincia madre (Palermo, Ragusa, Carlentini, Catania; in seguito ne nasceranno altri). I monasteri di suore di clausura della Provincia salgono a undici, compresi quelli di Sicilia.
Nel contempo partono per la Cina otto missionari (1947-1951) che poi, abbandonata la Cina conquistata da Mao-tse-tung, passano in Giappone (1951) e vi impiantano varie case. La Provincia è fiorente e cresce ancora fino a un massimo di 250 religiosi negli anni Sessanta. Nel 1969 apre una missione anche in Madagascar, destinata a svilupparsi molto bene.
Ma negli anni Settanta, nel clima della contestazione generale, anche la Provincia conosce una crisi pesante soprattutto in fatto di vocazioni. E’ avvenuto un cambio davvero epocale. Ma non è soltanto crisi: infatti il lavoro continua con ritmi molto alti e si avvia un rinnovamento sia nella formazione dei giovani che nell’inserimento nelle varie realtà della Chiesa, in particolare nei movimenti approvati dai Papi.
Nel 1993 la Provincia accetta di prendersi cura della casa di Bruxelles in Belgio, al centro della nuova Europa. Nel 2000 rinnova il suo slancio missionario aprendo una casa a Snagov- Bucarest, Romania.
Una delle case più dinamiche della Provincia resta quella di Verona-Tombetta, con il suo splendido santuario dedicato a S. Teresa di Gesù Bambino visitato da moltissimi pellegrini. Importanti sono anche le parrocchie a partire da quella, eccezionale per ubicazione, di S. Teresa in Roma. E significativi sono i santuari mariani di Adro (Brescia), con accanto una scuola con circa 1200 alunni, e di Trento, dove c’è anche il noviziato e il postulandato. La teologia invece è nello stupendo convento di Brescia. Per la promozione vocazionale si ha l’accogliente convento di Treviso.
I religiosi della Provincia sono stati spesso presi in considerazione nelle diocesi in cui operavano oppure dal Centro dell’Ordine (Casa generalizia e facoltà del Teresianum di Roma). Due di loro sono stati elevati alla dignità episcopale: il Card. Adeodato Giovanni Piazza (1884-1957) e Mons. Vincenzo Tarcisio Benedetti (1899-1972).
La Provincia si onora di avere dato alla Chiesa degli uomini dotti, ma ancor più degli uomini e delle donne (monache) di vita esemplare e santa; e un vero martire, P. Sergio Sorgon (1938-1985), ucciso barbaramente in Madagascar.