Questa volta sono andato in cappella qualche minuto a pregare, guardando l’immagine di una vetrata che raffigura l’“Agnello di Dio”, vetrata color rosso arancione, color sangue, con l’agnello che tiene una croce. Penso allora al sangue sparso per noi sulla croce da Cristo, Agnello innocente, pensando al sangue versato oggi in questi tragici delitti, e nelle molte violenze nel mondo intero. Ma l’Agnello tiene la croce anche come vessillo di vittoria sulla morte, è il risorto. Saranno giorni particolari di “com-passione” questi che vivremo nel Triduo Pasquale quest’anno a Bruxelles, di speranza nella vittoria della vita sulla morte e sul male.

Cosa si prova di fronte agli attacchi gravi nella città in cui si abita? A vedere colpiti luoghi ben conosciuti, e tante volte frequentati? Attaccate le persone in mezzo alle quali si vive, potenzialmente anche dei conoscenti?

Ad essere attaccati non sono stati luoghi simbolo, o palazzi delle istituzioni, ma luoghi della vita quotidiana, dei trasporti come l’aeroporto e la metropolitana che ogni giorno la gente comune utilizza. È vero che la bomba è scoppiata alla fermata della metropolitana di Maelbeek, quella vicina alle sedi delle istituzioni europee, ma la metropolitana è il mezzo di trasporto di tutti a Bruxelles, dei lavoratori, degli studenti, della gente in genere. A essere colpita è stata appunto la vita quotidiana della gente. La gente sentirà probabilmente la sua vita di tutti i giorni più a rischio da oggi, le persone care in pericolo. Provo grande dolore per le vittime, i morti e i feriti, e sento quasi di voler piangere con coloro che sono nel dolore per la morte dei loro cari e dei loro amici.

Si viveva nella tensione dopo le minacce terroristiche? Non essendosi ancora verificati attentati, la tensione aumentava o invece si era col tempo allentata?

Dagli attentati di Parigi dell’anno scorso, in gennaio e in novembre, la situazione a Bruxelles era diventata più tesa, perché le cellule terroristiche avevano avuto la loro base logistica in Belgio, nel primo caso per rifornirsi di armi e nel secondo per le persone coinvolte e l’organizzazione degli attentati stessi. Dopo novembre, la città era presidiata da numerosi militari e dalle forze di polizia, e avevamo avuto due giorni di blocco della metropolitana e la chiusura delle scuole per pericolo imminente di attentati. La gente aveva reagito con apprensione ma aveva anche continuato a vivere, a svolgere le diverse attività: la gente che frequenta la nostra chiesa ad esempio è sempre venuta a messa. Si sapeva che ci sarebbero potuti essere degli attentati, ma chi può sapere quando e dove? La tensione si è allentata, più per abitudine al fatto che non succedesse nulla che per una reale speranza di ritorno alla cosiddetta normalità.

Come si viveva sapendo che un famoso attentatore era ricercato lì in città?

Non avevamo l’impressione di una caccia all’uomo se non nell’ultima settimana in base alle notizie dei media. È vero che ormai è da novembre scorso che tutto il giorno si sentono sirene (della polizia, dei pompieri o delle ambulanze, chi lo sa?), anche di la notte, se si è per un momento svegli. Un continuo di sirene a cui ci si abitua e di cui non si sa il motivo: ricerca di persone? Incidenti? Operazioni di polizia? Di solito si poteva supporre che non si trattasse di fatti gravi. Anche oggi tutte queste sirene che suonano: la differenza è che sappiamo perché, sono i soccorsi che intervengono per gli attentati.

Com’è la situazione ora?

La situazione non è ancora chiara, le indicazioni sono di restare in casa, di non spostarsi troppo in città se non per necessità. Dopo gli attentati di Parigi di gennaio e novembre, in fondo alla chiesa abbiamo messo un manifesto con alcune parole di papa Francesco che invitavano alla preghiera, “Prayers for Paris”. Oggi ne metteremo uno con scritto “Prayers for Brussels”. Nelle preghiere dei fedeli la domenica mi capita a volte di aggiungere una preghiera per la pace, pregando in particolare per un paese recentemente colpito dalla violenza, che sia il Burundi o la Francia o altri, ma invitando a ricordare anche i tanti paesi nel mondo dove c’è la guerra.

Intervista di Carlotta Venuda

Tratto da GENTE VENETA, n. 12/2016

Padri Carmelitani Bruxelles 2016Da sinistra: p. Massimo, p. Alessandro, p. Ermanno, p. Ignazio, p. Angelo