Negli anni della sua formazione, il giovane seminarista aveva scoperto l'autobiografia di Santa Teresa di Lisieux, a cui si era profondamente immedesimato, al punto da scrivere: «Trovo magnifica la sua autobiografia, nessun libro ha fatto su di me tanta impressione quanto questo».
Durante un ritiro che lo preparava a ricevere i primi Ordini sacri, leggendo un riassunto della vita di San Giovanni della Croce, ricevette un'illuminazione folgorante, una certezza: Dio lo voleva al Carmelo, sui passi di questo grande Santo dell'Assoluto e dell'Amore. Appena ordinato sacerdote e nonostante l'opposizione dei suoi familiari, il 24 febbraio entrò tra i Carmelitani Scalzi di Avon, presso Fontainebleau, pur senza conoscerne la forma di vita. Il sacerdote ventottenne vestì l'abito il 10 marzo 1922.
Divenuto Fra Maria Eugenio di Gesù Bambino, fece professione il primo marzo 1923, restando ancora un anno ad Avon. Il noviziato fu un periodo di radicale spogliamento e di sofferta solitudine. Più tardi, ricordando quei giorni, egli stesso ebbe a dire: «Mi sentivo schiacciato... si aveva l'impressione di essere nelle mani di una forza inesorabile. Ci si era dati a Dio e Dio mostrava di averci presi davvero. Fin dall'inizio si ebbe l'impressione di un annientamento totale, che qualunque forma di vita intellettuale fosse annullata... Riconosco che in quei momenti solo il guardare Gesù Bambino dava luce. Nell'impotenza c'era tutto l'orizzonte della divinità, dell'infinito».
Fu proprio alla scuola di Santa Teresa di Gesù e di San Giovanni della Croce che il Padre apprese "l'arte di essere carmelitano". In questo Ordine aveva trovato il suo luogo vitale, il suo rapporto d'amore e di preghiera con il Dio della sua vita. «L'orazione - scriverà in una lettera ad amici, datata 6 maggio 1922 - è in qualche modo il centro e il sole di tutte le occupazioni della giornata. Ogni sera si ha l'impressione di non aver fatto altro che questo d'importante. L'orazione è qui una grande consolazione e mi fa dimenticare tutto il resto. Dimenticare tutto diventa infatti la mia principale occupazione; del resto non si perde nulla, poiché si ritrova tutto e tutti in Gesù e si può essere molto più utili».
Fu la vita di preghiera a formare quest'uomo alla contemplazione e ad aprirlo all'azione dello Spirito che rispose al suo dono totale di sé con grazie mistiche che lo afferrarono «in modo vigoroso e assolutamente certo». Confiderà alla fine della sua vita: «L'anno del noviziato fu quello del fidanzamento, delle manifestazioni dello Spirito Santo, tutto un gioco di fiamme, di fuochi! Raccontavo tutto al mio Padre Maestro, che non capiva nulla. Io ero impazzito d'amore! Volevo solo amore, chiedevo solo amore». Un altro giorno ricevette una grazia di paternità spirituale da sentire le sue «mani piene d'anime». Intuì che la sua missione sarebbe stata quella di diffondere la Misericordia di Dio.
Nel 1926, l'anno in cui San Giovanni della Croce venne proclamato Dottore della Chiesa, P. Maria Eugenio era conventuale a Lille. Qui entrò in contatto con gli Studenti Carmelitani che frequentavano le facoltà cattoliche di Roma. Tra questi, alcuni erano stati allievi di P. Garrigou-Lagrange all'Angelicum. Si trovò così coinvolto nel clima di rinnovamento mistico che si respirava in Europa. Nel maggio 1925, scrisse il suo primo articolo su Santa Teresa di Gesù Bambino intitolato "La sposa di Gesù Crocifisso". In questo articolo traspaiono già la profondità dottrinale e la finezza psicologica che caratterizzano la sua attività di scrittore. Nel 1927, insieme a dom Chevalier, P. Garrigou-Lagrange, P. Girolamo della Madre di Dio, Sr. Maria Teresa d'Avignone, P. Gabriele di S. Maria Maddalena e P. Luigi della Trinità (d'Argenlieu), in un numero speciale de "La vie spirituelle", tratteggiò la fisionomia di San Giovanni della Croce, neo-Dottore della Chiesa.
Nel 1928 fu nominato Priore nella casa di formazione del Petit Castelet a Tarascon. Ancora in carica, il lunedì di Pentecoste del 1929 ricevette la visita di un gruppo di insegnanti di Marsiglia che desideravano conoscere la dottrina del Carmelo e imparare la scienza della contemplazione. Quella visita fu decisiva: una di loro, Maria Pila diventerà la sua diretta collaboratrice e confondatrice dell'Istituto Notre-Dame de Vie. Nello stesso tempo, P. Maria Eugenio cominciò a tenere dei corsi sulla preghiera. Nel 1932, da una terziaria carmelitana, Madame Lemaire, ebbe in dono la proprietà dell'antichissimo santuario di Notre-Dame de Vie (vicino ad Avignone), che diventò la sede del nascente Istituto. Lo scopo di tale fondazione era quello di unire strettamente, nel cuore del mondo, vita contemplativa e vita apostolica. Nasceva così nella Chiesa una nuova famiglia spirituale.
Marie-Eugène fu Priore nel convento di Agen e nel 1936 in quello di Montecarlo. Essendo stato eletto Definitore generale dell'Ordine, l'anno successivo dovette trasferirsi a Roma, ove risiederà fino al 1955, tranne gli anni della guerra (1939-1945), in cui tornò in Francia. Mentre era a Roma, insieme al P. Generale, P. Silverio, aveva pensato a una nuova sede per il Collegio Internazionale dei Carmelitani visto che quella di Corso d'Italia era divenuta troppo piccola. La nuova sede sorse sul Gianicolo e fu inaugurata dal Card. Piazza.
Dal 1932 al 1936, P.Nel 1948 fu nominato Visitatore apostolico delle Carmelitane Scalze residenti in Francia. Dall'inizio della sua vita carmelitana il Padre si dedicava alla predicazione. Frutto di queste numerose conferenze, ritiri ed attività apostolica è la sua opera scritta "Voglio vedere Dio".
Il 3 gennaio 1953 fu nominato dalla Congregazione dei Religiosi Delegato per l'organizzazione delle Federazioni delle Carmelitane scalze. Con la fondazione dell'Istituto a Notre-Dame de Vie egli pensava che si aprisse una nuova pagina nella storia del Carmelo. Un giorno, aveva detto alle sue figlie di Notre-Dame de Vie: «Offritevi per il Carmelo. Il Carmelo è al di sopra dei Carmelitani, delle Carmelitane, dell'Istituto. E più grande di tutto questo. E, al di là del Carmelo, offritevi per la Chiesa».
In seguito alla morte del Preposito Generale, P. Silverio di S. Teresa, avvenuta il 10 marzo 1954, nel corso di un viaggio in Messico, P. Maria Eugenio divenne Vicario generale dell'Ordine. Si prefisse allora di visitare quei Monasteri dove il compianto Generale non era potuto andare.
Il Capitolo generale che si aprì a Roma il 27 aprile 1955 mise fine ai suoi incarichi romani. Tornò in Francia, dove per tre volte fu eletto Provinciale, carica che tenne fino alla morte. Negli ultimi anni della sua vita, spese tutte le sue energie per il Carmelo e l'Istituto secolare da lui fondato, in cui visse a partire dal 1961.
Nel febbraio del 1962, ebbe un grave disturbo di circolazione. Durante una conferenza a Marsiglia, fu costretto a lasciare l'uditorio. A coloro che erano preoccupati per la sua salute, con amore di padre ebbe a dire: «Queste stanchezze mi permettono di concentrarmi sull'essenziale. Sento bene che non ho perduto niente dell'essenziale, lo affermo ancora con maggior forza di prima». Nel febbraio del 1965, lo colse un nuovo malore. Raccogliendo le sue forze, lasciò traboccare dal suo cuore paterno queste parole, che resteranno il suo testamento spirituale per l'Istituto Notre-Dame de Vie: «Con tutto il potere della mia paternità, con tutti i diritti della mia paternità. io voglio chiedere per voi lo Spirito Santo. Ecco il testamento che vi lascio, la grazia che lo Spirito Santo discenda su di voi, che possiate dire il più presto possibile che lo Spirito Santo è il vostro amico, che lo Spirito Santo è la vostra luce, che lo spirito Santo è il vostro maestro...».
Il 1966, ultimo anno della sua vita, fu particolarmente significativo, perché esemplificazione concreta di quanto aveva predicato e vissuto: il valore del dono di sé. «Che cosa farà quest'anima?», si chiedeva in "Voglio vedere Dio". Quello che lo Spirito d'Amore le impone: preghiera, immolazione, attività. Contemporaneamente, questo o quello, secondo la volontà di colui che è divenuto il suo Signore e secondo il moto che lo Spirito le imprime. Essa non ha preferenze, non vuole altro che essere docile all'Amato e adempiere qualsiasi compito che lo Spirito d'Amore vuol fare per mezzo suo... Questo amore non è affatto riposo, ma dono di sé all'Amato ».
La domenica di Pasqua del 26 marzo 1967, il suo volto s'illuminò e dalla sua flebile voce si udì: «In manus tuas Domine, commendo spiritum meum». Quella sera stessa aveva sussurrato: «Quanto a me, vado verso l'abbraccio dello Spirito Santo». Il lunedì seguente, decimo anniversario della festa da lui istituita in onore di Notre-Dame de Vie, «per condividere con lei la gioia della risurrezione», si spense serenamente.
Si concluse così una vita donata a Dio e alla Chiesa, secondo il motto da lui stesso pensato: «Se avessi dovuto scegliermi un motto, avrei preso "Traditus gratiae Dei"». In questo autentico carmelitano, testimone dell'Assoluto, la grazia divina a lui donata si coniuga con la grazia profetica del Carmelo, la cui impronta particolare resterà indelebile nella storia degli uomini.
È stato beatificato il 19 novembre 2016 da Papa Francesco.
di P. Luigi Borriello ocd