Giuseppe Spimpolo è un giovane padre di famiglia, docente ed educatore dell'Istituto per l'Educazione alla sessualità e alla Fertilità (INER) della diocesi di Verona, conosciutissimo e ricercatissimo per i suoi travolgenti - e a tratti spassosi - interventi sulla fede, la vita famigliare e il problema vocazionale. "Un relatore eccezionale", a dirlo è Raffaele, uno dei tanti ragazzi venuti apposta da Treviso, "che ci ha portato il frutto della sua esperienza di vita. Parole controcorrente, che nascono dalla vita vissuta, intrise di umanità e verità".
Dopo un primo intervento di Spimpolo, introdotto dalla recita delle lodi, e una lauta merenda, i ragazzi sono stati divisi in tanti piccoli gruppetti di riflessione e di condivisione. Lo stesso Spimpolo ha lasciato tre domande tanto chiare quanto provocatorie: "Tu sai chi sei? E se non lo sai, perché è così difficile rispondere a questa domanda? Quando morirai, per che cosa vorrai essere ricordato dagli altri? E quale dei tanti atti di Dio ti senti particolarmente chiamato a testimoniare con la tua vita?".
Scrive Maria Sofia, giovane universitaria di Brescia: "Spimpolo ha ribadito l’importanza di prendere sul serio la propria storia, di scriverla e di raccontarla. Infatti dalla nostra storia possiamo cogliere il significato più profondo della nostra vita: la vocazione, la quale fa anche rileggere in modo nuovo le ferite che abbiamo avuto nel corso della vita".
A seguire il pranzo, poi una pausa per meglio assaporare l'aria fresca di una bella giornata di sole passeggiando nel giardino del convento o facendo due tiri a pallone e poi su di nuovo nel grande salone della parrocchia per riprendere i lavori. Spimpolo ha risposto alle varie domande postegli dall'assemblea. Molte di queste sulla fatica e sulla sofferenza. Perché ci sono? Perché Dio non ci ha posto le cose in una maniera più semplice?
Ma oltre alle travolgenti e precise risposte del relatore, sono state significativeanche le testimonianze proposte: quella di p. Alessandro Futia, giovane carmelitano freschissimlo di ordinazione, e quella di Letizia e Riccardo, sposi da pochi mesi.
Continua Maria Sofia: "è proprio nella sofferenza che Dio viene incontro a ciascuno di noi e può diventare una ricchezza anche per l’altro. Tutto questo è stato reso evidente nelle testimonianze che abbiamo ascoltato. P. Alessandro, Riccardo e Letizia hanno avuto il coraggio di affrontare le proprie ferite e riconoscere in esse la presenza di Dio. Questa giornata ha contribuito ad aiutarmi a leggere la mia storia senza giudicarla negativamente, riconoscendo in essa la presenza del Signore e darle quindi un significato. Entrare in profondità con se stessi e poi con le altre persone aiuta ad accettarsi e a capire il valore che ciascuno ha. Come ha detto p. Alessandro, la nostra storia può assomigliare a quella di qualcun altro, ma il rapporto che ciascuno di noi ha con Dio è unico ed è bello camminare insieme per scoprirlo. Queste parole mi hanno spronato a impegnarmi ad entrare sempre di più in profondità con me stessa per poi condividere con chi mi sta accanto".
La giornata si è conclusa con la S. Messa in Santuario, animata da un grande coro improvvisato da alcuni dei ragazzi presenti. Alla fine della celebrazione, saluti e partenze. malgrado l'evidente stanchezza, era innegabile l'entusiamo che s'intravedeva negli occhi di ognuno. Un entusiasmo, per qualcosa di grande, di eterno, per una promessa, una sommessa sulla vita di ognuno.
"È davvero insolito sentir parlare così", conclude Raffale, "e proprio per questo è stato molto utile ai moltissimi giovani che lo hanno ascoltato attentamente. Ha affascinato, coinvolto e rapito, perché quando si aiuta a vedere la verità e la bellezza della vita si colpisce sempre, tanto più se si è davanti a cuori che con sincerità e lealtà cercano la propria strada, una strada in cui spendere se stessi e la propria vita".
Alcuni scatti della giornata: