Nel secondo Manoscritto (Ms b), che è un breve compendio della sua dottrina a forma di lettera, Teresa si limita a commentare l’espressione biblica che dice: «Ai piccoli è concessa la Misericordia» (Sap 6,7), illustrata con la più bella immagine del profeta Isaia: «Come una madre accarezza il figlio, così io vi consolerò, vi porterò in  braccio e vi accarezzerò sulle mie ginocchia» (Is 66,13). E si rivolge a Dio con questa sorprendente confessione: «Sento che se tu trovassi – cosa impossibile – un’anima più debole, più piccola della mia, ti compiaceresti di colmarla di favori ancora più grandi, qualora si abbandonasse con fiducia totale alla tua Misericordia infinita» (Ms b, 5v). Perciò spiegava alla sorella carmelitana in una lettera: «Ciò che piace a Dio è di vedermi amare la mia piccolezza e la mia povertà, è la cieca speranza che io ho nella sua Misericordia (Lt 197).

Scrive, poi, il terzo Manoscritto (Ms c) per completare, con le ultime battute, il suo canto delle “misericordie del Signore”. Ormai Teresa può testimoniare che Dio “ha superato ogni sua aspettativa”, da quando ha scoperto nella Sacra Scrittura «una via bella dritta, molto corta, una piccola via tutta nuova per andare in Cielo: lasciarsi sollevare dalle braccia stesse di Gesù» (Ms c  3r).

Sul finire della vita, poi, a un missionario che le aveva scritto, raccontandole le sue inquietudini spirituali a riguardo del giudizio finale di Dio, Teresa rispondeva: «So che è necessario essere completamente puri per comparire dinanzi al Dio di ogni Santità, ma so anche che il Signore è infinitamente Giusto, ed è questa giustizia, che spaventa tante anime, a costituire il motivo della mia gioia e della mia fiducia (...). Io spero tanto dalla giustizia di Dio quanto dalla sua misericordia. Appunto perché è giusto “Egli è compassionevole e pieno di dolcezza, lento nel punire e ricco di misericordia. Infatti conosce la nostra fragilità e si ricorda che noi siamo polvere. Come un padre prova tenerezza per i suoi figli, così il Signore prova compassione di noi” (Sal 102, 8.14; e 103,13). Fratello mio, ecco quello che penso della giustizia del buon Dio. La mia via è una via tutta di fiducia e d’amore; io non capisco le anime che hanno paura di un così tenero Amico» (Lt 226).

Insomma la piccola Teresa è giunta a unificare nel suo cuore le due caratteristiche di Dio che a noi, troppo adulti, sembrano quasi contrastarsi: la misericordia e la giustizia. Ma ciò è avvenuto perché le ha messe ambedue in presa diretta non con l’esperienza dell’umana miseria che si manifesta nel peccato, ma con l’esperienza ancora più radicale della comune povertà creaturale.

Se Dio si commuove davanti a un peccatore, è perché si commuove davanti a un bambino caduto (a un figlio che si è fatto male). Ma, ancor più, Egli si commuove perché si tratta di un piccolo figlio che Egli stesso ha creato dal nulla. Così Teresa raggiugeva di schianto l’intuizione più profonda che i teologi devono, prima o poi, conquistare: l’atto della creazione è il primo atto divino di misericordia, quello che fonda la Sua misericordia futura per tutti gli uomini.

Secondo la piccola Santa di Lisieux, Dio Creatore e Padre vede davanti a sé solo tre tipologie di uomini: il figlio piccolo che lo riempie di tenerezza; il figlio piccolo che è caduto e si è fatto male; il figlio piccolo che Egli ha prevenuto affinché non cadesse. Verso tutti e tre questi figli piccoli, che si gettano nelle sue braccia, Dio è assieme infinitamente giusto e misericordioso, perché «è proprio dell’amore l’abbassarsi», «ed è chinandosi così che il Buon Dio mostra la sua infinita grandezza» (Ms A, 2v-3r).

Sapendo di essere stata sempre prevenuta dalla Misericordia di Dio, sempre «anticipatamente perdonata», Teresa aveva inventato per sé questa geniale parabola (di cui è bene evidenziare le maiuscole e i corsivi originari):

«Supponiamo che il figlio di un abile dottore incontri sul suo cammino una pietra che lo faccia cadere e che in questa caduta si rompa un arto. Subito il padre va da lui, lo rialza con amore, cura le sue ferite, impiegando per questo tutte le risorse della sua arte e ben presto il figlio, completamente guarito, gli manifesta la propria riconoscenza. Certo questo figlio ha perfettamente ragione di amare suo padre! Ma farò anche un’altra supposizione. Il padre, avendo saputo che sulla strada di suo figlio si trovava una pietra, si affretta ad andare davanti a lui e la rimuove (senza essere visto da nessuno). Certamente, questo figlio, oggetto della sua tenerezza previdente, non SAPENDO la sventura da cui è liberato dal padre, non gli manifesterà la propria riconoscenza e l’amerà meno che se fosse stato guarito da lui... ma se viene a conoscere il pericolo al quale è sfuggito, non l’amerà forse di più? Ebbene, sono io quella bambina oggetto dell’amore previdente di un Padre il quale non ha mandato il suo Verbo per riscattare i giusti, ma i peccatori. Egli vuole che io l’ami perché mi ha rimesso, non molto, ma tutto. Non ha aspettato che l’ami molto come Santa Maddalena, ma ha voluto che IO SAPPIA di essere stata amata di un amore d’ineffabile previdenza, affinché ora io lo ami alla follia!» (Ms A, 38v-39r).

In questo passo del manoscritto la calligrafia di Teresa mostra una fortissima emozione. Le parole sono a volte anche così marcate che sembrano attraversare il foglio: ella sta difendendo la scoperta d’amore, a cui è ormai attaccata con tutta se stessa. Ha compreso che la differenza non è tra chi ha peccato e chi non ha peccato, ma tra chi ha bisogno di amore perché ha peccato, e chi ha avuto bisogno di più amore per potere sfuggire al peccato. E se il primo ama molto perché ben conosce il molto che gli è stato perdonato, il secondo non ama solo finché (e perché) non si rende conto dell’amore preveniente che ha ricevuto. Quando se ne rende conto (e questo «farci sapere» il suo amore previdente è una grazia immensa che Dio ci dona), allora egli si trova nella condizione di dover «amare alla follia».

2016-01-23 22 41 57-Diapositive.pdf - Adobe ReaderLe possibilità, dunque, non sono soltanto due, ma tre: c’è chi ama poco perché pensa che gli sia stato perdonato poco; c’è chi ama molto perché sa d’essere stato molto perdonato; e c’è chi ama alla follia perché sa che tutto gli è stato perdonato in anticipo, sa che è grazia anche il non aver peccato! Quest’ultima categoria di persone sa, della Misericordia di Dio, infinitamente di più di chi l’ha esperimentata soltanto nelle sue cadute.

Chi ne dubita, può utilmente associare al ricordo della piccola Teresa (anche lei Dottore della Chiesa!) quello del grande Dottore sant’Agostino, noto per la sua travagliata conversione, che già si esprimeva alla stessa maniera: «Io ti amerò, Signore, ti renderò grazie e confesserò il tuo nome, perché mi hai perdonato malvagità e delitti così grandi. Attribuisco alla tua grazia e alla tua misericordia il dileguarsi come ghiaccio dei miei peccati; attribuisco alla tua grazia anche tutto il male che non ho commesso... Tutti i peccati – quelli che di mia spontanea volontà commisi, e quelli che per tua guida evitai – mi furono rimessi, lo confesso. Chi alla tua chiamata seguì la tua voce ed evitò le colpe... non mi schernisca se, malato, fui guarito dallo stesso medico che preservò lui dai malanni. Perciò dovrà amarti altrettanto, anzi più davvero di me, perché vede come da tanta prostrazione di peccati io mi libero, ad opera di Colui che in tanta prostrazione di peccati non lo lasciò avviluppare» (Confessioni, II, 7).

Note:

1 S. Teresa del B. G., Opere Complete, Libreria Editrice Vaticana-Edizioni OCD, Città del Vaticano 2009.