María Felicia nel Carmelo ebbe con quell’innamorato di Giovanni della Croce una sintonia speciale, proprio per come le parlava dell’amore che lei da una vita stava imparando e al quale si era definitivamente consegnata. Una vita attivissima di servizio generoso a Gesù e ai fratelli – familiari, piccoli, poveri, malati, studenti – in particolare nelle file dell’Azione Cattolica e addirittura con cristiana passione politica. Una vita, oltre che di preghiera e mortificazione, ricca di affetti e vissuta con un bel sorriso (*). Tutto offerto fino alla consumazione.
Perciò queste come altre parole del Santo – si pensi a come egli parla della morte degli innamorati di Dio (Fiamma d’amor viva B 1,30.34) – si addicono a descrivere una vita che ora la Chiesa riconosce esemplare con la beatificazione del 23 giugno nella sua patria terrena, il Paraguay, a cui tanto era legata Chiquitunga – questo il nome con il quale è familiarmente conosciuta María Felicia di Gesù Sacramentato.
Ma fin da quel 28 aprile del 1959 in cui, a trentaquattro anni, esiliata dal suo caro Carmelo per la malattia che la stava “dissanguando”, esalò l’ultimo respiro, il popolo cristiano aveva iniziato a capire che il profumo di gelsomino che si portava dietro – il fiore preferito, che per esempio in monastero lasciava traccia delle sue visite in cappella – era profumo di santità. E ogni 28 del mese i devoti si riuniscono oggi per la celebrazione dell’Eucaristia presso la cappella delle Carmelitane di Asunción che custodisce le sue reliquie, ormai quotidianamente meta di visite.
Non voglio ripercorrere qui la vita di Chiquitunga, anche se ne varrebbe la pena, ma farle omaggio di un paio di piccoli pensieri sull’amore di Dio…
Partiamo dalle sue parole:
Ho chiesto la distruzione, se fosse necessario, di ciascuno delle mie membra, dei miei sensi e delle mie facoltà, sia isolatamente che insieme … perché è necessario santificarci per poter dare qualcosa agli altri (Diario, p. 9).
Mi sono offerta per Lui come vittima piccolina, per i sacerdoti, per il Nostro Sacro Ordine, per la Nostra Comunità, per i miei genitori e famigliari, infine per tutte le anime (lettera alla madre priora 2,5).
Al di là di quest’offerta generale, durante la sua vita María Felicia ne fece altre particolari, ma che potrebbero sembrare un fallimento: per l’amato Ángel Sauá (il dono dell’amore da offrire all’Amore), nel suo cammino sacerdotale che lei già vedeva incerto, in seguito abbandonato; per la sorella Mañica, madre di tre bambini e morta pochi mesi prima di lei della stessa malattia. Le vie del Signore non sono esattamente le nostre vie (cfr. Isaia 55,8), certo, ma soprattutto qui si mostra come ciò che in fondo importava era l’offerta (accolta) a un Amore che voleva lei, oltre le intenzioni “secondarie”. Un Amore davvero personalissimo, per quanto aperto a tutti. Era lei che il suo Sposo Gesù voleva prima di ogni cosa.
Morire nel tuo Carmelo
è il mio ideale, Signore.
Ma non ne ho la forza
se non mi sostiene il tuo amore.
Infine colpisce come questa donna muy callejera (sempre per strada, da strada) tanto ingaggiata nell’apostolato laicale – parte del suo primo «Ideale» – abbia portato all’estremo la sua missione fino alla consacrazione totale nel Carmelo, con il desiderio di morirvi, e contro il parere della famiglia, almeno sulle prime, e dei sacerdoti che la seguivano. Tale scelta potrebbe sembrare una negazione dell’impegno nel mondo. La sua esistenza ci aiuta invece a guardare le cose dalla vetta del Monte, anzi a riconoscere come al cuore di tutta la vita attiva di María Felicia Guggiari fin dalla giovinezza ci fosse davvero il suo Signore, amato sopra ogni altro amore. E la priora di Asunción sapeva bene che «di anime così il Carmelo era pieno e che le dessero quante ragazze callejeras ci fossero nell’apostolato della strada»: «Di callejeras come Chiquitunga io ne voglio tante» (Eduardo T. Gil de Muro, Cada vez más cerca, pp. 284 e 315). I pochi anni in cui visse nel Carmelo (1955-1959: ma lei a quel punto si sentiva «Carmelitana eternamente», p. 344) ci rivelano non solo la verità del suo cammino e il profondo perché della sua sete ardente ma la proiezione spiritualmente universale della sua missione, della sua «mistica della carità» (definizione di Ángel Sauá alla fine della Messa di ringraziamento per la prima beata paraguayana, nella basilica di Santa Teresa, a Roma, il 28 maggio scorso).
…che ogni giorno lo ami sempre più, che io sparisca e che Lui solo sia, non più io (lettera alla madre priora 3,8).
Bibiografia
-María Felicia de Jesús Sacramentado “Chiquitunga”, Pensamientos, Carmelitas Descalzas, Asunción (Paraguay) 2009.
-Juan Cipriano Prieto, Un lirio de la Acción Católica Paraguaya. María Felicia Guggiari Echeverría Chiquitunga (1925-1959), Carmelitas Descalzas, Asunción (Paraguay) 1995 (4ª edizione). Da qui ho tratto le parole della beata.
-Eduardo T. Gil de Muro, Cada vez más cerca. Una aproximación a la vida de Chiquitunga, Carmelitas Descalzos, Lambaré (Paraguay) 2010.
-Postulazione ocd: www.postocd.org/it/biografia-maria-felicia-di-gesu-sacramentato .
Altro
-María Felicia de Jesús Sacramentado “Chiquitunga”, Diarios íntimos, Carmelitas Descalzos, Asunción (Paraguay) 2011.
-Julio Félix Barco, Chiquitunga. Vida de la Sierva de Dios Hna. Mª Felicia de Jesús Sacramentado Carmelita Descalza, Burgos (Spagna) 2004.
(*) A proposito del sorriso di Chiquitunga e dell’allegria che portò anche in monastero, questo sarebbe piaciuto a santa Teresa di Gesù: come racconta la beata Anna di San Bartolomeo, «Non le piaceva la gente triste, né lei lo era, né voleva che quelli che andavano in sua compagnia lo fossero. Diceva: “Dio mi liberi da santi imbronciati”» (Últimos años de la Madre Teresa de Jesús, I, 17).