L’occasione nasce dalle domande che i nostri ragazzi ci hanno rivolto negli ultimi tempi: riflettendo sulla preghiera come respiro e sul fatto che il rapporto con Dio si gioca sull’imparare a stare sotto lo sguardo di Cristo, ad un certo punto è stato quasi inevitabile da parte loro chiedersi: “Quale esperienza di preghiera è possibile in una situazione come quella della pandemia che stiamo vivendo? Cosa è giusto chiedere nella preghiera in queste situazioni? Quali frutti aspettarsi dalla preghiera e quale è la risposta di Dio?  

Che cosa vuol dire credere, avere fede, quando ci si trova davanti al dolore delle persone? 

Abbiamo rivolto queste domande ai due amici medici, testimoni in prima linea, in questi mesi, della pandemia che ha colpito le nostre vite.

È inutile dirvi la bellezza del confronto che è avvenuto tra i due dottori e i nostri ragazzi collegati da tutta Italia - da Brescia a Trento, da Adro alla Sicilia - e che ha visto la presenza anche di tanti genitori invitati all’incontro per permettere anche a loro di godere di questo dono di Grazia e per far vivere loro un po’ del lavoro che i figli abitualmente fanno nella Scuola di Cristianesimo.

Quello che è venuto fuori, anche attraverso un botta e risposta finale con le domande fatte dai ragazzi, è la testimonianza vera e viva di due vite donate, di una fede fattasi carne giorno dopo giorno lì dove il Signore ti chiede di servirLo e di servire gli uomini.

Il servo di Dio Rosario Livatino, giudice ucciso dalla mafia, diceva: “Quando moriremo, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili”. 

La testimonianza dei nostri due amici è il racconto splendido di due vite di “credenti credibili”.