Sabato 11 aprile, presso il Santuario di S. Teresa di Gesù Bambino di Tombetta (Verona), tutta la famiglia carmelitana della Provincia veneta - padri, suore, terz’ordine, giovani in formazione - è convenuta per commemorare insieme la Santa Madre Teresa. L'incontro si è aperto con una prolusione del P. Provinciale Aldino Cazzago sulle ragioni e prospettive del V Centenario Teresiano che si sta celebrando in questo 2015: "la prima parola che sale dal nostro cuore è senza dubbio la parola gratitudine: gratitudine a Teresa di Gesù e gratitudine a Dio" che ha suscitato nella Sua Chiesa una Santa capace di far risalire i cuori dei fedeli, dal XVI secolo ad oggi, alle fonti limpide della genuina sequela di Cristo. Ciò perché Teresa seppe essere un "vulcano" che attingeva, secondo le parole di Von Balthasar, "lava ardente delle più profonde viscere della Rivelazione".
Ma il segreto di questi grandi santi, di questi vulcani - ha spiegato P. Aldino - il segreto per cui sono sempre attuali, sta proprio nella loro tremenda inattualità: "Teresa d'Avila ha scritto delle «cose eterne» che stanno a fondamento di ogni uomo, lo costituiscono e perciò sono di ieri, di oggi e di domani. Quando abbiamo l'ansia di essere in sintonia con gli uomini del nostro tempo non dovremmo dimenticare questa saggia avvertenza di De Lubac: «Non si raggiungono veramente gli uomini se dapprima non si raggiunge l'uomo [...] e le verità più necessarie, quelle di cui l'uomo ha più profondamente bisogno, sono molto spesso anche quelle di cui avverte meno consciamente l'esigenza, quelle di cui crede di potere fare a meno e di cui preferirebbe non si parli». Temo che anche tra gli insegnamenti di Teresa più di uno appartenga alla categoria del «preferibile non parlarne». Eccone uno dei tanti: «Muoia una buona volta questo io e viva in me l'Altro, che è più grande di me e migliore di me, nei miei stessi interessi, sicché io possa servirlo» (Esclamazione, n.17)".
Proprio da questo insegnamento, ha proseguito P. Aldino, scaturisce uno dei tratti cruciali del lascito spirituale di S. Teresa: la comunionalità, lo slancio missionario, l'apertura appassionata verso l'altro. Ma ciò non come semplice estroversione sociologica o filantropica, perché, come afferma l'Evangelii Gaudium di Papa Francesco, "dal punto di vista dell'evangelizzazione, non servono né le proposte mistiche senza un forte impegno sociale e missionario, né i discorsi e le prassi sociali e pastorali senza una spiritualità che trasformi il cuore". Teresa, invece, seppe coniugare perfettamente le due dimensioni, quella orizzontale e quella verticale, quella dell’amore per Dio e per il prossimo, nel suo cuore innamorato della "bellezza e maestà incomparabili" dell'"umanità sacratissima di Cristo", "bellezza che in sé comprende ogni bellezza". Proprio ridestando nel cuore dell'uomo contemporaneo l'anelito a questa bellezza - la bellezza autentica, quella capace di far uscire fuori di sé verso l’altro - Teresa riesce ancora oggi a riscaldare, perché "il fuoco della sua anima non si è mai spento". Ed era quest’ultima l’affermazione di un ateo: E. Cioran.
A questo punto P. Aldino ha lasciato la parola a Pamela Villoresi, attrice di fama internazionale convocata a Verona in quanto protagonista principale dello spettacolo teatrale “Un Castello nel cuore”, co-prodotto dalla Provincia veneta dei Padri Carmelitani e dal Movimento Ecclesiale Carmelitano, spettacolo attualmente in programma nel Teatro Stabile di Roma e che sta registrando benevole critiche su scala nazionale, riscuotendo sempre più interesse sulla stampa e, soprattutto, nelle cerchie culturali extra-ecclesiali. Pamela ha raccontato commossa come anche lei, partita lontano dalla Chiesa, peregrinando per filosofie e pratiche religiose altre, sia riapprodata al cristianesimo “calamitata” da S. Teresa, “una donna totale, con un amore di dismisura per la totalità”. È da tanto che desiderava mettere in scena uno spettacolo sulla Santa spagnola, ma né Mario Vargas Llosa, né Mario Luzi, autori di cui era personalmente amica e ai quali si era rivolta, si erano sentiti in grado di porre mano ad un’opera teatrale su S. Teresa. Subito acconsentì, dunque, quando P. Fabio Silvestri e P. Antonio Sicari, della nostra Provincia veneta, le chiesero di mettere in scena una pièce su Teresa, ma teologicamente fondata. Era proprio questo fondamento teologico che la Villoresi sentiva mancare (in alcune facili proposte drammaturgiche su Teresa che le erano state fatte) e che invece era doveroso e imprescindibile per parlare, anche se teatralmente, di un Dottore della Chiesa. Fondamento teologico che si traduce, nello spettacolo, nella genuina fedeltà ai testi della Santa Madre i quali, letti con ardore dalla Villoresi, hanno saputo scuotere non solo il pubblico e la critica, ma la stessa attrice che, quasi con le lacrime agli occhi e senza retorica, ci ha confidato che durante le ultime repliche dello spettacolo si è sentita realmente “toccata” da un “Dio che ti ama”. Come ha evidenziato P. Fabio Silvestri, il successo di questo spettacolo si sta rivelando un caso splendido di nuova evangelizzazione, con cui è possibile arrivare alle periferie dei cuori dei lontani, spesso più inaccessibili e inospitali di quelle urbane o geografiche.
La giornata si è conclusa con la celebrazione eucaristica nella Basilica di Tombetta, nella cui omelia P. Aldino ha ricordato come questo tempo pasquale sia quanto mai propizio per cogliere ciò che Teresa vuole dirci oggi: può scuoterci alla santità non il ricordo di un’esperienza sbiadita, di un Cristo solamente morto per noi, ma il coinvolgimento con un “vivente”, con quel Crocifisso e Risorto che è il centro della nostra fede e nei panni del quale, non a caso, Teresa era solita incontrare Gesù: “in via generale, il Signore mi si faceva vedere da Risorto” (Vita 28,4).
Qui il testo integrale della prolusione di P. Aldino Cazzago.