di P. Marco Paolinelli ocd
Vi ho lasciati alle prime ore del 30 novembre, mio arrivo ad Ampasanimalo. I timori che mi hanno fatto testardamente chiamare e aspettare la nostra macchina da Ampasanimalo (cfr. Cronache precedenti) non erano ingiustificati: ho saputo poi che non molto tempo fa la Madre Generale di un Istituto di Suore era venuta in visita, che era partita dall’aeroporto in macchina (dell’Istituto stesso) nottetempo anche lei, e che la macchina, in un tratto in cui era costretta a rallentare, è stata circondata da sei o sette persone che hanno alleggerito la Madre di diverse migliaia di euro e di articoli vari dai suoi bagagli.
Vorrei presentarvi il convento in cui vivo: quella di Ampasanimalo è la casa di studentato, anzi ormai del filosofato, perché gli studenti di teologia ne sono stati separati. Attualmente ospita 24 studenti professi semplici, uno in Propedeutica, 22 distribuiti nei tre anni della Licence in filosofia (= baccalaureato canonico) e uno al primo anno del Master (durata due anni, per ottenere la licenza canonica in filosofia). I Padri sono 4, P. Cesare, il Superiore, poi P. Tsitohaina, P. Honoré ed io P. Marco. Gli studenti di teologia, 6 professi semplici e 4 ormai (15.1) professi solenni, si sono spostati nella nuova casa situata non lontanissimo, a monte del monastero delle Carmelitane, costruita su progetto di Andrea Piubeni; secondo l’idea iniziale, avrebbe dovuto essere affittata per assicurare entrate allo studentato, e poi invece è stata destinata ad ospitare il teologato; con gli studenti vi abita al momento P. Victor soltanto, dopo la partenza di P. Dominique per gli studi di spiritualità in Spagna; sembra però che un altro Padre sia in arrivo. In origine la casa di Ampasanimalo non era grande, e il terreno intorno era ed è piuttosto ristretto, ma il luogo era stato scelto perché in meno di un quarto d’ora a piedi si arriva al Seminario (ora Università Cattolica). La costruzione primitiva era ad un solo piano; poi, negli anni Novanta, quando io ero qui, è stato aggiunto un altro piano, e poi, nello stesso periodo, sotto la pressione del numero crescente di giovani in formazione, è stata costruita un’ala nuova, nuova Cappella grande, refettorio ampliato. Da ultimo, su impulso di P. Cesare, è stato costruito non molti anni fa un nuovo corpo, a livello del primo piano una grande sala, che non raramente ci viene richiesta per conferenza o altri ‘eventi’ (entrate); sotto la sala, il riparo per le macchine. Può bastare; aggiungo solo che nel convento c’è una biblioteca non disprezzabile (per quanto riguarda la teologia soprattutto), che deve molto a P. Gino Pizzuto.
Sabato 3 dicembre; sono ad Itaosy, ore 20.55; la corrente è sufficiente per la lampadina ma non per alimentare il computer (forse dico una sciocchezza, ma di queste cose non ne capisco gran che). Giù nella casa di preghiera le voci dei Neocat in riunione si sono acquietate, c’è un tamburo che non smette di suonare monotono in distanza, e penso sia meglio andare a dormire. La domenica, mi lasciano riposare dalle fatiche del viaggio e dell’ambientamento, e concelebro con P. Flavio, che sta predicando un ritiro, nella casa di preghiera S. Teresa, come sapete vicina alla casa di Noviziato.
I novizi, quest’anno, sono ben 12; ancora timorosi e impacciati, direi. P. Flavio sopperisce alla mancanza di richiami da parte degli altri Padri facendoli tremare, ogni tanto, con le sue reprimende, come le foglie del pioppo (Populus tremula, L.) – ma poi li rianima con le sue battute, e col suo malgascio fiorito. I Padri della comunità sono numerosi anche dopo la recente partenza di 3 di loro per continuare gli studi in Europa (Italia, Francia, Spagna); sono 8, ma gli impegni pastorali sono molti: due distretti, ciascuno con 5 comunità, l’Istituto Superiore, il Liceo, le scuole elementari e medie, il dispensario, e forse dimentico qualcosa. La casa di Itaosy è anche sede del Commissario, P. Flavio, che è spesso via perché sulle comunità che dipendono da lui (da La Réunion al Canada) non tramonta mai il sole, come una volta sull’impero di Carlo V. La vecchia casa di noviziato e l’edificio nuovo, contiguo, inaugurato tre anni fa, sono al completo; proprio in questi giorni vengono ultimate le rifiniture della nuova Casa del Commissariato, fiorita a più piani sul fondamento di quello che era una volta magazzino e rimessa.
Ad Itaosy viene subito a trovarmi Zaina, per farmi un rendiconto completo di tutte le nostre opere: le adozioni scolastiche nelle 4 scuole elementari (Anosikely, Manampisoa, Vonelina e Giovanni XXIII), nella scuola media (Giovanni XXIII), i 3 villaggi (o 4: Antsahamasina bassa e Antsahamasina alta, Antsahakely e Ambodivoanjo); rendiconto accompagnato da tavole delle spese minuziosissime, fatture, ricevute, e dal resto dei fondi lasciati o dal denaro della partecipazione delle famiglie alle spese scolastiche. Incontro poi personalmente 5 dei ragazzi/e che sosteniamo agli studi superiori (due ostetriche, un agronomo, un economista, un filosofo); ne mancano ancora almeno due.
Due altre visite mi fanno conoscere persone che bisognerà far entrare nel gruppo delle vedove/donne sole, che sono già più di cinquanta. La prima è una giovane mi pare priva totalmente di una gamba, mentre l’altra è solo un moncone; si muove per percorsi anche lunghi con due stampelle adattate, sorridente, accompagnata dalla figlia, una bellissima bambina di un anno e mezzo, che cammina con la scioltezza di un bambino grande. Per vivere fa la lavandaia, dice di aver messo da parte un po’ di soldi con i quali ha comprato dei mattoni: su un pezzetto di terra datole, se ho capito bene, dal comune, vuole costruire una sua casetta; è venuta per chiedere quanto le serve per il materiale restante: tre sacchi di cemento, legno e lamiere per il tetto; al lavoro di costruzione penseranno amici e vicini. Mi (ci) ha chiesto, accompagnando la domanda con tanto di preventivo spese, una somma equivalente a meno di cento euro; evidentemente gliel’abbiamo data; sono soldi suoi. L’altra visita è quella di una nonna, settantacinquenne, con la figlia abbastanza giovane, senza marito, e il nipotino; il marito della donna anziana, sugli ottanta, e assolutamente in grado di lavorare (è un’età ragguardevolissima per il Madagascar), le due donne vendono verdure al mercato, vanno a comprarle verso le 4 di mattina al mercato all’ingrosso dove arrivano i contadini con la merce, fanno parecchi chilometri a piedi con i cesti di verdure sulla testa, e le vendono in u ercato del distretto di Itaosy, centinaia e centinaia di metri di una strada stretta con ambulanti che offrono la loro merce a destra e a sinistra; è la strada che porta a Vonelina e a Manampisoa, dicono di avermi visto passare spesso. Una delle due è stata malata, hanno speso tutto per le cure e non hanno soldi per comprare la merce da rivendere; vedo che sono sincere, abbiamo aiutato anche loro a riprendere la loro attività. Ma quello che mi ha stupito è il bambino, M***. Straordinario! Sentite: come faccio sempre, mi informo se va a scuola, se studia ecc., così vengo a sapere che è in prima elementare; gli chiedo se è capace di scrivere il suo nome, lui e la madre rispondono di sì, allora gli do una matita e un foglio di carta. Comincia a scrivere tutto concentrato, io seguo il movimento della sua mano; prima fa una bella O, ma io so che il suo nome non comincia con O; comunque taccio, e lui fa una O un po’ schiacciata da un lato; comincio a pensare che non sappia scrivere affatto, ma poi scrive la terza lettera, e mi folgora un sospetto, un sospetto che, stupefatto, vedo confermato quando M*** traccia sul foglio le lettere mancanti. Mi mostra il frutto della sua fatica: ha scritto il suo nome benissimo, e ha scritto da sinistra verso destra, ma quello che ha scritto, il suo nome, va letto da destra a sinistra; è perfetto, le pance e le code delle lettere sono tutte perfette, ma si legge da destra a sinistra: come la scrittura di LEONARDO DA VINCI! [scopro poi che può essere segno di dislessia, ma che forse anche Leonardo, che era Leonardo, era dislessico].
Code mostruose ai Ministeri e ai vari Uffici competenti: tutti i documenti, carte d’identità, patenti, carte di residente per gli stranieri, devono essere trasformati in ‘biometrici’, anche se la scadenza del documento in possesso è ancora lontana. La cosa, non c’è bisogno di dirlo, viene a costare mica male; e poi, la prescritta trasformazione solo qui a Tana si può fare, da nessuna altra parte nel paese.
Non siamo ancora nel pieno della stagione calda, e al mattino la temperatura è gradevolmente fresca, ma di giorno arriva regolarmente a sfiorare i 30 gradi; le piogge continuano ad essere rare e avare, misero è il livello dei fiumi di Tana, e in molti posti il riso non si può piantare; i prossimi raccolti sono da prevedere scarsi. Altra conseguenza della mancanza di piogge, la mancanza d’acqua; a Tana le interruzioni dell’erogazione dell’acqua sono in questo periodo quotidiane e lunghe.
All’Università, ho solo ripreso uno dei corsi che era previsto dovessi tenere, perché ormai siamo già prossimi alla fine del primo semestre. Il mio lavoro adesso consiste quindi soprattutto nell’organizzare la chiusura del semestre, e nel preparare il prossimo (credete che sia poca cosa?). P. François, che è l’artista del Commissariato (ai tempi era venuto in Italia per frequentare l’Accademia di Brera, ma non si è ambientato ed è tornato qui quasi subito) è stato chiamato per allestire un grande presepio nel cortile interno dell‘Università.
Martedì 21, confessioni nella Parrocchia di S. Giuseppe lavoratore, tenuta dai Padri di don Orione: diverse migliaia di fedeli, tra 40 e 50 confessori; accoglienza generosissima, all’arrivo è offerta una merenda, dopo le confessioni una cena il cui momento forte, ormai da decenni, sono gli spaghetti alla carbonara, molto apprezzati anche dai nostri confratelli malgasci.
Mercoledì 22, confessioni nella nostra chiesa di Itaosy; partiamo da Ampasanimalo, P. Cesare ed io, alle 16.30, e arriviamo a Itaosy alle 18 (sono 8 km), possiamo dirci fortunati. Qui il numeri dei fedeli è minore, perché già da giorni si sono avute confessioni nelle diverse chiese del distretto; siamo solo una ventina di confessori. Dopo, la cena, come anche qui è consuetudine; consuetudine anche che i punti di forza della nostra cuoca siano la pizza e il gelato – non per niente i Padri fondatori sono italiani. P. Cesare torna ad Ampasanimalo, io resto ad Itaosy, perché per il giorno seguente ho dato diversi appuntamenti; l’Università per oggi dovrà fare a meno di me; del resto, i corsi sono terminati, da ieri siamo in vacanza. E poi – o letificante meraviglioso fenomeno! – qui ad Itaosy il rubinetto offre, generoso, acqua, mentre nella mia cella di Ampasanimalo è pura decorazione. Qualcosa però si sta muovendo anche ad Ampasanimalo; è arrivato proprio ieri un serbatoio di plastica da 3500 litri, dovrà essere installata una pompa che porterà l’acqua fino al secondo piano.
A colazione, arrivano splendidi mango di scorza vividamente rossa e gialla, turgidi di succo che cola al primo taglio; sono di quella varietà con polpa non fibrosa: se ne taglia una guancia, e si immerge il cucchiaino come per mangiare un budino; deliziosi! Sono un omaggio delle monache di Mahajanga ai loro confratelli; ne hanno centinaia di piante, e di questa specie pregiata. Dice P. Vincent che da metà settembre fino ad oggi i camion continuano a caricare mango nei loro frutteti.
Da un frutteto all’altro; preziose pianticelle di mango di Mahajanga sono state piantate, a centinaia, nel nuovo monastero di Morondava; non portano però ancora frutti, e le piante di papaya, che pure erano state doviziosamente piantate, non hanno retto e sono morte. Il frutteto di Morondava porta però altri frutti. L’ortolano è un uomo di circa trent’anni, con moglie e due figli; sono dell’etnia più numerosa della costa ovest del Madagascar, i Sakalava, che nell’Ottocento hanno ostinatamente resistito con le armi ai Merina, i quali dal centro dell’isola tendevano a unificare il Madagascar sotto la loro dinastia regnante. Come la maggioranza dei Sakalava, l’ortolano e la moglie sono pagani, ma al contatto con le monache si stanno preparando al battesimo e al matrimonio, mentre i loro figli sono già battezzati. P. Vincent era andato a predicare gli esercizi dalle monache di Morondava, e al ritorno ha portato l’ortolano fino a Tana, facendogli scoprire un mondo che non conosceva: non si era mai spinto oltre Mahabo, a circa 45 km all’interno di Morondava. La fascia costiera ovest è pianeggiante, piatta, e così per lui era fatto il mondo - piatto; il primo oggetto della stupefatta meraviglia del nostro ortolano pare siano state le salite, la strada che ad un certo momento abbandona l’onesta postura del piano per sollevarsi verso l’alto, inclinando il mondo; e poi quella strana cosa strabiliante che sono le montagne, per lui finora sempre nient’altro che una confusa striscia di colore bassa all’orizzonte, fino a che la guida della sua iniziazione, P. Vincent, non l’ha immerso nel caos della capitale; da restarci annichilito!
15 gennaio 2017. Lunghissima pausa di silenzio, è passato l’Avvento, è passato Natale, è arrivato l’anno nuovo. La colpa del silenzio è del lavoro in Università, ma voglio scrivere almeno qualche rigo e spedire subito, per non dare l’impressione di sparire del tutto. Ma sarò brevissimo, adesso che l’ambiente s’è un po’ acquietato; fino a un momento fa, dal cortile veniva lo strepito della festa di inizio d’anno della Jeunesse carmélitaine, mentre dalla tromba delle scale salivano i suoni di un esorcismo in Cappella. Allora:
Messa della notte e del giorno di Natale dalle monache; la Messa del giorno per la comunità degli italiani, che in realtà si è rivelata poco più di una famigliola di italiani.
31 dicembre: incontro mensile con il gruppo delle vedove, con foto finale, vedrò di spedirla.
31 dicembre sera: fine d’anno, grande rumorosissima festa qui nella casa di filosofato di Ampasanimalo, con la presenza anche degli studenti teologi e dei novizi, oltre che di diversi Padri dei vari conventi.
Giovedì 5: Nella notte, poco dopo l’una, in Convento ci ritroviamo quasi tutti nel corridoio; c’è stata una forte scossa di terremoto (5.5, si verrà a sapere, poi corretto in 5.9), molti non riusciranno a riprender sonno. Qui a Tana non mi risulta ci siano stati danni, grossi penso neanche nella zona dell’epicentro, verso Antsirabe, sui 250 km a sud di Tana.
Ad Antsahakely/Vonelina, nei locali della cooperativa, festa di inizio d’anno per tutti gli abitanti dei villaggi (sono venuti in 250 su poco meno di 400, molti hanno preferito non lasciare case o lavoro): S. Messa presieduta dal Parroco P. Augustin (io concelebravo), poi pranzo offerto da noi (noi Redemptoris Missio), riso abbondante con carne di porco grassissimo (non è una critica, è un pregio), e banane. Poi la festa, canti e danze offerte da gruppi dei diversi villaggi e diverse fasce di età (ho le registrazioni), e distribuzione finale di caramelle. Mi è parso che tutti fossero contenti. Una bella ocona in dono a ciascuno dei 2 Padri, e anche, a me, una bella camicia (non so cosa ci fosse nel pacco di P. Augustin). La sera, mentre tornava a casa che era già buio, tra un bus e l’altro, uno dei nostri studenti viene bloccato braccia e gambe da 4 ragazzotti: lo alleggeriscono di soldi (pochi), telefonino, chiavi e documenti. Negli stessi giorni, un pulmino in servizio pubblico tra Tana e Moramanga era stato assalito di notte dai banditi, è uscito fuori strada, sono morte due persone, vivi e morti sono stati derubati dei loro averi.
Venerdì 6: riprendono i corsi in Università, dopo le vacanze ma prima dell’Epifania, che qui si festeggia la domenica.
Sabato 7: 4 professioni solenni di nostri studenti nella chiesa di Tsiadana, la parrocchia che ci è affidata, qui vicino al Convento di Ampasanimalo. La mattina dopo, ordinazione diaconale di uno dei 4, nella Chiesa di Ambavahaditokana, distretto di Itaosy, per mano dell’Arcivescovo di Tana Mons. Odon. Ad entrambe le cerimonie, numerosissimi i Padri, venuti da tutte le comunità, anche perché il lunedì comincia il loro ritiro comune, a Itaosy. Sono venuti anche i due Padri malgasci della comunità di Morondava, ma P. Italo è rimasto laggiù.
Sabato 14: è arrivato a Itaosy dalla Casa Generalizia P. Jérôme, carmelitano congolese delegato generale delle missioni, che terrà con i Padri di qui una serie di incontri nella prossima settimana. Nel pomeriggio, incaricato da P. Flavio di fargli vedere qualcosa, vado con lui a visitare le scuole di Manampisoa e di Vonelina, ma approfitto dell’occasione per andare a controllare lo stato dei lavori nel villaggio di Ambodivoanjo: abbiamo fatto scavare un nuovo pozzo, nella zona più bassa del nostro terreno, e, vicino, una vasca dove vorremmo iniziare l’allevamento dei pesci; l’acqua del pozzo serve per la vasca, oltre che per irrigare gli orti. A proposito degli orti, devo dire che alcuni, non tutti, se la cavano proprio bene: le verzure verdeggiano (grazie ai pozzi, 2 ne esistevano già): il Padre congolese ha riconosciuto campi di arachidi, di patata americana, di manioca, di piselli di terra, oltre a mais, fagioli e multiformi insalate. Le risaie tutto attorno alle colline di Vonelina e di Manampisoa sono però una desolazione, solo un’estensione enorme di terra secca e screpolata; adesso si dovrebbe quasi raccogliere il riso, ma quest’anno non piove, non c’è acqua, e il riso qui non è stato seminato. Passando sul ponte che collega Itaosy al centro città si vede che il fiume non ha quasi più un corso continuo, l’acqua si raccoglie in tante pozze grandi e piccole appena comunicanti fra loro, alcune del tutto isolate. Non solo io, ma anche la gente di qui dice che non si è mai vista una cosa del genere. Molte persone stanno affacciate ai parapetti del ponte, a seguire le manovre di ragazzi (e adulti) che, numerosi, maka trondro, prendono il pesce rimasto intrappolato nelle pozze, alcuni con un telo, altri coi secchi, altri con le mani nude.
Mentre stavamo partendo da Ambodivoanjo, si era avvicinato a noi un giovane di Manampisoa, che era sempre stato fedelissimo alla Messa domenicale ma che da un po’ di tempo non vedevo più. Praticamente non ha gambe (sono cortissime e inutilizzabili, effetto penso di una poliomielite); si è rotta la sua carrozzella con cui lo portavano in chiesa, e adesso non si muove più da casa; ci chiede una carrozzella nuova.
Domenica 5 tranquilla; viene un certo numero di poveri a chiedere qualcosa; li conosco, ma mi sembrano più emaciati del solito, forse per il prezzo del riso che sale. Anche noi ci riforniamo; tornando con gli studenti, ne vedo uno che dal pulmino scarica un sacco di riso da 100 chili da solo, portandolo in spalla fino alla dispensa; gli chiedo se non sia un po’ pesante per una persona sola, e mi dice che quando aveva diciotto-vent’anni (adesso é sulla trentina) per più di un anno il suo lavoro è stato quello di trasportare dalle saline e caricare sui camion sacchi di sale da 150 chili – 7 giorni su 7.
Le prime pagine dei giornali di oggi (17 gennaio, S. Antonio Abate) dicono che se non verrà la pioggia tra quattro giorni Tana sarà senz’acqua; una città di più di due milioni di abitanti! Ci vuole Elia!