In alto era raffigurata la scena di Teresa inginocchiata ai piedi della Vergine che tiene sulle ginocchia il bambino Gesù nell’atto di donare una marea di rose alla Santa carmelitana. Tutte le figure sono poste sulle nuvole e circondate dal sole sullo sfondo, e la Carmelitana, che ha lo sguardo fisso verso gli occhi della Vergine che la guarda teneramente, riceve le rose con la mano sinistra e le sparge tendendo il braccio e lasciandole cadere sulla Piazza San Pietro, luogo della beatificazione ma anche simbolo della Chiesa universale che la invoca per ricevere le sue grazie, le grazie di Gesù attraverso di lei.
Questo Stendardo della Beatificazione del 1923, sul modello di un disegno di una giovane carmelitana del monastero di Lisieux, suor Maria dello Spirito Santo, che non aveva conosciuto personalmente Teresa, ha evidentemente influenzato quello della Canonizzazione del 1925, sul quale si vede Teresa in piedi che cammina sul globo terrestre tenendo con la mano sinistra il Crocifisso e delle rose mentre il braccio destro si tende a donare non solo la rosa tenuta nella mano ma anche le molte altre rose che stavano cadendo o erano già cadute sulla terra. L’opera, realizzata nel 1924, è di Celina, la sorella “artista” di Teresa, coadiuvata ancora da suor Maria dello Spirito Santo.
In realtà Celina aveva già tentato un approccio personale al tema nel 1921, in un disegno chiamato “Piccola apoteosi della beatificazione”: inginocchiata su una nuvola sospesa nell’aria, Teresa con le braccia incrociate sul petto guarda la luce discendere su di sé dal cielo mentre un angioletto le apre leggermente il mantello bianco dal quale escono rose che cadono in basso sul globo terrestre. Altri angioletti svolazzano nell’aere e due tengono il cartiglio «quia cum essem parvula placui Altissimo» («poiché essendo piccola piacqui all’Altissimo», testo tratto da un responsorio dell’Ufficio della Beata Vergine Maria), che riapparirà poi nello Stendardo della Beatificazione. Nella “Piccola apoteosi” altri angioletti ancora portano dei gigli della verginale purezza della Santa e la freccia dalla punta infuocata del suo amore ardente (evocazione della transverberazione di santa Teresa d’Avila) e, seppur disposti diversamente, questi angioletti riappariranno nello Stendardo della Canonizzazione con l’aggiunta di un altro recante una bandierina con la scritta «Deus charitas est», ma con il cambiamento significativo della scritta in latino «quia cum essem parvula placui altissimo» con una in francese: «Je reviendrai sur la terre pour faire aimer l’AMOUR» («Tornerò sulla terra per far amare l’AMORE»). In un bozzetto in bianco e nero di suor Maria dello Spirito Santo praticamente identico allo Stendardo della Canonizzazione la scritta è invece «Voie de l’enfance spirituelle» («Via dell’infanzia spirituale»). E questo ci dice che la pioggia di rose e la piccola via dell’infanzia spirituale hanno come scopo e contenuto di «far amare l’Amore» (cioè Gesù), espressione attribuita a Teresa nei suoi Ultimi colloqui ma ben attestata anche nei suoi scritti precedenti.
Nel Santuario di Santa Teresa del Bambino Gesù di Verona-Tombetta, proclamato tale comunque solo nel 1927, fin dall’inizio domina il tema della pioggia di rose. A partire dalla beatificazione nel 1923, nella chiesa avente allora solo il titolo della Santa Famiglia, si decide di dedicare la prima cappella a sinistra appena entrati alla nuova beata Teresa di Lisieux, ma per il momento si può erigere solo un altare di legno. Successivamente nel 1927 si edifica un altare in marmo bianco, l’attuale altare di Gesù Bambino di Praga nell’ultima cappella laterale a destra a fianco del presbiterio. All’inizio su questo altare trovava spazio una pala con un dipinto del veronese Francesco Perotti raffigurante Teresa in piedi su una nuvola che guarda verso i fedeli mentre con la mano sinistra tiene il Crocifisso attorniato da rose e con la mano destra getta altre rose sulla chiesa di Tombetta affiancata da fabbriche: probabilmente il paesaggio veronese com’era all’epoca intorno al Santuario. L’opera del pittore veronese si ispira evidentemente allo stendardo della Canonizzazione (1925). Sotto la mensa dell’altare era collocata la statua della Santa “che spira d’amore”, simile all’opera progettata dallo scultore padre Marie-Bernard (1923) per l’urna della Cappella della Santa nella chiesa del monastero di Lisieux. Le cappelle laterali del Santuario sono presto tutte identificate con una frase dedicatoria scritta sopra l’arco corrispondente, e per quella originariamente attribuita alla piccola Teresa si sceglie «pluviam rosarum effundam», «spargerò una pioggia di rose», che esprime il contenuto del quadro posto sull’altare.
Ben presto, in quegli anni ’30 del XX secolo, nel Santuario di Tombetta si realizzano le vetrate. Quelle della trifora centrale in alto nell’abside rappresentano la glorificazione di Teresa, con le due braccia tese a spargere rose, affiancata da due serafini per parte recanti ciascuno un cartiglio di una delle virtù che la caratterizzano (semplicità, amore, carità e umiltà) e con la scritta sottostante: «rosarum imbrem super terram e coelo effundam», «farò cadere dal cielo sulla terra una pioggia di rose». È la sola vetrata della chiesa, tra quelle originariamente poste, che si è “salvata”, mentre le altre andarono in frantumi in seguito alle vibrazioni prodotte dai bombardamenti della vicina stazione di Verona durante la Seconda Guerra mondiale.
In quegli anni ’20 e ’30 del XX secolo, anni di abbellimento del “nuovo” Santuario veronese dedicato alla “piccola santa”, i modelli di riferimento sono quindi quelli proposti dagli Stendardi della glorificazione di Teresa, che potremmo chiamare gli “Stendardi di rose”.
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