Cogliamo l'occasione anche per segnalare l'utile e agile presentazione del nostro santo fatta dal teologo Robert Cheaib, innamorato divulgatore della spiritualità carmelitana (qui; vi troviamo anche un ampio riferimento ed elogio della nuova edizione delle opere di Giovanni della Croce, pubblicata dalle nostre Edizioni OCD).
Dalla lettera apostolica Maestro della fede
14. Il Dottore mistico richiama oggi l’attenzione di molti credenti e non credenti per la descrizione che fa della notte oscura come esperienza tipicamente umana e cristiana. La nostra epoca ha vissuto momenti drammatici nei quali il silenzio o assenza di Dio, l’esperienza di calamità e sofferenze, come le guerre o lo stesso olocausto di tanti esseri innocenti, hanno fatto comprendere meglio questa espressione, dandole inoltre un carattere di esperienza collettiva, applicata alla realtà stessa della vita e non solo ad una fase del cammino spirituale. La dottrina del Santo è invocata oggi di fronte a questo mistero insondabile del dolore umano.
Mi riferisco a questo mondo specifico della sofferenza del quale ho parlato nella Esortazione Apostolica Salvifici doloris. Sofferenze fisiche, morali o spirituali, come la malattia, la piaga della fame, la guerra, l’ingiustizia, la solitudine, la mancanza del senso della vita, la stessa fragilità della esistenza umana, la coscienza dolorosa del peccato, la apparente assenza di Dio, sono per il credente una esperienza purificatrice che potrebbe chiamarsi notte oscura.
A questa esperienza Giovanni della Croce ha dato il nome simbolico ed evocatore di notte oscura, con un riferimento esplicito alla luce e oscurità del mistero della fede. Senza pretendere di dare all’angustioso problema della sofferenza una risposta di ordine speculativo, alla luce della Scrittura e della esperienza, va scoprendo e scegliendo qualche cosa della meravigliosa trasformazione che Dio porta a compimento nella oscurità, poiché “sa saggiamente e bellamente far nascere il bene dal male”. Si tratta, in definitiva, di vivere il mistero della morte e resurrezione in Cristo con tutta verità.
15. Il silenzio o assenza di Dio, come accusa o come semplice lamento, è un sentimento così spontaneo quando si sperimenta il dolore e la ingiustizia. Gli stessi che non attribuiscono a Dio la causa delle gioie, lo responsabilizzano spesso del dolore umano. In maniera differente, ma forse con maggiore profondità, il cristiano vive il tormento della perdita di Dio o del suo allontanamento da lui; perfino può sentirsi lanciato nelle tenebre dell’abisso.
Il Dottore della notte oscura porta in questa esperienza una amorosa pedagogia di Dio. Egli tace e a volte si nasconde perché già ha parlato e si è manifestato con sufficiente chiarezza. Perfino nella esperienza della sua assenza può comunicare fede, amore e speranza a chi si apre a Lui con umiltà e mansuetudine. Scrive il Santo: “L’anima indossava il bianco vestito della fede mentre usciva da questa notte oscura, allorché camminando . . . in mezzo a tenebre e angustie interiori . . . soffrì con perseveranza passando per quei travagli senza stancarsi e venir meno all’Amato, il quale nei travagli e nelle tribolazioni prova la fede della sua sposa, affinché essa possa dire con verità le parole di Davide: “Per le parole delle tue labbra io persevererò per aspri sentieri” (Sal 16, 4)”.
La pedagogia di Dio agisce in questo caso come espressione del suo amore e della sua misericordia. Restituisce all’uomo il senso della gratitudine, facendosi per lui dono liberamente accettato. Altre volte gli fa sentire tutta la portata del peccato, che è offesa a Lui, morte e vuoto dell’uomo. Lo educa anche a discernere sulla presenza o assenza divina: l’uomo non deve farsi guidare da sentimenti di gusto o disgusto, ma dalla fede e amore. Dio è ugualmente Padre amoroso, nelle ore della gioia e nei momenti del dolore.
16. Solo Gesù Cristo, Parola definitiva del Padre, può rivelare agli uomini il mistero del dolore e illuminare con i raggi della sua croce gloriosa le più tenebrose notti del cristiano. Giovanni della Croce, conseguente con le sue affermazioni intorno a Cristo, ci dice che Dio, dopo la rivelazione del suo Figlio, “è rimasto quasi come muto non avendo altro da dire”; il silenzio di Dio ha la sua più eloquente parola rivelatrice di amore nel Cristo crocifisso.