Saluto i partecipanti al congresso universitario che commemora il cinquantesimo anniversario della proclamazione di Santa Teresa di Gesù a Dottore della Chiesa.

L’espressione «donna eccezionale», che dà il titolo al vostro incontro, è stata usata da San Paolo VI [1]. Siamo davanti a una persona che era eccezionale sotto molti aspetti. Tuttavia non bisogna dimenticare che la sua riconosciuta rilevanza sotto tali aspetti non è altro che la conseguenza di ciò che per lei era importante: il suo incontro con il Signore, la sua «determinata determinazione» (determinada determinación), come dice lei, a perseverare nell’unione con Lui attraverso la preghiera (oración) [2], la sua ferma intenzione di svolgere la missione affidatale dal Signore, al quale si offre con semplicità dicendo, con quel linguaggio semplice e, si potrebbe anche dire, rustico: «Sono tua, sono nata per Te, / cosa vuoi fare di me?» [3]. Teresa di Gesù è eccezionale prima di tutto perché è santa. La sua docilità allo Spirito la unisce a Cristo e la rende «tutta infiammata dell’amore di Dio» [4]. Con belle parole esprime la sua esperienza dicendo: «Ormai mi sono consegnata e data tutta / e mi sono trasformata a tal punto / che il mio Amato è per me / e io sono per il mio Amato» [5]. Gesù aveva insegnato che «la bocca esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (Lc 6,45). L’audacia, la creatività e l’eccellenza di Santa Teresa come riformatrice sono il frutto della presenza interiore del Signore.

Diciamo che non viviamo in un’epoca di cambiamento, ma in un cambiamento d’epoca [6]. E in questo senso i nostri giorni hanno molte somiglianze con quelli del XVI secolo in cui visse la Santa. Come allora anche adesso noi cristiani siamo chiamati a far sì che, attraverso di noi, la forza dello Spirito Santo continui a rinnovare la faccia della terra (cfr. Sal 104,30 Vlg), nella certezza che in ultima analisi sono i santi che permettono al mondo di avanzare verso la sua meta definitiva.

È bene ricordare la chiamata universale alla santità di cui parlò il Concilio Vaticano II (cfr. LG 39-42). «Tutti i cristiani, qualunque sia il loro stato o condizione, sono chiamati alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione dell’amore. Questa santità favorisce, anche nella società terrena, un modo di vivere più umano. Per raggiungere questa perfezione, i credenti devono usare le loro forze, secondo la misura del dono di Cristo, […] per darsi totalmente alla gloria e al servizio del prossimo» (Lumen Gentium, n. 40). La santità non è solo per alcuni “specialisti del divino”, ma è la vocazione di tutti i credenti. L’unione con Cristo, che i mistici come Santa Teresa sperimentano in modo speciale per pura grazia, la riceviamo attraverso il Battesimo. I santi ci stimolano e motivano, ma non ci sono per essere copiati alla lettera, la santità non è da copiare, perché anche questo potrebbe portarci lontano dal cammino unico e diverso che il Signore ha per ognuno di noi. L’importante è che ogni credente discerna il proprio cammino [7]; ognuno di noi ha il suo cammino di santità, di incontro con il Signore.

Infatti Santa Teresa stessa avverte le sue monache che la preghiera (oración) non è per sperimentare cose straordinarie, ma per unirci a Cristo. E il segno che questa unione è reale sono le opere di carità. «A questo serve la preghiera (oración), figlie mie – dice nel Castello interiore –; a questo serve questo matrimonio spirituale: perché nascano sempre opere, opere» [8]. Già prima, nello stesso libro, aveva avvertito: «quando vedo anime molto diligenti nel comprendere la preghiera (oración) che hanno e molto concentrate (encapotadas) quando sono in essa, da sembrare che non osino agitare o muovere il pensiero perché non se ne vada via un pochino del gusto e della devozione che hanno avuto, mi rendo conto di quanto poco capiscano il modo in cui si ottiene l’unione, ed esse pensano che l’affare stia tutto lì. No, sorelle, no; opere vuole il Signore; e se vedi una malata alla quale puoi dare un po’ di sollievo, non preoccuparti di perdere quella devozione e abbi compassione di lei… questa è la vera unione con la sua volontà» [9]. Anche nel Castello interiore dice questo. Insomma, «ciò che misura la perfezione delle persone è il loro grado di carità, non la quantità di dati, conoscenze accumulate» [10], o altre cose del genere.

Santa Teresa ci insegna che il cammino che l’ha resa una donna eccezionale e un punto di riferimento attraverso i secoli, il cammino della preghiera (oración), è aperto a tutti coloro che si aprono umilmente all’azione dello Spirito nella loro vita, e che il segno che stiamo avanzando su questo cammino è l’essere sempre più umili, sempre più attenti alle necessità dei nostri fratelli, figli sempre migliori del santo popolo di Dio. Un tale cammino non è aperto a coloro che si considerano puri e perfetti, i catari di tutti i secoli, ma a coloro che, consapevoli dei loro peccati, scoprono la bellezza della misericordia di Dio, che accoglie tutti, redime tutti e tutti chiama alla sua amicizia. È interessante come la consapevolezza del proprio essere peccatori sia ciò che apre la porta al cammino della santità. Santa Teresa, che si considerava molto «vile e miserabile», come lei stessa si definisce, riconosce che la bontà di Dio «è più grande di tutti i mali che possiamo fare, e non si ricorda della nostra ingratitudine… Ricordatevi delle sue parole e vedete cosa ha fatto con me – dice –, che mi sono stancata io di offenderlo prima che Sua Maestà smettesse di perdonarmi». Prima ci stanchiamo noi di offendere Dio, di camminare per vie strane, che Dio di perdonarci. Lui mai si stanca di perdonare. Ci stanchiamo noi di chiedere perdono, e qui sta il pericolo. «Il Signore non si stanca mai di dare, e non si possono esaurire le sue misericordie. Non stanchiamoci noi di ricevere» [11] aprendo il cuore con umiltà. Uno dei suoi passi preferiti della Scrittura era il primo versetto del Salmo 89, e ne fece in un certo senso il motto della sua vita: «Canterò in eterno le misericordie del Signore». Questo “misericordiare” di Dio.

La preghiera (oración) ha fatto di Santa Teresa una donna eccezionale, una donna creativa e innovatrice. Dalla preghiera ha scoperto l’ideale di fraternità che ha voluto realizzare nei conventi da lei fondati: «qui tutte devono essere amiche, tutte si devono amare, tutte si devono voler bene, tutte si devono aiutare» [12]. E quando vedo i “bisticci” in qualche convento, all’interno di un convento, o i “bisticci” tra conventi, “io sono di qui”, “io sono di là”, “io la vedo così”, “io accetto questo dalla Chiesa, io non lo accetto”... Le povere suore hanno dimenticato la fondatrice, quello che ha insegnato loro. Nella preghiera ha riconosciuto di essere trattata come sposa e amica dal Cristo risorto. Attraverso la preghiera si è aperta alla speranza. E con questo pensiero voglio concludere questo saluto. Noi viviamo, come il dottore della Chiesa, in tempi duri, per niente facili, che hanno bisogno di amici fedeli di Dio, amici forti [13]. La grande tentazione è quella di cedere alla disillusione, alla rassegnazione, al funesto e infondato presagio che tutto andrà male. Un pessimismo sterile, un pessimismo di persone incapaci di dare vita. Alcune persone, spaventate da questi pensieri, tendono a chiudersi, a rifugiarsi in piccole cose. Ricordo l’esempio di un convento dove tutte le monache si rifugiavano in piccole cose. Il convento si chiamava di Santa… Non dirò di chi, ed era in una certa città, ma lo chiamavano il “Convento cosetta, cosetta, cosetta”, perché erano tutte chiuse in piccole cose, come rifugio, in progetti egoistici che non edificano la comunità, ma piuttosto la distruggono. Al contrario la preghiera ci apre, ci permette di gustare che Dio è grande, che è oltre l’orizzonte, che Dio è buono, che ci ama e che la storia non è sfuggita dalle sue mani. Può essere che camminiamo per strade buie (cfr. Sal 23,4), non abbiatene paura se il Signore è con voi, Egli non cessa di camminare accanto a noi e di condurci alla meta a cui tutti aneliamo: la vita eterna. Possiamo avere il coraggio di fare grandi cose, perché sappiamo di essere nel favore di Dio [14]. E insieme a Lui siamo capaci di affrontare qualsiasi sfida, perché in realtà è solo la sua compagnia che il nostro cuore desidera e che ci dà la pienezza e la gioia per cui siamo stati creati. Questo è stato riassunto dalla Santa in una nota preghiera che vi invito a pregare spesso:

Nada te turbe,
nada te espante;
todo se pasa,
Dios no se muda.
La paciencia
todo lo alcanza.
Quien a Dios tiene
nada le falta.
Sólo Dios basta.

Nulla ti turbi,
nulla ti spaventi,
tutto passa,
Dio non cambia.
La pazienza
tutto ottiene.
A chi ha Dio
nulla manca.
Solo Dio basta.

Che Gesù vi benedica, e che la Vergine e San Giuseppe vi accompagnino. E, per favore, non dimenticate di pregare per me. Grazie.

Note:

[1] Omelia per la Proclamazione di Santa Teresa di Gesù a Dottore della Chiesa (27 settembre 1970).

[2] Cfr. Cammino di perfezione (Codice di Valladolid) 21,2.

[3] Poesie 5 (la numerazione è citata secondo l’edizione di Editorial de Espiritualidad, Madrid 19944).

[4] Cfr. Vita 29,13.

[5] Poesie 2.

[6] Cfr. Discorso alla Curia Romana in occasione degli auguri natalizi (21 dicembre 2019).

[7] Cfr. Gaudete et exsultate 11.

[8] Castello interiore VII,4,6.

[9] Castello interiore V,3,11.

[10] Gaudete et exsultate 37.

[11] Vita 19,15.

[12] Cammino di perfezione (Codice di Valladolid) 4,7.

[13] Vita 15,5.

[14] Cfr. Vita 10,6: «è impossibile, secondo la nostra natura, a mio parere, che abbia il coraggio per cose grandi chi non capisce di essere nel favore di Dio».

(traduzione di P. Fabio Roana ocd)