Ed è a loro che si è rivolto ieri Papa Francesco, in un bellissimo discorso in cui rievoca la propria personale vocazione e che, per le preziose indicazioni che vi si trovano, si va ad aggiungere felicemente al suo "magistero a braccio": ne raccomandiamo senz'altro la lettura integrale.

Quel che considereremo ora, anche come anticipo di lettura, è il massiccio apporto del magistero carmelitano di cui il Papa si avvale nel parlare della vita religiosa a questi giovani consacrati, citando in poche righe i nostri Dottori della Chiesa: per ben tre volte S. Teresa di Gesù e due volte S. Teresa di Gesù Bambino. L'occasione viene offerta dalla domanda di Sara (che trascrive a sua volta la domanda di una suora di clausura), giovane consacrata che chiede al Santo Padre quali siano le trappole da evitare per non cadere nella mediocrità spirituale e non perdere la tensione iniziale della propria chiamata vocazionale. Il Papa risponde che a questo fine è essenziale mantenere una "capacità di sognare" che è l'esatto contrario di quella rigida osservanza cui si appigliano proprio coloro in cui scema lo slancio della vita religiosa.  “Dobbiamo fare questo…, stiamo tranquilli…, io osservo tutti i comandamenti che devo fare qui, le regole…, sono osservante…”. Ma quello che santa Teresa di Gesù diceva sull’osservanza rigida e strutturata, quello toglie la libertà. E quella era una donna libera! Tanto libera che è dovuta andare all’Inquisizione. C’è una libertà che viene dallo Spirito e c’è una libertà che viene dalla mondanità. Il Signore vi chiama – e ci chiama a tutti – a quello che Pierre ha chiamato “modo profetico” della libertà, cioè la libertà che va unita alla testimonianza e alla fedeltà. Una mamma che educa i figli nella rigidità - “si deve fare, si deve, si deve, si deve…” - e non lascia che i figli sognino, che abbiano i sogni e che non lascia i figli crescere, annulla il futuro creativo del figli. I figli saranno sterili. Anche la vita consacrata può essere sterile, quando non è proprio profetica; quando non si permette di sognare. Ma pensiamo a santa Teresa di Gesù Bambino: chiusa in un convento, anche con una priora non tanto facile; alcuni pensavano che la priora faceva le cose per disturbarla… Ma quella suorina di 16, 17, 18, 20, 21 anni sognava! Mai ha perso la capacità di sognare, mai ha perso gli orizzonti! Al punto che oggi è la Patrona delle missioni; è la Patrona degli orizzonti della Chiesa. E quello che santa Teresa chiamava “almas concertadas” è un pericolo. E’ un grande pericolo. Lei era una monaca di clausura, ma è andata per le strade di tutta la Spagna, facendo le fondazioni, i conventi. E mai ha perso la capacità di contemplazione. Profezia, capacità di sognare è il contrario della rigidità".

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Papa Francesco ha citato l'espressione "almas concertadas" (contenuta nel 1° cap., par. 7, delle terze mansioni del Castello interiore), non soltanto per la propria affinità con lo spagnolo di S. Teresa d'Avila, ma anche perché in italiano è un termine difficilmente traducibile, come osserva il nostro P. Antonio Maria Sicari, che a quest'espressione ha dedicato un intero capitoletto del suo libro Nel "Castello interiore" di Santa Teresa d'Avila (Jaca Book 2006): "l'espressione "almas concertadas" non ha un corrispettivo nella lingua italiana. Lo ha però nella sua forma negativa, quando si parla di "sconcerto", e di persone "sconcertate", per indicare esattamente quello che le persone descritte da Teresa vorrebbero ad ogni costo escludere dalla loro vita: sentirsi "sconcertate" dal modo di agire del Dio e del prossimo. La perfezione consiste, invece, nel cercare la propria "organizzazione" nell'assecondare il Disegno che Dio ha su ciascuno di noi (far sì che "el concerto de nuestra vida sea lo que su Majestad ordenare de ella" - 3M 2,6). Traduciamo perciò, "almas tan concertadas" con "anime così organizzate", per rendere il loro tentativo di tenere in mano le fila e gli "accordi" della propria vita".

Teresa di Gesù si dilunga alquanto nel descrivere minuziosamente la psicologia e lo stile di vita di queste almas concertadas in tutti e due i capitoli delle Terze mansioni, a cui rinviamo. Sono quelle persone che non sanno lasciarsi sommuovere, sconcertare dal Dio "delle sorprese", per usare un'altra espressione cara a papa Francesco o, per citare S. Paolo,  incapaci di comprendere che "la lettera uccide, lo Spirito invece dà la vita" (2Cor 3,6). E' interessante notare, seguendo il discorso del Papa, che questa morte non riguarda soltanto il percorso ascetico di alcuni consacrati irrigiditisi nell'osservanza e nello scrupolo, quali i censori di cui parlava Teresa nelle Terze mansioni o gli ipocriti del cap. 23 di Matteo cui rimanda il Papa, ma è qualcosa che può riguardare anche un'intera congregazione religiosa (e quindi ogni comunità ecclesiale, fino ai singoli fedeli laici): sono sempre le almas concertadasprosegue il Papa, a dire farisaicamente, "Ti ringrazio Signore perché non sono come quella suora, come quel fratello, come quello là…. Ti ringrazio Signore perché la mia Congregazione è proprio cattolica, osservante, e non come quella Congregazione che va di là, e quella di là e di là…".

Inoltre, è bene sottolineare che nel contesto del discorso il Papa evita accuratamente che le sue parole possano essere intese in senso anarcoide o anti-istituzionale: la meta da raggiungere è "una libertà che va unita alla testimonianza e alla fedeltà", per una "cultura del definitivo" da contrapporre con eroismo alla provvisorietà di scelte religiose senza spina dorsale (e come non ricordare, del resto, i numerosi richiami fatti dal Papa nei suoi discorsi all'obbedienza alla "Santa Madre Chiesa Gerarchica"?). E nel fare questa precisazione Francesco ricorre nuovamente a S. Teresa di Gesù Bambino, citata poco dopo: "lei diceva che si deve pregare per quelli che stanno per morire, perché là c’è proprio il momento di maggior instabilità, in cui le tentazioni vengono con forza. Culturalmente è vero, noi viviamo un tempo molto, molto instabile, e anche un tempo che sembra essere “un pezzo di tempo”: noi viviamo la cultura del provvisorio. Mi diceva un vescovo - un anno fa o due anni fa, più o meno – che è andato da lui un bravo giovane, un bravo ragazzo, un professionista, che voleva farsi prete, ma soltanto per dieci anni: ”poi vedremo…”. Ma questo succede, accade: la nostra cultura è del provvisorio. Anche nei matrimoni: “Sì, sì, noi ci sposiamo! Finché l’amore dura… quando l’amore se ne va, ciao ciao: tu a casa tua, io a casa mia”. E questa cultura del provvisorio è entrata nella Chiesa, è entrata nelle comunità religiose, è entrata nelle famiglie, nel matrimonio… La cultura del definitivo: Dio ha inviato il Suo Figlio per sempre! Non provvisoriamente, ad una generazione o ad un Paese: a tutti. A tutti e per sempre. E questo è un criterio di discernimento spirituale. Io sono nella cultura del provvisorio? Ad esempio, per non disgregarsi, prendere anche impegni definitivi".

In questo caso la citazione di S. Teresa di Lisieux si ricollega alle struggenti parole della monaca ventiquattrenne, sul letto di morte, tramandateci dalle sue consorelle negli Ultimi colloqui, in data 25 agosto (ma vedi anche 8 luglio, 29 settembre, e Ultime parole a Celina - Settembre,3): "Ci scongiurava di pregare e di far pregare per lei...Oh! quanto bisogna pregare per gli agonizzanti! Se si sapesse! Credo che il demonio abbia chiesto al buon Dio il permesso di tentarmi con una sofferenza estrema, per farmi mancare di pazienza e di fede. E' a Suor Maria del Sacro Cuore che ella ha parlato dell'inno di Compieta, a proposito delle tentazioni dello spirito delle tenebre e dei fantasmi della notte". Anche a questo riguardo è molto interessante, e audace, il cambiamento di visuale che opera il Santo Padre, da una prospettiva di cammino individuale alle problematiche spirituali di un'epoca e di una comunità: come S. Teresina ha potuto lottare e vincere contro le tentazioni nella sua notte della fede (in cui fra lei e Dio le sembrava ci fosse "un muro che sale fino al cielo") così i consacrati possono lottare e vincere le tentazioni di quest'epoca in cui la fede sembra agonizzare sotto i colpi di un secolarismo interno ed esterno alla Chiesa. Sull'esempio di Cristo che, "entrato nella lotta (Lc 22,44: "nell'agonia"), pregava più intensamente". Questo è precisamente l'agone che come consacrati ci aspetta oggi; e in cui, sembra suggerire il Papa, i santi del Carmelo possono essere i più strenui alleati. 

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