edith stein giovaneEdith Stein allora aveva 42 anni e da 11 si era convertita al cattolicesimo dall’ateismo, dopo che aveva letto per caso e d’un fiato Il libro della mia vita di S. Teresa d’Ávila: “Quando chiusi il libro, dissi a me stessa: questa è la Verità”. Verità che per decenni aveva cercato, senza riuscirci, nelle più severe disamine filosofiche, a Gottinga, come allieva prediletta del grande fenomenologo E. Husserl. Ma ora, alla luce della fede, aveva continuato la sua ricerca filosofica, ed era diventata una docente e conferenziera rinomata in tutta Europa, specialmente per i suoi incontri sulla promozione della donna. Cresciuta in una famiglia ebrea rigidamente praticante, dopo aver voltato le spalle a questo retroterra mai si era riscoperta tanto ebrea da quando era diventata cattolica: “Lei non sa cosa significhi per me essere figlia del popolo eletto, e appartenere a Cristo non soltanto spiritualmente ma anche nella parentela del sangue”, scrisse in una lettera a un padre gesuita. Tanto ebrea da finire anch’essa nel mirino della folli politiche ariane, per le quali avrebbe dovuto rinunciare alla sua docenza pubblica. Ma questo era solo l’inizio degli orrori e dei soprusi che ci sarebbero stati negli anni seguenti. Prevedendoli con profetica lucidità, ora che Hitler poteva governare incontrastato in Germania, decise di scrivere una lettera a Papa Pio XI, che qui riportiamo:

12 aprile 1933

Padre Santo!
Quale figlia del popolo ebraico, che per grazia di Dio è da 11 anni figlia della Chiesa cattolica, oso esprimere al padre della cristianità quanto preoccupa milioni di tedeschi, avvenimenti che parlano disprezzando ogni giustizia e umanità, per non parlare dell'amore del prossimo. Per anni i capi del nazionalsocialismo hanno predicato l'odio contro gli ebrei. Ora che hanno il potere nelle loro mani e hanno armato i loro seguaci - tra cui noti elementi criminali -raccolgono il frutto dell'odio seminato. Le defezioni fino a poco tempo fa venivano ammesse. In quale numero è impossibile farsene un'idea, perché l'opinione pubblica è imbavagliata. Da quanto posso giudicare io, in base ai miei rapporti personali, non si tratta per nulla di casi isolati. Sotto la pressione di voci provenienti dall'estero, il governo è passato a metodi più «miti» e ha dato l'ordine «che a nessun ebreo venga torto un capello». Con il suo boicottaggio però - che toglie alle persone l'attività economica, la dignità di cittadini e la patria - ha indotto molti alla disperazione: nelle ultime settimane, attraverso notizie private, sono venuta a conoscenza di ben 5 casi di suicidio. Sono convinta che si tratti di un fenomeno generale che provocherà molte altre vittime. Si può ritenere che gli infelici non avessero abbastanza forza interiore per sopportare il loro destino. La responsabilità però in gran parte ricade su coloro che li hanno spinti a tale gesto. Ricade anche su coloro che tacciono. Tutto quanto è accaduto e quanto, quotidianamente, accade, proviene da un governo che si definisce «cristiano». Non solo gli ebrei ma anche migliaia di fedeli cattolici in Germania - e, ritengo, in tutto il mondo - da settimane aspettano e sperano che la Chiesa di Cristo alzi la sua voce per arrestare tale abuso del nome di Cristo. L'idolatria della razza e dei potere dello Stato, con cui la radio martella quotidianmente le masse, non è un'aperta eresia? La lotta di sterminio contro il sangue ebraico non è un oltraggio alla santissima Umanità del nostro Salvatore, della Beatissima Vergine e degli Apostoli? Non è in assoluto contrasto cori il comportamento del nostro Signore e Redentore, che anche sulla croce pregava per i suoi persecutori? E non è una macchia nera nella cronaca di questo Anno Santo, che sarebbe dovuto diventare l'anno della pace e della riconciliazione? Noi tutti, che siamo figli fedeli della Chiesa e osserviamo gli eventi in Germania con occhi aperti, temiamo il peggio per la considerazione della Chiesa, se il silenzio si prolunga ulteriormente. Siamo anche convinti che questo silenzio non può alla lunga comprare la pace dall'attuale governo tedesco. La lotta contro il Cattolicesimo si svolge in sordina e con sistemi meno brutali che contro l'Ebraismo, ma non meno sistematicamente. Non passerà molto tempo e nessun cattolico potrà più avere un impiego, a meno che non si sottometta, senza condizioni, al nuovo corso.
Ai piedi di Vostra Santità, chiedendo la benedizione apostolica[1].

pioxiEdith ricevette come risposta dal Santo Padre la benedizione impartita per sé e per la propria famiglia, ma non altro. Eppure tutto quanto aveva scritto si sarebbe realizzato puntualmente. La Santa Sede, in buona fede, avrebbe firmato di lì a pochi mesi (luglio 1933) un concordato con lo Stato Tedesco, come male minore, nella speranza di poter così disporre di uno strumento giuridico per arginare eventuali prevaricazioni e abusi di potere contro le varie iniziative educative, sociali e caritative della Chiesa, anche in difesa degli ebrei. Ma non sarebbe servito a nulla, e finanche l’associazionismo cattolico sarebbe presto stato messo alla gogna, mentre l’idolatria della razza e del Reich si sarebbe sempre più affermata come “nuovo corso” a cui pure i cattolici avrebbero dovuto aderire. Ma questo sarebbe stato troppo, e Pio XI decise che era giunto il momento di tuonare contro l’ideologia nazista ("provocante neopaganesimo") nell’enciclica Mit brennender Sorge del 1937. Per Hitler fu un vero schiaffo morale. “In Cristo siamo tutti discendenti di Abramo. L’antisemitismo per un cristiano è inammissibile: spiritualmente siamo tutti semiti” avrebbe aggiunto in un discorso del 1938[2]. Nel contempo aveva avviato la stesura di una enciclica di condanna dell’antisemitismo, ma la morte sopraggiunta agli inizi del 1939 ne avrebbe bloccato l’ultimazione.

Intanto Edith Stein, poco dopo aver scritto al Papa, era entrata come monaca nel Carmelo di Colonia. Era ciò che aveva desiderato sin dalla sua conversione, ma ne era stata trattenuta dal suo direttore spirituale. Ora nel Carmelo avrebbe continuato, con ben altre armi, la sua resistenza al male che vedeva avanzare: “Non l’attività umana può aiutarci, ma la passione di Cristo. Esserne parte è il mio desiderio”. Non certo per vezzo, quindi, il suo nome religioso divenne Teresa Benedetta della Croce. Allo stesso anno del suo ingresso nel Carmelo risalgono queste parole: “Mi Rivolsi al Redentore e gli dissi che sapevo bene come fosse la sua Croce che veniva imposta in quel momento sulle spalle del popolo ebraico. La maggior parte di esso non lo comprendeva; ma quelli che avevano la grazia di intenderlo avrebbero dovuto accettarla con pienezza di volontà, a nome di tutti. Mi sentivo pronta e domandavo soltanto al Signore che mi facesse vedere come dovevo farlo”[3].

Nel 1939 si offrì spiritualmente come vittima di espiazione per il suo popolo[4]; ma proprio allora le sue superiore la trasferirono nel Carmelo di Echt, in Olanda, per sottrarla ai rastrellamenti dei nazisti.  Tuttavia questi sarebbero arrivati ben presto a bussare anche alle porte del Carmelo olandese (normalmente gli ebrei convertiti al cattolicesimo venivano risparmiati, ma da quando i vescovi olandesi avevano pubblicamente condannato le deportazioni naziste, per rappresaglia vennero organizzate più violente persecuzioni contro gli stessi cattolici). Nel lasciare il monastero Edith prese sua sorella per mano, anche lei rifugiata a Echt, e disse soltanto: “Vieni, andiamo per il nostro popolo”.
Sarebbe morta nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1942.
Negli anni 1998-99, Papa Giovanni Paolo II l’ha proclamata santa, martire, patrona d’Europa.


[1] Abbiamo riportato la traduzione di C. Dobner presente in E. Stein, Nel castello dell’anima. Pagine spirituali, Edizioni OCD, Roma 2004, p. 201s.
[2] Discorso ai pellegrini belgi, riportato per espresso ordine del Papa in "La Libre Belgique", 14 settembre 1938.
[3] E. Stein, Sui sentieri della verità. Antologia a cura del Carmelo di Milano, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo 1991, p. 79.

[4] Cf. “Testamento spirituale” e “Voto dell’agosto 1939”, in E. Stein, Nel Castello dell’anima, cit., p. 407s.