Nel guidare l’incontro, P. Fabio Pistillo, Gabriella Trevisan e Francesca Bianchi hanno proposto ai partecipanti un percorso interdisciplinare, dove la storia della pittura, dell’architettura, della città, la teologia, la spiritualità mistica, la botanica potessero concorrere ad offrire una comprensione nuova e stimolante del sito, capace di superare letture superficiali, turistiche e datate, per far emergere la matrice teologica e carmelitana, che innerva tanto il programma iconografico della chiesa, quanto la costruzione mistico-simbolica dello spazio del brolo.
In un simile contesto, così pregnante di significato, l’itinerario dischiuso al visitatore diviene una via pulchritudinis e una via veritatis, capace di elevare l’anima e condurla alla sorgente di ogni bellezza e di ogni verità. Un’opera d’arte cristiana, infatti, può essere pienamente recepita e capita solo se letta in rapporto a quell’esperienza di fede da cui è scaturita, da cui è stata alimentata nel corso dei secoli e alla quale ancor oggi si offre, perché l’analfabetismo biblico, scritturistico e teologico conduce al grave rischio di anestetizzare la capacità di comprensione dell’arte stessa (Lettera agli artisti, Giovanni Paolo II, 1999). Alla luce di una tale esigenza, l’incontro di venerdì 19 gennaio ha offerto ai partecipanti una serie di contenuti di matrice carmelitana, affinché costoro possano tornare con piccoli gruppi di visitatori e condurre in modo autonomo delle visite alla chiesa e al brolo, valorizzandoli nella loro ricchezza storico-artistica e nella loro peculiarità teologica e spirituale.
La visita al brolo
L’incontro di formazione ha avuto inizio nell’antico brolo che appare oggi, così avulso dalla frenesia turistica e spesso congestionata della città, come un luogo intimo e appartato, dove la bellezza della natura incontra l’operosità dell’uomo e la spiritualità del Carmelo. Ciascuna delle sette aiuole, in cui è diviso il giardino, simboleggia una stanza delle sette dimore del Castello interiore di Santa Teresa d’Avila, madre della famiglia scalza. Ogni aiuola rievoca, infatti, un tema caro alla spiritualità della santa spagnola: al prato erboso è associata la pienezza di vita; all’“orto dei semplici”, dove vengono coltivate le erbe medicinali utili per la depurazione dell’organismo, si lega il significato mistico della purificazione dell’amore. L’orto alimentare, nella terza aiuola, esprime la sinergia tra l’uomo e la natura, affinché la terra dia nutrimento di vita. Il vigneto richiama il vino eucaristico, in cui Cristo si rende realmente presente, come pure l’immagine evangelica della comunione profonda di vita tra Gesù-vite e i discepoli-tralci. Il frutteto manifesta la generosità della terra, ricordando la generosità del Creatore e sollecitando ad accogliere l’invito di Gesù al giovane ricco, ripreso da santa Teresa nelle terze dimore del Castello, a lasciare ogni bene per l’unico sommo Bene. Nelle ultime due aiuole, l’orto degli ulivi rievoca l’amicizia di Gesù con gli apostoli e con ogni uomo, mentre il boschetto, composto da alberi che richiamano la passione di Gesù, allude all’invito misericordioso ad entrare nel castello interiore della propria esistenza.
La visita alla chiesa
Dopo la visita al brolo, l’incontro di formazione è proseguito negli spazi della chiesa, dove Gabriella Trevisan ha proposto un percorso originale e inedito, capace di far emergere in che modo la storia e la spiritualità dei carmelitani Scalzi abbiano orientato le scelte iconografiche ed espressive delle opere d'arte. Significative, in tal senso, la titolazione e l'ordine delle cappelle, con all’ingresso l'esaltazione del fondatore dell'ordine maschile, san Giovanni della Croce, e al centro, come richiamo all'origine di tutta l'esperienza scalza, l'estasi di santa Teresa, situata esattamente di fronte alla cappella della Sacra Famiglia, a ricordare il profondo legame della mistica con l'esperienza di fede vissuta nella quotidianità dalla famiglia di Nazareth. È stato commovente scoprire un'intensa proposta spirituale in alcuni dettagli iconografici, come lo sguardo di san Giovanni significativamente puntato sulla croce, cardine della sua esperienza mistica; o il chiodo della croce tenuto dall'angelo a fianco dell'estasi di santa Teresa, a sottolineare la natura sponsale dell'evento; per finire sull'altar maggiore, sublime celebrazione della Vergine Maria come Immacolata, Tempio santo di Dio, dimora eletta da Lui per abbracciare l’umanità.
Le mille virtù salutistiche dell’Acqua dei frati
L’incontro si è concluso nello spazio del negozio, dove Francesca Bianchi ha illustrato la storia e le virtù terapeutiche del più antico e popolare preparato fitoterapico della tradizione veneziana, l’Acqua di Melissa, che i frati scalzi producono da tre secoli, in perfetta fedeltà alla ricetta antica, risalente all’inizio del Settecento. In questa occasione, si è cercato di mettere in luce un aspetto meno conosciuto, ma alquanto interessante e prezioso, dell’Acqua di Melissa. Come i più recenti studi scientifici evidenziano, nella composizione del prodotto si riscontra un’alta concentrazione di flavonoidi, molecole antiossidanti che contrastano l’azione negativa esercitata dai radicali liberi sul nostro organismo, causando l’invecchiamento cellulare e l’insorgenza di molte malattie e forme tumorali. In virtù della sua ricchezza di flavonoidi, l’Acqua di Melissa può essere assunta non solo in forma curativa da soggetti che necessitano un rimedio ansiolitico, digestivo, carminativo, antinfiammatorio, ma anche in chiave preventiva da chiunque desideri beneficiare delle proprietà antiossidanti e migliorare la salute generale dell’organismo. Benché il luogo attuale di produzione e confezionamento sia Verona, l’Acqua di Melissa è e sempre resterà il rimedio terapeutico per eccellenza della tradizione veneziana, perché Venezia, che ne ha visto la nascita, non ha mai smesso di amarla, apprezzarla, richiederla ai frati e, anche attraverso piccole iniziative come l’incontro del 19 gennaio, farla conoscere a tutti.
(Francesca Bianchi e Gabriella Trevisan)