Per ora la Corte costituzionale non ha pubblicato la sentenza e le motivazioni, ma solo un comunicato stampa in cui è tra l’altro poco chiaro che forma di aiuto al suicidio sia stato depenalizzato, perché al di là di indicare sommariamente alcune condizioni necessarie da parte del malato richiedente l’aiuto al suicidio, il comunicato non dice “chi fa cosa e come” per aiutarlo (a parte il riferimento generico alla verifica delle condizioni e dell’esecuzione da parte del Servizio Sanitario Nazionale).
La vera dignità e la vera libertà dei malati
Per rispettare veramente la persona umana sofferente e i suoi diritti, anche quando chiede di essere aiutata a morire, la strada è sempre “eticamente” una sola: curarla, evitare l’accanimento terapeutico accompagnandola nel suo cammino di vita fino all’ultimo momento, alleviando ogni forma di sofferenza con le cure palliative che, compiute adeguatamente, offrono anche relazioni umane che non lasciano soli nel dolore e donano una nuova speranza e libertà per vivere la vita fino alla fine, fino alla morte naturale, con tutta la dignità umana che si sente riconosciuta e tutelata dagli altri.
Essere aiutati a morire non è certo un diritto e non salvaguarda né la libertà né la dignità della persona, anzi, getta un’ombra sulla dignità dei malati, in particolare di quanti non chiedono di morire e che possono essere considerati per questo “un peso che non vuole togliere il disturbo”. Lo ha ricordato ancora papa Francesco anche in questi giorni.
Leggi e sentenze che “tolgono” dignità ai malati
A nostro avviso gli ultimi interventi legislativi e giudiziari stanno “togliendo” dignità ai malati e a chi soffre. Ci riferiamo alla legge sulle “Disposizioni anticipate di trattamento” del 2017 che ha introdotto di fatto l’autodeterminazione “assoluta” del paziente anche rispetto a cure proporzionate ed eticamente adeguate, qualificando terapia ciò che terapia non è (alimentazione e idratazione), e per questo è stata il primo passo (inconsapevole?) verso l’eutanasia. Ci riferiamo poi agli ultimi interventi della Corte costituzionale sulle questioni di aiuto al suicidio, la quale di fatto interpreta in modo univoco la legge del 2017 (e di fatto anche alcuni articoli della Costituzione).
Corte Costituzionale e Parlamento: sono stati rispettati i ruoli?
Che gli ultimi interventi della Corte costituzionale appaiano poi come un’invasione del potere giudiziario nella politica (come sostengono anche alcuni esperti di diritto costituzionale) è evidente. Se la Corte ha dichiarato l’anno scorso che è compito del Parlamento legiferare per evitare un vuoto legislativo, perché essa si arroga il diritto di sostituire il Parlamento in questo compito? La Corte ha dichiarato poi nel comunicato stampa di aver pronunciato la sentenza del 25 settembre sulla base dell’ordinamento vigente (non poteva già farlo un anno fa allora? e dov’è il vuoto legislativo?) e continua a chiedere al Parlamento una legge, imponendo già il suo contenuto attraverso le sue decisioni. Inoltre pochi giorni fa, il 18 settembre, si è diffusa la falsa notizia che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella abbia telefonato al presidente della Corte Costituzionale per chiedere di concedere più tempo al Parlamento per legiferare. Il Quirinale in un comunicato ha smentito il fatto e ricordato che Mattarella è «da sempre attento alla distinzione dei ruoli e all’assoluto rispetto dell’indipendenza della Corte Costituzionale». Evidentemente, la stessa cosa dovrebbe valere per la Corte Costituzionale nei confronti del Parlamento, rispettando l’indipendenza e i ruoli di quest’ultimo. Il Quirinale ha dato il pronunciamento più corretto. Che non è stato ascoltato.