Medici, giudici, e ora anche poliziotti presenti in forza impediscono il trasferimento chiesto dal padre e dalla madre, i quali addirittura dichiarano che l’ospedale in cui ora è Alfie non li ha mai adeguatamente informati e chiesto loro il consenso alle terapie alle quali loro figlio è stato sottoposto. Terapie che avevano come scopo solo di sedare il bambino per addormentarlo o per evitare che sentisse dolore senza cercare né la diagnosi della malattia da cui Alfie è affetto, né una pista per contrastarla sostenendo la vita del piccolo, poiché secondo i medici inglesi non ha senso che la sua vita continui in queste condizioni.

Al di là di ciò che sembra, il nostro parere è che non ci si stia “scontrando” (solo) su modi diversi di considerare le cure e l’accanimento terapeutico, né su diverse maniere di accostarsi ai malati, né su varie forme di percepire la dignità umana e né sulla visione di cosa sia essere “uomo”. Al fondo ci si sta scontrando su cosa significhi essere “figlio”. È a partire da qui che si ha una percezione diversa del curare il corpo del figlio, di prendersi cura della sua vita e di rispettare la sua relazione con i genitori. I medici, i giudici e i poliziotti inglesi stanno “dicendo” al mondo che Alfie non è più figlio! Per questo possono decidere “tutto” per Alfie, decidere di prendersi cura del suo corpo malato o no, decidere della sua vita o della sua morte, di considerare la relazione filiale con i suoi genitori o di usurparla. Scusatemi la domanda: in nome di quale autorità si sta facendo questo? Ci pare l’autorità dispotica di uno Stato “paternalista” (e “maternalista”). Ma non si chiedeva la fine del paternalismo dei medici? Chi chiedeva ciò non sta invece imponendo adesso un nuovo paternalismo (peggiore) in maniera dispotica?

Il padre di Alfie ha incontrato papa Francesco, che più volte si è espresso sul rispetto della vita anche su questo caso. Ma a meno di una sorprendente sentenza della Corte suprema inglese che sovverta le disposizioni stabilite precedentemente da altri giudici e che permetta in extremis il trasferimento del piccolo in un altro ospedale, riconoscendogli così il suo diritto di figlio, Alfie morirà in seguito all’interruzione – da parte dei medici dell’ospedale di Liverpool – delle cure e all’arresto degli strumenti tecnici che lo aiutano a continuare a vivere.

Pubblicato in Gente veneta, anno XLIV, n. 16 (20 aprile 2018) p. 3.