Il fatto che i casi che questo ospedaleammette per applicare l’eutanasia riguardino malati psichici non in fase terminale, seppur grave e ancor più odioso (per il fatto che riguarda persone incapaci di prendere tali decisioni e per questo più dipendenti da chi se ne prende cura), non è che un aspetto secondario della questione. L’eutanasia non va applicata in nessun caso, è la linea del Superiore generale, dei vescovi e del Vaticano, e di papa Francesco in primis. È l’insegnamento del Vangelo di Gesù Cristo e della dottrina cattolica, ed è la verità che abita nel cuore di ogni uomo.
Ma niente da fare… il comitato dell’ospedale non recede, anzi, si giustifica dicendo che l’eutanasia è un atto medicale, che deve essere lasciata ai medici libertà di coscienza nel praticarla e che non ritiene il fatto contrario al pensiero cristiano e alla dottrina cattolica perché delimitata da condizioni precise riguardanti il dolore inarrestabile anche dopo l’impiego di diverse terapie e farmaci. Cioè si ritiene che l’eutanasia sia l’ultima soluzione per eliminare il dolore quando non ci si è riusciti con altri mezzi. Sembrerebbe giusto… se non fosse che…
L’eutanasia non è un atto medicale ma un omicidio, e anche fosse mosso da “compassione” e compiuto su richiesta “del consenziente”, sempre omicidio rimane, pure se la legge lo depenalizzasse o non lo considerasse tale, come avviene in Belgio dal 2002. L’errore sta nel voler cambiare il senso del gesto, ma soprattutto nel considerarlo in continuità con le cure amorevoli e mediche che fino ad allora si sono prodigate ai malati psichici (o a chiunque altro). Con la pretesa di poter chiamare, solo perché così si vuole, medicina e compassione – che fino a poco prima dell’eutanasia sono state davvero vissute – un gesto di segno totalmente contrario, mascherandolo di bontà in forza della semplice “vicinanza” (dal punto di vista temporale e delle persone coinvolte nello stesso contesto) con altri gesti invece veramente terapeutici e caritativi. Che sia poi la persona stessa del medico a dare la morte quando poco prima aveva dispensatogesti d’amore e di vita per alleviare le sofferenze e per accompagnare il malato non lasciandolo solo, lascia allibiti… ed impauriti… di quale medico ci si potrà fidare?
C’è un’altra cosa che vorremmo dire sulla vicenda. Perché quest’ostinazione da parte del comitato dell’ospedale nel non retrocedere dalla propria decisione? Perché andar fiero di voler tener testa a Superiori generali, vescovi e papi? Voler far apparire lecito applicare l’eutanasia almeno in certi casi estremi riteniamo sia una strategia per aprire la breccia che si allargherà poi a molti altri casi… La tattica insomma è quella di ottenere il consenso dell’opinione pubblica facendosi passare come “vittime” ingiustamente accusate da una nuova Inquisizione cattolica che “non capisce” la sofferenza umana e non ha compassione dei malati (speriamo che il Vaticano sia accorto e prudente nello sbrogliare l’inghippo ed evitare il tranello!). Ma se questi medici fanno i “teatranti” per conquistarsi il pubblico e gli “strateghi” per affermare la loro ideologia, a quali medici ci si potrà affidare?
Per fortuna abbiamo speranza… il Superiore generale della congregazione religiosa dei “Fratelli della Carità di Gand”, René Stockman, è un medico che ha esercitato la sua professione per anni prendendosi cura dei malati psichici. Ed evidentemente sta continuando a farlo, insieme a molti altri, chiedendo ripetutamente che nei “suoi” ospedali non si pratichi mai l’eutanasia. «Grazie», sentiamo di dirgli. E Deo gratias per persone così.