Com’è nata la tua vocazione?
La mia vocazione è nata con un travaglio sofferto. Dopo lungo errare esistenziale e intellettuale, e dopo una prima conversione vissuta in solitudine, in una ricerca della verità che mi ha portato alla fede e alla Chiesa anche grazie a Maria, c’è stato bisogno di una nuova progressiva conversione, attraverso un Incontro più profondo, attraverso gli eventi della vita (come incontri di persone, distacchi dolorosi, esperienze ecclesiali e no, contrarietà, letture…) e attraverso la scoperta e la compagnia dei santi, in particolare carmelitani: Giovanni della Croce, Teresa di Gesù Bambino, Elisabetta della Trinità, Teresa Benedetta della Croce e infine Teresa di Gesù, colei che mi ha dato il “colpo di grazia”.
Cos’hai trovato nel Carmelo?
La forma della mia sequela di Gesù e del mio stare con Lui, ma non solo: una patria e una famiglia spirituale. Dapprima ho trovato una sintonia singolare con i santi carmelitani del cielo (non senza qualche reazione di rifiuto e abbandono: la medicina era troppo forte…); poi sono entrato nella vita del Carmelo d’oggi, conoscendo i frati e facendo il mio ingresso in convento, conoscendo il mondo che gravita intorno a questo luogo nascosto (almeno tale mi sembrava) e avvicinandomi pian piano alle sorelle monache, a noi così legate. Nel Carmelo del cielo e della terra ora mi sento a casa.
Cosa può dire a due fidanzati la tua scelta?
Che non si può rispondere all’Amore che con la vita intera, con un “per sempre”. Che c’è un Amore più grande a cui guardare, di cui il loro amore è segno espressivo (effettivamente ci dovrebbe essere uno sguardo reciproco e comprensivo tra le due scelte, una sana nostalgia proiettata in avanti). Che questa scelta non è una cosa che sia loro estranea, tanto più che un consacrato potrebbe anche portarli nel cuore, che potrebbe esserci un’amicizia con lui e che potrebbe accadere persino a un loro figlio di prendere la via della consacrazione… D’altronde, se è accaduto a me…