di P. Ermanno Barucco ocd
La Basilica di santa Teresa a Lisieux venne edificata dal 1929 al 1937, ma i lavori di decorazione interni ed esterni proseguirono ancora per decenni. La facciata della chiesa, nella sua veste attuale, ha tre livelli iconografici con varie immagini. In basso c’è il portico di entrata (o nartece) con un grande bassorilievo scolpito nel timpano sopra il portale.
A metà della facciata, salendo, la serie di sette statue delle virtù che intervallano otto piccole finestre con vetrate. In cima alla facciata un frontone triangolare con la glorificazione di Teresa: una grande statua della Santa al centro in un tempietto e bassorilievi laterali a destra e sinistra con scene varie di angeli, vescovi, fedeli cristiani. La grande scritta in francese sulla facciata al centro, «poiché chiunque si innalza sarà abbassato e chiunque si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11), sembra legare questi tre livelli. È colui che si fa piccolo come un bambino come ha fatto Teresa (timpano in basso) che sarà grande nel regno dei cieli, cioè sarà innalzato e glorificato nella santità (frontone triangolare) perché ha vissuto una vita esemplare per virtù, ma ciò è stato possibile non per le sue forze ma grazie alla sapienza che Dio ha donato ai piccoli: «O mio Dio, voi avete superato le mie attese» affermava Teresa (scritta frontone).
La piccolezza innalzata
La scena evangelica di Gesù che attorniato dai suoi discepoli pone un bambino in mezzo a loro si staglia nel timpano dell’ingresso principale ed è stata scolpita in bassorilievo da Robert Coin negli anni 1965-1968 (come è scritto sulla sinistra). La frase in francese scritta sotto il bambino è quella pronunciata da Gesù: «Chi si sarà fatto piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli» (Mt 18,4). Gesù è seduto dentro una mandorla mentre benedice con la destra (cf. Mc 10,16) e con la mano sinistra tesa verso il basso mostra il bambino ai 12 apostoli. È il Signore risorto nella gloria (seduto, nella mandorla, con quattro angeli che lo onorano e adorano inginocchiati e prostrati) e ha la colomba dello Spirito Santo sulla testa: ciò rievoca il Battesimo di Gesù e la voce del Padre che dice: «Questi è il figlio mio, l’amato, in lui ho posto il mio compiacimento» (Mt 3,17). Gesù sembra avere gli occhi rivolti verso l’alto, allo Spirito ma anche al Padre. La scena evangelica col bambino in mezzo è trasfigurata nella gloria, il bambino piccolo è già il più grande insieme a Gesù nel regno dei cieli, figlio amato nel Figlio Amato, rievocando ciò che c’è scritto al centro della facciata: «chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14,11; 18,14; Mt 23,12), sia per Gesù (il Verbo disceso dal cielo, fatto carne, umiliato sulla croce e glorificato dal Padre nello Spirito) sia per il bambino, presentato come “modello” ad ogni cristiano: la piccolezza innalzata (dalle braccia di Gesù che sono «l’ascensore» verso il Padre, dice Teresa).
La stessa scena evangelica del timpano della Basilica è stata rappresentata già prima nella chiesa del monastero di Lisieux nella lunetta sopra la porta di ingresso alla Cappella della Santa. La scritta qui è ad arco sopra il dipinto e in latino: «Quicumque ergo humiliaverit se sicut parvulus iste, hic est major in regno coelorum». Con gli occhi rivolti allo spettatore, Gesù è seduto su un trono senza mandorla e senza colomba dello Spirito Santo, ma ancora con la mano destra benedicente e l’altra aperta come a mostrare il bambino.
La piccola via dell’infanzia spirituale
Ritorniamo al timpano della Basilica. Lo scultore Robert Coin ha eseguito l’opera sulla base del bozzetto di padre Marie-Bernard, lo scultore che ha eseguito circa una ventina di immagini diverse di Teresa dal 1919 al 1944. Inizialmente infatti fu incaricato quest’ultimo dell’opera già nel 1938, appena dopo aver terminato l’esecuzione della statua di “Teresa dottore che indica la piccola via dell’infanzia evangelica” posta sul piazzale antistante la Basilica per accogliere i pellegrini. È significativo quindi che questa statua indichi con il braccio destro alzato la “piccola via” e che il contenuto del libro aperto del vangelo, tenuto con la mano sinistra e sul quale campeggia la scritta “omen novum” (il “messaggio nuovo”, secondo la nota espressione che papa Pio XI pronunciò il 18 maggio 1925, il giorno dopo la canonizzazione di santa Teresa), sia proprio l’infanzia evangelica che è il primo tema rappresentato sopra la porta principale della Basilica che si trova alle spalle della statua.
Padre Marie-Bernard incominciò a lavorare al progetto del timpano nel dicembre del 1939, a Seconda guerra mondiale già cominciata, e all’inizio del 1940 poteva scrivere a madre Agnese del Carmelo di Lisieux, Paolina la sorella di Teresa, di aver eseguito già 5 bozzetti diversi sulla scena evangelica in cui Gesù presenta come modello ai 12 apostoli un piccolo bambino. Lo scopo era ricordare a chi entrava nella Basilica di santa Teresa la sua piccola via dell’infanzia spirituale (o evangelica): “farsi (restare) piccoli bambini”, nella totale fiducia e abbandono a Dio Padre come Gesù in quanto Figlio di Dio. È significativo che già nel 1913 Joseph Lotte scrisse queste stupefacenti parole: «E il Signore ebbe pietà di questa moltitudine… Prese una bambina, Teresa, e la pose in mezzo agli apostoli; e questa bambina rivelò loro verità così semplici, così attraenti, che i dottori furono costretti a confessare la loro ignoranza, e si fecero discepoli della fanciulletta per insegnare al popolo la sua dottrina».
La guerra che continuava e altri progetti artistici che lo impegnavano rallentarono il lavoro di padre Marie-Bernard sul bozzetto del timpano che riprese nel 1942. Fu allora che suor Genoveffa (un’altra sorella di Teresa, Celina) gli comunicò che non era certo che sarebbe stato lui ad eseguire la scultura, ma il suo schizzo sarebbe servito per farla realizzare ad altri scultori. Come era accaduto anche negli anni precedenti per un altro lavoro, padre Marie-Bernard capisce che ci sono troppe teste che pensano in modo diverso intorno ai progetti artistici della Basilica (architetto, monache Carmelitane, diversi ecclesiastici con vari titoli e responsabilità). Questa volta lo scultore trappista chiede “patti chiari” ed è disposto ad accogliere suggerimenti per modificare solo alcuni particolari del disegno e non l’intero impianto. Così accade e a fine aprile del 1944 invia a Lisieux il bozzetto definitivo, pochi giorni prima del terribile bombardamento della città, che danneggiò di striscio la Basilica.
Quando Robert Coin, diversi anni dopo, scolpirà il timpano, padre Marie-Bernard non criticherà le varianti introdotte da questo artista, perché sa che Teresa prende al suo servizio diversi artisti con diversi stili, che vanno rispettati, purché in fondo il messaggio sia sempre quello evangelico della sua piccola via. Nel 1944 Padre Marie-Bernard si ritirerà dalla scena di Lisieux come un servo ormai inutile. Questa è la sua ultima grande opera al servizio di Teresa.
“Lasciate che i bambini vengano a me”
Nel Santuario di santa Teresa di Gesù Bambino di Verona si preferisce un’altra scena evangelica, ponendo l’accento di più su Gesù che accoglie tanti bambini intorno a sé, non mostrandone uno solo come modello del vangelo. Preferiamo citare la versione del vangelo di Marco: «Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso”. E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro» (Mc 10,13-16; cf Mt 19,13-15; Lc 18,15-17).
Immaginiamoci Gesù seduto attorniato da tre bambini mentre con le braccia aperte li accoglie e li benedice (e anche loda il Padre per aver rivelato i misteri di Dio ai piccoli e non ai sapienti e ai dotti, Mt 11,25; Lc 10,21): la scena era già raffigurata nella prima cappella dedicata a Teresa, ora cappella dei suoi santi genitori Zelia e Luigi, la prima a sinistra appena entrati in chiesa, in un affresco nella lunetta centrale in alto, opera di Ferruccio Martinelli probabilmente della fine degli anni ’20.
Questa immagine fu sostituita qualche anno dopo, agli inizi degli anni ‘40, da un mosaico di U. Bargellini di Firenze con Gesù seduto sotto un grande albero che a braccia spalancate accoglie, benedice, impone le mani e accarezza sei bambini di cui uno neonato in braccio a sua madre e un settimo accompagnato da santa Teresa, il tutto immerso in un paesaggio naturalistico sullo sfondo e intorno. Questa seconda versione è ancor oggi visibile. Da notare che Gesù tiene sulle ginocchia un “mucchio” di rose che alcuni bambini ricevono da lui (o al contrario gli stanno donano?).
Teresa svolge così la sua missione di portare i piccoli a Gesù, come si vede in altre raffigurazioni presenti in Santuario: nel mosaico, sempre del Bargellini, con la scena della Natività posto in alto nell’attuale Cappella della Santa; sul portale dell’ingresso principale ad opera del Carnessali; nell’ormai scomparso affresco della Natività nell’antica Cappella del Terz’Ordine (con a fianco la scritta «Se non vi farete piccoli non entrerete nel regno dei cieli»); nel Presepio in marmo ad opera dell’Arrighini sotto l’altare della cappella del Gesù bambino di Praga (antico altare della prima cappella di Teresa). In quest’ultimo caso, i bambini sono di diversa etnia, europea, americana, africana, asiatica, non solo perché il messaggio della piccola via di Teresa è destinato a tutti ma sopratutto perché Teresa è stata proclamata nel 1927 Patrona universale delle missioni cattoliche. In diverse di queste scene citate compaiono (quasi) sempre le “rose”, che sappiamo essere il marchio di fabbrica del Santuario di Verona Tombetta: dove c’è santa Teresa di Gesù Bambino c’è anche la sua “pioggia di rose”, donate da Gesù a Teresa e ai bambini o donate da Teresa insieme ai bambini a Gesù. Genti di diverse etnie sono presenti anche nel grande affresco detto l’Apoteosi del Carmelo nella controfacciata della chiesa, in basso a sinistra o, come bambini etnicamente caratterizzati, nel gruppo scultoreo di Cristo redentore nel Salone della Piccola via e nella vetrata in alto della facciata della Basilica. Tutte queste opere, fatte in tempi e contesti diversi e da diversi artisti, veicolano però sempre lo stesso messaggio di Gesù che accoglie i piccoli, ed è un invito a farsi bambini con Lui.
Con il rifacimento della facciata della chiesa nel 1969, si scelse di cambiare la forma della finestra in alto e di conseguenza la vetrata che era stata posta in sostituzione della prima, distrutta dalle onde d’urto del bombardamento della vicina stazione ferroviaria durante la Seconda Guerra mondiale, che rappresentava Teresa nella povera capanna di Betlemme, ai piedi della Vergine che le presenta il Gesù bambino (opera della ditta Giulio Cesare Giuliani di Roma). L’attuale vetrata della trifora, realizzata appunto nel 1969, si illumina dei colori dei vetri raffiguranti Gesù e tanti bambini di diverse etnie, come dicevamo. In questa vetrata non c’è Teresa che li accompagna e i bambini sono a gruppi nelle tre parti della vetrata. A sinistra c’è un bambino più grandicello degli altri che indica Gesù ed esorta gli altri ad andare verso di lui. Questo bambino fa la funzione svolta da Teresa in altre scene simili, come abbiamo visto… ma perché non c’è Teresa? Forse per rappresentare solo la scena evangelica senza santi moderni, ma in realtà la risposta a questa domanda non la sappiamo.
“Dei piccoli è il regno dei cieli”
Che rapporto ha santa Teresa con questi due episodi evangelici? Ci sembra significativo partire dal rapporto della scoperta a Betlemme di «Gesù, il dolce piccolo Bambino», cioè di Dio che si è fatto piccolo, «debole e sofferente per mio amore» (Ms A, 44v°), secondo le parole di Teresa che racconta la sua conversione di Natale del 1886. Le scritte che Teresa scelse per accompagnare una immagine (n. 7) dell’Adorazione dei pastori dipinta da Celina su un cartoncino sono, tra le altre, le seguenti: «Gesù, chi Ti ha fatto così Piccolo? L’Amore!... [San Bernardo] Se qualcuno è piccolo venga a me!... (Prov. [9,4]) Chi si fa piccolo come un bambino sarà il più grande nel regno dei Cieli… (Vang. [Mt 18,4])».
Un altro contesto in cui Teresa recupera le citazioni evangeliche sull’infanzia è quando parla dei suoi quattro fratellini morti da piccoli (tre vissuti solo qualche mese e una 5 anni e mezzo). Aveva composto due immagini (n. 5 e 6) con le fotografie dei piccoli “angioletti”, come in famiglia li chiamavano (di una sorellina senza foto aveva fatto un disegno di una colomba che spicca il volo). La prima citazione scelta da Teresa è un mix di frasi evangeliche: «Lasciate che i piccoli vengano a me, il Regno dei Cieli appartiene a loro… [Mc 10,14; Lc 18,16; cf. Mt 19,14] I loro Angeli contemplano sempre il Volto del Padre Celeste… [Mt 18,10] Chi si farà piccolo come un bambino sarà il più grande nel Regno dei Cieli…. [Mt 18,4; cf. Lc 9,48] Gesù abbracciava i bambini dopo averli benedetti. [Mc 10,16] (Vangelo)». L’insistenza su Mt 18,4 in questi testi spiega perché ispirò due grandi opere artistiche a Lisieux. Ma le altre frasi evangeliche spiegano anche perché a Verona si scelse un’altra immagine per significare nell’arte questo atteggiamento di Gesù con i bambini che Teresa aveva lo stesso tanto amato. Nella poesia Gesù, ricorda infatti scrive: «Ricorda: le tue tenerezze [Mc 10,13.16] / sui più piccoli riversavi. / Pur io voglio le tue carezze. / Dammi i tuoi baci inebrianti! / Per godere la tua presenza in Cielo, / le virtù dell’infanzia seguirò. / Spesso tu stesso hai detto: / “Il Cielo è per i piccoli” [Mt 19,14], / ricorda!» (P 24,9). In un’altra poesia dedicata ancora Ai miei fratellini del Cielo richiamandosi ai suoi fratellini morti da piccoli ora paragonati ai Santi innocenti, si trovano due strofe significative, la prima e la nona: «Con che tenerezza, o felici Bimbi, / il Re dei Cieli / benedicendovi vi carezzava / le gioiose fronti. / Simbolo eravate degli Innocenti; / ed io intravedo / i beni che in Ciel vi dà senza limiti / il Re dei re. […] Santi Innocenti, il Signore a modelli / mi ha dato voi [cf. Mt 18,2-4] / Qui sarò vostra immagine fedele, / o miei Bimbetti. / Deh, le virtù dell’infanzia ottenetemi: / quel candore, / quell’abbandono e l’innocenza amabile / che il cuor m’incantano» (P 44,1.9). Il tema delle virtù d’infanzia è una svolta dalla concezione “eroica” delle virtù alla concezione dei piccoli del vangelo: il bambino che dorme nelle braccia di mamma e papà sa che la sua forza e la sua capacità (virtù) sono loro, lui non ha alcuna virtù. Per questo come un bambino Teresa si abbandona a Dio e scrive: «Gesù… la mia virtù, sei tu» (P 23,7), «imprimi in me le tue grazie e virtù infantili» (Pr 14), «Maria, io sono figlia tua… Mie sono le tue virtù, mio è il tuo amore» (P 53,5). Queste brevi citazioni ci dicono anche come rileggere le raffigurazioni delle virtù sulla facciata della Basilica di Lisieux: le virtù d’infanzia che Teresa ha vissuto sono le virtù infantili di Gesù che ella ha ricevuto in dono (cioè il suo essere Bambino-Figlio di Dio), come pure sono le virtù ricevute da Maria e dai Santi (gli Innocenti e i suoi fratellini morti piccoli).
“Mi rallegro di essere piccola”
Le virtù non si imparano nei libri spirituali ma seguendo Gesù “bambino”, diventando bambini come lui, perciò la piccola via dell’infanzia spirituale è quella indicata dalla Parola di Dio ai piccoli, non da libri dei cosiddetti sapienti, come Teresa spiega ad un giovane missionario in Cina, il padre Adolfo Roulland, in una lettera scritta il 9 maggio 1897: «La mia via è una via tutta di fiducia e d’amore; io non capisco le anime che hanno paura di un così tenero Amico. Talvolta, quando leggo certi trattati spirituali, nei quali la perfezione è presentata attraverso mille ostacoli, circondata da una folla di illusioni, il mio povero spirito si stanca molto presto; chiudo il dotto libro, che mi rompe la testa e mi inaridisce il cuore, e prendo la Sacra Scrittura. Allora tutto mi appare luminoso: una sola parola svela alla mia anima orizzonti infiniti; la perfezione mi appare facile; vedo che basta riconoscere il proprio niente e abbandonarsi come un bambino nelle braccia del buon Dio. Lasciando alle grandi anime, alle grandi intelligenze i bei libri che io non riesco a capire e ancor meno a mettere in pratica, mi rallegro di essere piccola, poiché solo i bambini e quelli che sono come loro saranno ammessi al banchetto celeste [Mc 10,14]. Sono ben felice che vi siano parecchie dimore nel Regno di Dio [Gv 14,2] perché se non ci fosse che quella la cui descrizione e il cui cammino mi appaiono incomprensibili, non potrei entrarvi» (L 226).
Si capisce perché per “entrare” nel Santuario di Verona sulla soglia c’è scritto «chi si umilia verrà esaltato», la seconda parte di quanto è scritto sulla facciata di Lisieux. La stessa frase è riprodotta anche nel cartiglio di uno dei due grandi angeli che sono scolpiti a bassorilievo sulle due porte laterali della Cappella della Santa a Verona, mentre il cartiglio dell’altro angelo insiste sul tema evangelico come v’insisteva Teresa: «Dei piccoli è il regno dei cieli».
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