di P. Fabio Roana ocd
È accaduto qualcosa di straordinario in mezzo a noi il pomeriggio di sabato 19 settembre 2020 presso la basilica di Santa Teresa di Gesù Bambino a Tombetta (Verona). Non dovremmo mai perdere il senso di un dono messo nelle nostre mani ma che ci supera infinitamente. E questo è il bello: esso è molto più grande di quanto potremmo fabbricare da noi stessi. Il dono è venuto dall’Alto e le mani che lo hanno ricevuto per tutti nella forma dell’unzione sacerdotale sono quelle di fra Iacopo di Maria Bambina (al secolo Iadarola).
Il nostro fratello Iacopo, che adesso in quanto riflesso della paternità di Dio possiamo chiamare anche padre Iacopo, ha una storia che rende meravigliosa l’opera della misericordia e dell’elezione divina nella sua vita (possiamo leggerne qualche accenno nella cronaca locale). Ma la sua storia, che non è finita, ha trovato qui uno snodo che la apre a una luce nuova. Essa non sarà più come prima. Su questo snodo è piantata una croce che indica che non si torna indietro. Non a caso la liturgia scelta è stata proprio quella della festa dell’Esaltazione della Santa Croce, come una croce è ciò che ha in mano il Gesù Bambino dell’immaginetta-invito.
Il vescovo Zdenko Križić (ma guarda un po’, il cognome significa “piccola croce”, “crocetta”), confratello anche lui tra i tanti carmelitani scalzi della Provincia veneta presenti, venuto “eroicamente” (vista la pandemia in corso) dalla Croazia per questa ordinazione presbiterale, mentre ha delineato nella sua ricca omelia diversi aspetti spesso critici della dinamica della chiamata divina alla vita religiosa e sacerdotale, ha augurato a Iacopo «di non essere mai povero di vita, di amare con un amore che è capace di sacrificarsi per gli altri»; gli ha chiesto: «Tieni sempre davanti agli occhi Colui che ti ha chiamato, allora la forza e la gioia di vita non ti mancheranno mai». Solo rimanendo fedelmente con Lui «quello che sembra impossibile diventa possibile». Il dono, che è personalissimo e insieme per tutti, va accolto e custodito.
Padre Iacopo, a conclusione della celebrazione (magistralmente accompagnata dalla corale Santa Teresa di Gesù Bambino diretta dal maestro Marcellino Caloi, e dall’organista Emanuele Maduzzi) ha ringraziato tutti, a partire dal gruppo Ugo Frusca “Per servire” e dalla comunità Hebron di Brescia, che hanno portato la casula da lui indossata («…hanno le loro piccole grandi croci, che portano con amore, portano insieme a Gesù, e la nostra salvezza, la nostra resurrezione, viene dalle loro croci portate con amore insieme a Gesù; quindi ci tenevo a ringraziarvi per questa veste sacerdotale che è la veste del sacrificio, veste della croce, che voi portate e voi mi avete donato»); ha ringraziato i genitori, i familiari, monsignor Zdenko con il suo segretario, il padre provinciale Fabio Silvestri, i padri che lo hanno formato nel Carmelo, tutti i confratelli e infine i fedeli di Tombetta: altrettanti "formatori" nell'esperienza diaconale di P. Iacopo.
Della cena aperta a tutti i presenti nel piazzale dietro al convento, vogliamo fissare, per concludere, un piccolo particolare che dice molto del mistero con cui è stato delicatamente ricamato questo giorno di grazia. Al momento dei tanti saluti prima delle partenze, dopo che padre Iacopo si è raccomandato per l’ultima volta alla preghiera della piccola Myriam, questa si è rivolta a lui seria e dolce come può esserlo una bambina di cinque anni: «Devi essere santo!». Ed è come se Maria Bambina stessa avesse trovato la portavoce più appropriata per far sentire la sua parola semplice e diretta accanto a quella della Chiesa gerarchica impersonata dal vescovo. Ed è come scoprire che, dall’altra parte dell’immaginetta di Gesù Bambino che benedice tenendo in mano una piccola croce, c’è Lei che sembra sognare in Iacopo, anima sponsa, un alter Christus.
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