di P. Stefano Conotter ocd

crocifissosnagov 2

È arrivato in questi giorni il crocifisso per il Santuario della Madonna del Carmine di Snagov. Partito dal Centro Aletti dove è stato dipinto, passando per la Franciacorta dove è stato incorniciato con una fascia di metallo, è arrivato infine a nel nostro santuario proprio alla vigilia della Settimana Santa.

Il crocifisso sarà sospeso “fra cielo e terra” sopra i gradini che introducono nel presbiterio, appeso all’incrocio delle travi che uniscono l’abside con la navata. Questa collocazione è un richiamo all’iconostasi delle chiese orientali sulla quale campeggia la crocifissione, con ai lati Maria e il discepolo amato.

Il modo in cui è stata dipinta questa croce, e la sua collocazione all’ingresso del presbiterio, rinviano alla teologia della lettera agli Ebrei, dove si dice che Gesù Cristo è diventato il Sommo Sacerdote e il Mediatore della nuova ed eterna Alleanza offrendo il sacrificio perfetto sulla croce. Leggiamo al nono capitolo dell’Epistola: “Cristo infatti non è entrato in un santuario fatto da mani d’uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, allo scopo di presentarsi ora al cospetto di Dio in nostro favore” (Eb 9,24).

Ricordiamo che l’Abside del Santuario rappresenta il seno del Padre (Gv 1,18), verso il quale il Figlio vuole attirare l’intera umanità (Gv 20,17-18), attraverso la sua elevazione sulla croce (Gv 12,32). Nell’iconografia del crocifisso del Santuario è proprio sottolineato il mistero della glorificazione di Gesù Cristo attraverso il dono totale di sé al Padre per amore dell’umanità.

La croce è dipinta di colore blu, come nel catino della basilica di san Clemente a Roma, perché è contemplata nel suo essere segno di vittoria, nel suo mistero cosmico: “Stat Crux dum volvitur orbis”1.

Le braccia di Gesù sono nel tipico atteggiamento sacerdotale dell’offerta, con le palme rivolte verso l’alto. Nello stesso tempo le braccia sono allargate come segno dell’amore che vuole accogliere tutta l’umanità nel suo atto mediatore.

I piedi e il corpo mostrano una leggerezza, quasi un movimento di danza, che fa trasparire la gloria dell’umanità risorta.

Anche il volto del Crocifisso è abitato dalla pace, quella pace che deriva dal suo essere abbandonato alla volontà del Padre; gli occhi sono seri, ma come trasfigurati dall’amore che si è rivelato in pienezza sulla croce.

Il sacrificio di Gesù sul Calvario è anche l’accesso al mistero della Trinità, al dialogo d’amore fra il Padre e il Figlio nello spazio del dono che è lo Spirito Santo2.

La mano che scende dall’alto rappresenta proprio la presenza della paternità di Dio che ci dona il Figlio e che allo stesso tempo lo chiama a sé. Proprio in questo spazio, fra la mano del Padre e il volto del Figlio, sullo sfondo della croce sono dipinte come delle vampe rosse, che richiamano il fuoco dello Spirito Santo.

A fianco della croce troviamo Maria e il discepolo amato. Ambedue hanno lo sguardo rivolto al costato trafitto. È il vedere della fede che permette di nascere dall’alto per ricevere la vita divina del Figlio (Gv 3,14-16).

Le mani di Maria sono protese verso la ferita di Gesù, non solo per indicarla, ma anche come per ricevere il sangue che esce dalla sorgente del cuore trafitto. Acconsentendo al sacrificio del Figlio, Maria partecipa al sacerdozio di Gesù, accogliendone tutta l’efficacia redentiva. Nello stesso tempo è anche lei in atteggiamento di offerta, rappresentando così la sua materna intercessione per la nascita del discepolo alla vita divina.

Giovanni è rappresentato come il discepolo amato che è rimasto fedele e perciò è testimone dell’avvenimento redentivo: “...uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua. Chi ha visto dà testimonianza e la sua testimonianza è vera...perché anche voi crediate” (Gv 19,34-35). Per questo il discepolo amato tiene il libro del Vangelo nella mano sinistra, mentre la destra è appoggiata sul voltoin segno di compassione vigilante e di contemplazione meditativa.

Nell’inno Vexilla regis di Venanzio Fortunato, salutiamo la croce come unica speranza: Ave crux spes unica! Per questo sul retro della croce è dipinta l’etimasia, il trono di cui parla l’Apocalisse, su cui è posto il libro della vita, sovrastato da una croce dorata, e dalla cui base esce una sorgente di acqua (come dal costato di Gesù sull’altro lato). Etimasia in greco significa “preparazione”: si tratta dell’attesa del giudizio universale, aspettando il ritorno glorioso di Cristo. E questa attesa è intrisa di speranza perché il giudice che siederà sul trono è Colui che, per amore, ha offerto la sua vita sulla croce, per la nostra giustificazione.

Attorno al trono sono disposti dei brevi testi, presi anche questi dall’Apocalisse. Si tratta di due inni della liturgia celeste che cantano la vittoria dell’Agnello (Ap 5,12.13) e di alcuni frammenti dell’ultimo capitolo in cui si descrivono le nozze dell’Agnello con la nuova Gerusalemme. Quasi come un’attrazione reciproca il dialogo finale scorre verso l’estremità bassa della croce:

Lo Spirito e la sposa dicono: "Vieni!"
Colui che attesta queste cose dice: "Sì, verrò presto!"
Amen.Vieni, Signore Gesù (Ap 22,17.20).

Infine è significativo che questo lato della croce sia rivolto verso l’altare, su cui si celebra il memoriale del sacrificio di Cristo.

Annunciamo la tua morte Signore,
proclamiamo la tua risurrezione,
nell’attesa della tua venuta!

 

Note:

1 È il motto dell’ordine certosino: “la Croce resta fissa mentre il mondo ruota”.

2 Un esempio tipico è la Crocifissione del Masaccio a Santa Maria Novella di Firenze, ma anche molte altre rappresentazioni in cui insieme al crocifisso sono presenti il Padre e lo Spirito Santo.

3 Così è anche per la figura di Giovanni nello splendido mosaico della Basilica di Torcello (inizi sec. XII).