di P. Aldino Cazzago ocd
I duemila abitanti dell’isola situata nel mezzo del lago d’Iseo non dimenticheranno tanto facilmente il milione e mezzo di persone che nell’arco di 16 giorni, dopo aver «camminato» sull’acqua grazie alla installazione (The Floating piers) dell’artista bulgaro Christo, ha curiosato tra le tranquille stradine dei suoi piccoli e incantevoli borghi. Ad evento concluso e dopo non poche polemiche sulla sua natura e su quanto esso lascerà in eredità al territorio che l’ha ospitato («Entreremo nella storia dell’arte o del kitsch?») non sarà inutile qualche ragionata riflessione.
Miracolo?
Anzitutto sull’improprio termine ‘miracolo’ usato, come hanno fatto molti quodidiani, per parlare dell’opera: «Il miracolo di Christo». In ambito religioso il miracolo è un’azione che ha per autore Dio e non l’uomo; questi è solo il destinatario, il beneficiario. Se poi applichiamo il termine ‘miracolo’ all’ambito delle guarigioni fisiche, la distanza dei due significati è ancora maggiore. Una guarigione per essere detta ‘miracolosa’ deve essere inspiegabile per la conoscenza medica e soprattutto irreversibile e duratura che equivale a dire non temporanea. È fin troppo facile concludere che qui tutto è spiegabile e che, soprattutto per volontà del suo ideatore, il ‘miracolo’ è durato solo 16 giorni. «Noi non inventiamo niente, ha detto Christo in una delle tante interviste: prendiamo in prestito lo spazio, lo cambiamo per pochi giorni e ce ne andiamo. La libertà è nemica del possesso: per questo i nostri progetti durano pochi giorni».
Progettando la sua opera Christo ha detto di aver pensato anzitutto agli abitanti di Montisola e alla loro quotidiana fatica di dover «superare la barriera dell’acqua»: «Ho pensato di fare loro un regalo, e per 16 giorni permettere di vincere l’acqua camminandoci sopra». L’acqua è stata sì vinta, ma senza nessun miracolo e per pochi giorni.
Più che di miracolo, se proprio si vuol essere simpatetici verso Christo e la sua opera, si può parlare di una originale realizzazione di land art accompagnata da una solida opera di ingegneria. «L’opera, ha detto l’artista, è l’acqua, il cielo, le montagne, il verde dei boschi, Noi abbiamo disegnato l’idea integrando questi elementi che vengono guardati e consumati ogni giorno e che non vengono percepiti pienamente nella loro bellezza». Nel libro del Siracide non si legge forse che «l’occhio desidera grazia e bellezza»?
«Volevo agire sul desiderio»
Un altro campo di riflessione riguarda le migliaia di persone che si sono recate in visita all’opera. Perché un milione e mezzo di persone si è mosso per andare a vederla e a viverla? Per provare cosa?
Il termine ‘visita’ è certamente insufficiente a descrivere quanto accadeva perché qui non si trattava unicamente di andare a vedere un quadro o ascoltare una musica. Qui era chiesto di entrare nell’opera, di «camminarci dentro» come ha detto lo stesso Christo: «Volevo agire sul desiderio e sulla curiosità delle persone. Qui non si è persi dentro una realtà virtuale, c’è vero sole, vero umido, vera pioggia, vero vento, non c’è la riproduzione di un’immagine appiattita». La domanda resta comunque: «Desiderio di che cosa?».
Tutti abbiamo studiato la vicenda di Icaro che, nel tentativo di fuggire dal labirinto volando grazie alle ali di cera, cadde nel mare perché si era avvicinato troppo al sole. Perché non pensare allora che chi ha fatto visita all’opera è stato mosso, anche solo per un istante, da quello stesso desiderio di oltrepassare, certo innocentemente e per un breve arco di tempo, la condizione umana. Desiderio che al termine della visita si è però dovuto scontrare con la realtà («sarebbe bello, ma ….») perché il nostro corpo non è fatto per «camminare» sull’acqua se non con l’aiuto di un supporto artificiale, così come non è fatto per volare se non con ausilio di un mezzo meccanico.
Le cronache hanno riferito che diverse migliaia di persone hanno dovuto pazientare diverse ore prima di poter intraprendere la loro «camminata» sulle acque. Dove sta la ragione che rende sopportabile questa e altri simili gratuite fatiche (vedi le ore di attesa in coda per entrare all’EXPO dello scorso anno)? La risposta si trova in una frase del vecchio Nietzsche: «Quando uno ha un perché sopporta tutti i come». Discutere quanto di questa risposta sia stata anche il frutto di una massiccia campagna mediatica esula da queste riflessioni. Mentre l’evento è in atto, pensare di poter un giorno dire «io c’ero», ha pur sempre il suo fascino.
Un sogno
A ben guardare forse il termine più appropriato per descrivere ciò che l’opera di Christo ha acceso nell’immaginazione di molti è invece quello di ‘sogno’ e come ogni altro sogno, anche questo contiene una verità forse solo fugacemente intravista ma la cui sperimentabilità è alla portata di tutti e per nostra fortuna va ben oltre la sua durata: la vita dell’uomo è un continuo desiderio di un ‘oltre’, di un amore, che non possiamo darci da noi stessi ma solo ricevere come un dono. In verità è solo questo dono e solo questo amore, che ci fanno realmente «camminare» sulle acque della vita di tutti i giorni. Lo scrittore russo Josif Brodskij era nel vero quando scriveva che «l’amore è più grande di chi ama».