Sarà inaugurato il 20 maggio presso il convento dei Carmelitani Scalzi di Venezia
Un percorso di bellezza “carmelitana”
Vuole essere un percorso nella bellezza della natura che, attraverso la percezione di profumi, colori, ma anche suoni, sapori e percezioni tattili, conduca e predisponga a momenti di meditazione e contemplazione, quello che tra non molto si potrà fare nel giardino dei Carmelitani Scalzi di Venezia, da poco risistemato e riorganizzato e che verrà inaugurato il prossimo 20 maggio. Il giardino sarà fruibile attraverso visite guidate e sarà uno strumento di pastorale, in cui far conoscere il Carmelo e aiutare a capire il rapporto con Dio: “Un giardino mistico come luogo dell’incontro e del dialogo con Dio” dice il priore, p. Roberto, “secondo la tradizione carmelitana”, poiché per la fondazione dei monasteri S. Teresa sceglieva sempre luoghi che avessero un terreno il più possibile salubre e panoramico da adibire a giardino, che S. Giovanni della Croce che descrive come un segno del paradiso terrestre.
Un progetto d’architettura “biblico-simbolica”
Dallo studio del carisma del Carmelo, della tipicità dei giardini monastici (adibiti alla produzione di piante alimentari per il sostentamento dei frati, fiori per l’addobbo della chiesa e uva per il vino della messa) e in particolare di quello carmelitano, delle caratteristiche dei giardini veneziani, e della storia di questo giardino e del contesto in cui è nato e attraverso il quale è stato modificato (la costruzione della Stazione ferroviaria lo ha ridotto di circa la metà, mentre prima si estendeva fino all’attuale 5° binario), ha preso avvio il lavoro dell’architetto Giorgio Forti, autore dell’attuale disposizione. “Abbiamo recuperato l’antica suddivisione dell’orto e poi studiato le caratteristiche peculiari del giardino veneziano che deve difendersi dall’acqua, con una cesura che collega la corte con il parterre suddiviso in spazi quadrati o circolari. Questa corte, con il pozzo, fa da congiunzione con il convento, a sua volta strettamente unito alla chiesa, in un trittico indissolubile” dice Forti.
Nel giardino si susseguono 7 aree principali, come i giorni della Creazione. Anche il numero delle piante è ripreso dalla simbologia numerica della Bibbia, mentre la scelta delle varietà dipende dalla tradizione botanica o da leggende di fede popolare.
La melissa degli Scalzi
Si succedono quindi il prato, luogo di aggregazione, 8 vasche con 33 specie di erbe aromatiche e medicinali più una di maggiore estensione riservata alla melissa, la pianta medicinale da cui i Carmelitani da alcuni secoli traggono l’acqua dalle proprietà terapeutiche che un tempo si produceva proprio a Venezia e che è espressione della vocazione farmaceutica degli orti carmelitani: “Non dimentichiamo che ‘la farmacia del Papa’ è gestita a Roma dal ‘600 dai Carmelitani e che il convento di S. Anna a Genova, il primo fondato in Italia, ha una delle più antiche farmacie” dice Forti. La cura delle piante sarà affidata alla Cooperativa San Giovanni Calabria di Verona che già gestisce l’orto botanico del monte Baldo. La cooperativa si avvale dell’operato di tecnici agronomi e impiega persone affette da sindrome di Down. E’ in progetto anche la distribuzione di alcuni dei prodotti dell’orto aromatico e medicinale nel piccolo spaccio tra la chiesa e il giardino dove già ora si vendono l’acqua di melissa e i tradizionali prodotti a base di melissa.
Un nuovo vigneto
Ci sono poi l’orto alimentare e la vigna, in 17 filari, costituita dalle varietà di vitigni presenti storicamente a Venezia selezionati dal Consorzio vini Venezia, che si occuperà della gestione della vigna. Il consorzio da anni ha avviato un progetto di ricerca di vecchie varietà viticole presenti nella Laguna, attraverso l’analisi del dna dei vitigni e lo studio della loro storia con lo scopo di ripristinare questa viticoltura quasi scomparsa. La varietà identificata è la malvasia, vite di origine armena, e le barbatelle reimpiantate nel giardino degli Scalzi sono derivate da una vigna madre importata a Venezia dall’Armenia nel 1400. Tra i vitigni troverà posto anche uno proveniente dalla Terra Santa, chiamato “Terra promessa”, portato da padre Graziano Pesenti di ritorno da un soggiorno sul Monte Carmelo negli anni ’40.
Il frutteto e “l’aiuola della Passione”
Dietro alle viti, il frutteto “dei gusti perduti” perché si sono piantate 40 varietà antiche di frutti e, più oltre, 13 ulivi a simboleggiare gli apostoli e Gesù e a loro immagine i frati e il priore. Infine il bosco, luogo di ritiro, ma che offre anche frutti di cui cibarsi, “sintesi e trasfigurazione del deserto” dice Forti: “Quando i Carmelitani vennero dalla Palestina in Europa trovano un terreno isolato nella foresta, e dei suoi frutti si servivano per cibarsi, prima di coltivare gli orti, per questo abbiamo deciso anche la piantagione di cespugli di frutti di bosco”. Gli alberi sono l’acero, il leccio e quelli leggendariamente legati alla costruzione della croce di Cristo: cedro del Libano, palma, cipresso e ulivo. Poco distante “l’aiuola della Passione” ospita la Marruca, dai cui rami fu tratta la corona di spine, l’albero di Giuda, il salice con i cui rami fu fustigato Gesù.
Gli alberi e il loro significato
Ai lati, il giardino fiorito, le rampicanti e due aiuole con alberi significativi per altri popoli, ma espressione di valori importanti anche per il cristianesimo: il caco e il kiwi, simboli di pace e di carità nelle culture giapponese e maori. Il caco è l’unica pianta che è resistita dopo il bombardamento atomico di Hiroshima; un agronomo giapponese l’ha coltivato e ha cominciato a donarlo alle scuole perché i bambini lo piantassero come simbolo di pace. Il kiwi invece, secondo un’antica leggenda maori è l’uccello senza ali che, su richiesta del dio della foresta, si sacrifica per trasformarsi in albero per difendere la foresta divorata dagli insetti ed è dunque simbolo di carità. Lungo il muro di sinistra ci sono delle rampicanti nei colori liturgici.
Il pergolato che conduce alla cappella della Madonna
Come in tutti i giardini veneziani, c’è la porta d’acqua, ma mentre in quelli si trova alla fine di un pergolato in una sorta di cannocchiale ottico, in questo caso, è spostata sulla sinistra e, trovandoci in un ambiente religioso, alla fine del cannocchiale c’è la cappella della Madonna e i pergolati, di viti, in prossimità della cappella diventano di rose bianche, come una sorta di mantello della Madonna della Misericordia, e, sotto ad essi, a terra, crescerà la rosa denominata mistica. Bianco sarà anche il ghiaino sui sentieri, come fosse acqua che va a percorrere tutti i parterre, ma davanti alla cappella diventerà un acciottolato cosicché anche al calpestio, oltre che dal profumo delle rose, si percepisca il luogo particolare.
Il pozzo e l’acqua
Tipico veneziano è anche il pozzo, ma questo è uno dei pochi ad avere una carrucola fissata sull’architrave. Il pozzo ricorda il testo in cui Teresa dice che la preghiera è come il lavoro per far giungere l’acqua in un campo, in 4 modi diversi: o attraverso il lavoro che facciamo di tirar su acqua dal pozzo, o attraverso la ruota di un mulino, o dalla deviazione di un ruscello o attraverso la pioggia, che è segno della Grazia stessa di Dio che ce la dona. Particolarmente a cuore all’architetto Forti sta l’ecologia, la cura del creato che Dio ha affidato all’uomo fin da quando lo ha posto nel giardino dell’Eden, perciò, secondo questo spirito, le acque che irrigheranno il giardino saranno quelle pluviali veicolate in vasche sotterranee e ridistribuite nelle aiuole attraverso un sistema di pompe.
Al centro del giardino il melograno
Al centro del giardino spicca un melograno, esaltato da S. Giovanni della Croce nel Cantico spirituale dove dice che “le melagrane sono simbolo dei misteri di Cristo” e che “come ogni melagrana contiene molti chicchi, così ogni attributo, mistero, giudizio e virtù di Dio contiene in sé una grande moltitudine di effetti e provvidenze meravigliose di Dio” e “il succo di queste melagrane è la fruizione e il diletto dell’amore di Dio che ridonda nell’anima dalla conoscenza di quei misteri.”
Carlotta Venuda
pubblicato in parte su Gente Veneta [settimanale della diocesi di Venezia]
anno XLI, n. 18 (9 maggio 2015) p. 19