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La lavanda dei piedi: il comandamento nuovo
«La sera dell’ultima cena, Gesù, dopo aver lavato i piedi ai suoi discepoli, con affetto inesprimibile, dice loro: “Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri”». (Ms C, 288)
«Quando il Signore aveva comandato al suo popolo di amare il prossimo come se stesso, Egli non era ancora sceso sulla terra, perciò sapendo bene fino a che punto si ami la propria persona, non poteva chiedere alle sue creature un amore più grande per il prossimo. Ma quando Gesù diede ai suoi apostoli un comandamento nuovo, il suo comandamento, non parla più di amare il prossimo come se stesso ma di amarlo come Lui, Gesù, lo ha amato, come Lui lo amerà fino alla consumazione dei secoli...
Ah! signore, so che tu non comandi niente di impossibile, conosci meglio di me la mia debolezza, la mia imperfezione, sai bene che mai potrei amare le sorelle come le ami tu, se tu stesso o mio Gesù, non le amassi in me. È perché mi vuoi concedere questa grazia che hai dato un comandamento nuovo. – Oh! come l'amo poiché mi dà la sicurezza che la tua volontà è di amare in me tutti coloro che mi comandi di amare!
Sì lo sento, quando sono caritatevole, è Gesù solo che agisce in me; più sono unita a lui, più amo anche tutte le sorelle. Quando voglio far crescere in me questo amore, soprattutto quando il demonio cerca di mettermi davanti agli occhi dell'anima i difetti di questa o quell'altra sorella che mi è meno simpatica, mi affretto a cercare le sue virtù, i suoi buoni desideri, mi dico che se l'ho vista cadere una volta può benissimo aver riportato un gran numero di vittorie che nasconde per umiltà, e che perfino quello che a me sembra uno sbaglio può essere benissimo un atto di virtù a causa dell'intenzione». (Ms C, 290)
Teresa e il povero
«Durante le passeggiate che facevo con il papà gli piaceva farmi portare l'elemosina ai poveri che incontravamo: un giorno ne vedemmo uno che si trascinava faticosamente sulle stampelle, mi avvicinai per donargli un soldo, ma pensando di non essere abbastanza povero per ricevere l'elemosina, mi guardò sorridendo tristemente e rifiutò di prendere quello che gli offrivo. Non posso esprimere quello che accadde nel mio cuore, io avrei dato un dispiacere, forse il povero malato indovinò il mio pensiero, perché lo vidi voltarsi e sorridermi. Il papà mi aveva appena comperato un dolce, avevo gran voglia di donarglielo ma non osavo, però volevo donargli qualcosa che non potesse rifiutarmi, perché provavo per lui una grandissima compassione: allora mi ricordai di aver sentito dire che il giorno della prima comunione si otteneva tutto quello che si domandava, questo pensiero mi consolò e benché avessi solo sei anni, mi dissi: “Pregherò per il mio povero il giorno della mia prima comunione”.
Mantenni la promessa cinque anni dopo e spero che il Buon Dio abbia esaudito la preghiera che egli mi aveva ispirato di rivolgerGli per una delle sue membra sofferenti». (Ms A, 52)
La consorella antipatica
«C'è in comunità una sorella che ha il talento di dispiacermi in tutto: i suoi modi di fare, le sue parole, il suo carattere mi sembravano molto sgradevoli; eppure è una santa religiosa che deve essere molto gradita al Buon Dio, perciò non volevo cedere all'antipatia naturale che provavo, mi sono detta che la carità non doveva consistere nei sentimenti, ma nelle opere, allora mi sono impegnata a fare per questa sorella ciò che avrei fatto per la persona che amo di più. Ogni volta che la incontravo pregavo per lei il Buon Dio, offrendoGli tutte le sue virtù e i suoi meriti. Sentivo che questo faceva piacere a Gesù, perché non c’è artista che non ami ricevere lodi per le sue opere e Gesù l’artista delle anime è felice quando non ci fermiamo all’apparenza ma penetriamo fino al santuario intimo che egli si è scelto come dimora, ne ammiriamo la bellezza. Non mi limitavo a pregare molto per la sorella che mi suscitava tante lotte, mi sforzavo di farle tutti i favori possibili e quando avevo la tentazione di risponderle in modo sgarbato, mi limitavo a farle il mio più gentile sorriso e mi sforzavo di sviare il discorso, perché è detto nell’Imitazione: è meglio lasciare ognuno nella propria opinione che fermarsi a contestare.
Spesso poi quando non ero in ricreazione (voglio dire durante le ore di lavoro), avendo alcuni rapporti di ufficio con questa sorella, quando le mie lotte erano troppo violente, fuggivo come un disertore. Poiché ella ignorava assolutamente ciò che provavo per lei, mai ha supposto i motivi del mio comportamento e rimane convinta che il suo carattere mi sia simpatico. Un giorno in ricreazione mi disse con espressione contentissima queste parole: “Vorrebbe dirmi, mia Suor Teresa di Gesù Bambino, cosa l’attira tanto verso di me, che ogni volta che mi guardi la vedo sorridere?”. Ah! ciò che mi attirava, era Gesù nascosto in fondo alla sua anima... Gesù che rende dolce ciò che c’è di più amaro... Le risposi che sorridevo perché ero contenta di vederla (beninteso non aggiunsi che era dal punto di vista spirituale)». (Ms C, 292)
Suor San Pietro
«Ricordo un atto di carità che il Buon Dio mi ispirò di fare quando ero ancora novizia: era poca cosa, tuttavia il padre nostro che vede nel segreto, che guarda più all'intenzione che alla grandezza dell'azione, me ne ha già ricompensata senza aspettare l'altra vita. era nel periodo in cui suor san pietro andava ancora in coro e in refettorio. All’orazione della sera stava davanti a me: 10 minuti prima delle 6, bisognava che una sorella si scomodasse per condurla in refettorio, perché allora le infermiere avevano troppe malate per venire a prenderla. Mi costava molto propormi per rendere questo piccolo servizio, perché sapevo che non era facile accontentare la povera Suor San Pietro la quale soffriva tanto che non amava cambiare accompagnatrice. Tuttavia non volevo perdere un'occasione così bella di esercitare la carità, ricordandomi che Gesù aveva detto: quello che farete al più piccolo dei miei fratelli l'avete fatto a me. Quindi mi offrii molto umilmente di accompagnarla: ce ne volle perché riuscissi a farle accettare i miei servizi! Finalmente mi misi all'opera e avevo tanta buona volontà che me la cavai perfettamente.
Ogni sera quando vedevo Suor San Pietro scuotere la clessidra, sapevo che quello voleva dire: andiamo! È incredibile come mi costava scomodarmi soprattutto all'inizio, tuttavia lo facevo immediatamente, e poi, iniziava tutta una cerimonia. Bisognava spostare e portare il banchetto in un certo modo, soprattutto senza fretta, poi aveva luogo la passeggiata, si trattava di seguire la povera inferma sostenendola per la cintura, lo facevo con tutta la dolcezza che mi era possibile; ma se, per disgrazia, faceva un passo falso, subito le sembrava che la tenessi male e che stesse per cadere. – “Ah! mio Dio! vai troppo svelta, mi fracasserò”. Se cercavo di andare ancora più lentamente – “Ma insomma seguimi, non sento più la tua mano, mi hai lasciata andare, cado, ah! l'avevo detto che eri troppo giovane per accompagnarmi”. Finalmente arrivavamo senza incidenti in refettorio; là sopraggiungevano altre difficoltà, si trattava di far sedere Suor San Pietro e di agire abilmente per non ferirla; quindi bisognava tirarle su le maniche (sempre in un certo modo), poi ero libera di andarmene. Con le sue povere mani storpiate, sistemava il pane nella ciotola, come poteva. Me ne accorsi subito e, ogni sera, la lasciavo solo dopo averle reso anche questo piccolo servizio. Poiché non me l'aveva chiesto, fu molto commossa della mia premura e fu con questo mezzo che non avevo cercato espressamente, che mi guadagnai del tutto la sua benevolenza e soprattutto (l'ho saputo più tardi) perché dopo averle tagliato il pane le facevo il mio più bel sorriso prima di andarmene». (Ms C, 325)
«Madre amata, forse lei è stupita che io le scriva questo piccolo gesto di carità, passato da così tanto tempo. Ah! se l'ho fatto è perché sento che devo cantare, a causa di esso, le misericordie del Signore: Egli si è degnato di lasciarmene il ricordo, come un profumo che mi spinge a praticare la carità. Ricordo talvolta certi particolari che sono per la mia anima come una brezza primaverile. Eccone uno che mi si presenta alla memoria. Una sera d'inverno svolgevo come al solito il mio piccolo servizio, faceva freddo, era buio... a un tratto udii in lontananza il suono armonioso di uno strumento musicale: allora mi immaginai un salone ben illuminato, tutto splendente di ori, ragazze elegantemente vestite che si facevano a vicenda complimenti e convenevoli mondani; poi il mio sguardo cadde sulla povera malata che sostenevo; invece di una melodia udivo ogni tanto i suoi lamenti, invece degli ori, vedevo i mattoni del nostro chiostro austero, rischiarato a malapena da una debole luce.
Non posso esprimere ciò che accadde nella mia anima, quello che so è che il Signore la illuminò con i raggi della verità che superano talmente lo splendore tenebroso delle feste della terra, che non potevo credere alla mia felicità... Ah! per godere mille anni di feste mondane, non avrei dato in cambio i dieci minuti impiegati a compiere il mio umile ufficio di carità... Se già nella sofferenza, nella lotta, si può godere per un istante di felicità che supera tutte le felicità della terra, pensando che il buon Dio ci ha ritirate dal mondo, che sarà mai in Cielo quando vedremo, in un'esultanza e riposo eterni la grazia incomparabile che il Signore ci ha fatto scegliendoci perché abitassimo nella sua casa, vera porta dei Cieli?». (Ms C, 326)
La serva ubriacona
La sorella Celina aveva scritto a Teresa lamentandosi d’essere alle prese con una cameriera inaffidabile, falsa, ladra e ubriacona. Ecco la risposta di Teresa.
«Mia cara piccola Celina, tutte le noie che hai con la tua domestica ci hanno addolorato. La tua povera domestica è davvero sfortunata ad avere un difetto così spiacevole, soprattutto di essere falsa, ma non potrai forse convertirla come suo marito? Per ogni peccato c'è misericordia; e il buon Dio è abbastanza potente per donare un fondamento anche alla gente che non ne ha. Pregherò molto per lei: forse al posto suo io sarei ancora meno buona di lei e forse lei sarebbe una grande santa, se avesse ricevuto la metà delle grazie di cui il buon Dio mi ha colmata».
Suor Teresa di Gesù Bambino
del Volto santo rel. carm. ind.
(Lt 147)
L’episodio ci ricorda che la fede cristiana illumina anche le circostanze più banali e quotidiane della vita. Teresa spiega alla sorella Celina che la Misericordia di Dio Onnipotente non si limita soltanto a perdonare, ma può anche ricostruire il fondo stesso di una creatura umana minata nelle sue strutture fisiche e spirituali.