di P. Stefano Conotter ocd

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Una scena del film Uomini di Dio, sui monaci trappisti di Tibhirine uccisi nel 1996 mi ha molto colpito e mi ritorna spesso alla mente. Davanti alla minaccia sempre più pressante del terrorismo, i monaci prendono in considerazione l’eventualità di lasciare l’Algeria. Un giorno, visitando degli amici musulmani, parlano di questa ipotesi. Per superare l’imbarazzo, uno dei religiosi usa un’immagine presa dalla natura: a volte gli uccelli migrano da un posto all’altro, non sono necessariamente legati al ramo sul quale si sono posati e anche noi monaci siamo così. “Forse - dice - è tempo per noi di emigrare e di lasciare il ramo”.

La conversazione avveniva nel soggiorno, fra uomini, mentre le donne erano in disparte. Ma a quel punto la moglie del padrone di casa interviene in modo molto femminile: “No - dice - gli uccelli siamo noi, voi siete il ramo. Se voi ve ne andate, dove potremo posarci?” Che bella inversione di prospettiva!

Questa scena l’ho raccontata abbastanza spesso a delle piccole comunità di religiose che vivevano in villaggi un po' periferici della Moldavia, e che spesso sono spinte a chiedersi che senso abbia la loro presenza, che cosa cambierebbe se lasciassero quel piccolo villaggio dove sono inseriti. Io ho spesso constatato quanto una piccola comunità di religiose possa diventare punto di appoggio per una realtà rurale e quanto importante per quella gente il solo sapere che sono lì con loro.

Ora da due mesi sono tornato a vivere a Bruxelles, capitale del Belgio, metropoli moderna e sede del Parlamento europeo, città multirazziale. La nostra comunità è situata in un luogo che è un crocevia centrale della città e la chiesa si affaccia su un viale che segnava le mura dell’antica città. Tranvai, metropolitana, bus si incrociano nella piazza a poche decine di metri dal convento. Da alcuni anni  il convento è incastonato in una Galleria commerciale di lusso e questa, a sua volta, è circondata da hotel altrettanto di lusso. Non lontano ci sono Les Maroles, il quartiere più popolare e tipico della città, mentre percorrendo per un pezzo il viale davanti alla chiesa si arriva a Matonghé, il quartiere africano più famoso d’Europa, dove si ha l’impressione di entrare in un altro continente, e a pochi passi si entra nel quartiere delle istituzioni europee. Quasi di fronte alla chiesa, poco lontano da noi, c’è il Palazzo di Giustizia, con tutti gli uffici di avvocati che lo circondano.

Questa particolare ubicazione della chiesa rende ragione del perché essa è frequentata da persone di diversi estrazioni sociali e culturali e religiose. Al mio ritorno a Bruxelles, l’immagine del ramo nel film dei monaci di Tibhirine mi è tornata potentemente in mente. Siamo una piccola comunità “nascosta” poiché dalla strada il convento non si vede, mentre è visibile la facciata della chiesa che dà sul viale della Toison d’Or. Anche noi, come le piccole comunità della Moldavia, ci chiediamo spesso quale senso abbia la nostra presenza qui in questa città e quale utilità possiamo avere per la Provincia e l’Ordine da cui dipendiamo. Per tante persone siamo semplicemente un luogo familiare, un ramo su cui appoggiarsi. Nel continuo movimento migratorio è importante sapere che esso esiste proprio nel cuore della città che a volte sembra un deserto per il vuoto di senso o una giungla, dove si lotta per sopravvivere.

Poi magari chiediamo al Signore di essere anche quel ramo di mandorlo di cui parla Isaia, e che annuncia la primavera, la novità dell’azione di Dio che fa cose sempre nuove anche dove tutto sembra invecchiare. Il primo senso della nostra presenza sta in questo essere un seme del Regno di Dio, che crescendo diventa un albero al punto che  “gli uccelli del cielo vengono e fanno il loro nido fra i suoi rami” (Mt 13,32). E se anche voi siete uccelli migratori di passaggio per Bruxelles, non dimenticate di fermarvi su questo ramo carmelitano…