In occasione della memoria odierna di S. Barnaba apostolo ripresentiamo in evidenza questo articolo sulla cappella di S. Barnaba nella nostra Chiesa di S. Pietro in Oliveto, Brescia.
di Francesco Palmieri
I Chierici di San Giorgio in Alga, ordine fondato dal monaco veneziano Gabriele Columer, futuro Papa Eugenio IV, si insediarono nel convento di San Pietro in Oliveto a Brescia intorno alla prima metà del XVI secolo (per la vicende storiche dell’ordine, e i suoi rapporti con Venezia, si veda Stipi, 1985). Fu intorno al 1550, durante il priorato di Domenico Savallo (De Leonardis, 2003; Lombardi, 1997), che si volle conferire splendore alla chiesa e al complesso conventuale, e per questo la decorazione dei suoi ambienti fu affidata ad artisti come Moretto, Vincenzo Foppa, Francesco Ricchino e Paolo da Caylina.
Il tema di fondo che accomuna la decorazione pittorica in San Pietro in Oliveto è il primato della figura papale, messo in discussione in quegli anni dalla dottrina luterana (Guazzoni, 1988). Questo progetto iconografico dichiaratamente anti-ereticale si pensa fosse stato suggerito dallo stesso priore dei chierici (De Leonardis, 2003). Offrono un esempio in tal senso le ante dell’organo del Moretto (oggi conservate presso il Museo Diocesano di Brescia), che rappresentano da una parte la caduta di Simone Mago, l’eretico per eccellenza, e dall’altra i Santi Pietro e Paolo che sorreggono la Chiesa (Guazzoni, 1988; Lombardi, 1997; De Leonardis, 2003).
Il concetto di lotta contro l’idolatria è ripreso poi nelle tele di Francesco Ricchino, risalenti al 1566 e tutt’ora collocate nell’abside della chiesa (Boselli,1961; Lombardi, 1997; De Leonardis, 2003); esse raffigurano varie scene tratte dall’Esodo, in particolare l’episodio del vitello d’oro.
Paolo da Caylina il giovane lavorò molto in San Pietro in Oliveto; è presente in chiesa una sua tela raffigurante il Cristo che trasporta la Croce, in sacrestia un ciclo di affreschi raffigurante Scene della vita e miracoli dei Santi Pietro e Paolo, e in convento altri due affreschi con La Natività e La chiamata di San Pietro (De Leonardis, 2003).
All’interno del convento è possibile visitare ancora oggi la cappella intitolata a San Barnaba (affrescata dal Caylina), dove, secondo la tradizione, questo Santo avrebbe dato inizio alla predicazione e avrebbe introdotto il popolo bresciano al nuovo credo e ai sacramenti (Averoldo, 1700; Paglia 1663-1715, ed. 1960; Stipi, 1963, 1985). Le parti affrescate dal Caylina sono il fronte esterno, il sottarco, la volta, e le pareti laterali della cappella.
La rappresentazione sul fronte è duplice: a sinistra Mosè riceve le tavole della legge da Dio Padre [Figura 2] e a destra Gesù consegna le chiavi del Regno dei Cieli a San Pietro [Figura 3]. Questo parallelo di soggetti evidenzia come nel ministero petrino risieda la continuità dell’Alleanza ebraica. Le due scene sono interrotte da un’iscrizione [Figura 1], che riporta la dedicazione della cappella a Maria e, nello stesso tempo, indica questo luogo come quello in cui san Barnaba celebrò la sua prima messa in Brescia: «SACELLUM HOC VIRGINIS| MARIAE HONORE DEDICATUS| INTER BRIXIANAS ECCLESIAS| PRIMUM FUISSE EOQUE IN LOCO| BARNABAS CHRISTI APOSTULUS| PRIMUS DIVINA CELEBRASSE| MISTERIA PERHIBETUR».
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Nel sottarco sono raffigurati, a mezzo busto, i quattro Padri della Chiesa Orientale (da sinistra a destra: san Basilio, sant’Atanasio, san Giovanni Crisostomo e san Gregorio di Nazianzo) [Figura 4], affiancati ai quattro Padri della Chiesa Occidentale (da sinistra a destra: sant’Ambrogio, san Girolamo, san Gregorio Magno e sant’Agostino) [Figura 4b]. Oltre che per gli attributi iconografici che li caratterizzano senza possibilità di errore (ad esempio la colomba per san Gregorio, la mitria e il pastorale per i santi vescovi Basilio, Agostino e Ambrogio), i loro ritratti sono riconoscibili anche grazie a una didascalia sottostante che riporta in latino il nome rispettivo.
La piccola volta è suddivisa in quattro vele, in cui sono raffigurati i Quattro Evangelisti (a ovest, in corrispondenza alla parte interna del fronte: san Marco; a nord, verso la Chiesa: San Luca; a est, in corrispondenza dell’abside: San Giovanni; a sud, verso la sacrestia: San Matteo) [Figura 5].
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I due affreschi laterali sono incorniciati da due lunette sottostanti alla vele nord e sud. Nel primo viene raffigurato San Barnaba che impartisce i sacramenti del Battesimo e della Eucaristia [Figura 6]. All’estremità sinistra della scena si riconosce un canonico di San Giorgio in Alga [Figura 7] mentre confessa una donna. Nell’affresco della seconda parete è rappresentato San Barnaba che predica il Vangelo ai cittadini di Brescia [Figura 8]; il fatto che questi ultimi vengano ritratti con abiti contemporanei all’epoca di esecuzione delle pitture denota l'urgenza, ancora attuale nel secondo Cinquecento, di fare sì che si rinnovasse, che venisse confermata nel popolo la fede in Cristo.
Il tema della lotta all’eresia e del legame al vescovo di Roma è esplicitamente espresso nella didascalia sottostante all’affresco della parete sud, che recita «HIC XI(?) DISCIPULUS BARNABA AB IDOLOR♦ CULTURA‹E› ROMA‹E› S. PETRO MISSUS», ovvero «Qui fu mandato da Roma da San Pietro il discepolo Barnaba contro il culto degli idoli» (Dall’Acqua, 1995).
Fanno parte della “polemica” contro la dottrina luterana anche le azioni rappresentate nell’affresco nord: il conferimento della Grazia attraverso i Sacramenti si oppone, infatti, alla svalutazione di essa ad opera delle teorie protestanti (De Leonardis, 2003).
Le iscrizioni sottostanti a questo secondo affresco suscitano diverse interpretazioni riguardo all'identificazione dei soggetti rappresentati. La lunetta dovrebbe raffigurare San Barnaba che impartisce i sacramenti del Battesimo e della Eucaristia, ma, ai piedi del fonte battesimale, si trova una scritta che riporta il nome di «NATHALON» [Figura 9]. Sant’Anatalone fu, sempre secondo la tradizione, il secondo vescovo di Brescia dopo san Barnaba: perciò secondo alcuni questa scritta testimonierebbe che in realtà il protagonista dell'affresco sarebbe Sant’Anatalone, e non san Barnaba (Zaino Toselli, 1971). In seguito è stato dimostrato che la scritta è un apocrifo settecentesco, riferibile sia al battezzato sia al battezzatore (Guazzoni, 1988; De Leonardis, 2003). C’è anche chi avanza un’ulteriore ipotesi: notando la somiglianza del battezzato con il personaggio che distribuisce l’Eucaristia, si potrebbe identificare san Barnaba con il battezzatore, e Sant’Anatalone con il battezzato, che, con la sua conversione, dà inizio al suo ministero al servizio della Chiesa (De Leonardis, 2003).
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Per quanto riguarda la storia attributiva del ciclo della cappella di San Barnaba, gli affreschi in passato vennero riferiti a Vincenzo Foppa (1427-1515), zio di Paolo da Caylina. Questa ipotesi è stata giustamente rigettata dalla critica moderna per il fatto che le date biografiche di Foppa non collimano con il periodo in cui i Canonici entrano in possesso di San Pietro di Oliveto, a partire dal 1530, quando il pittore bresciano era già morto (Lombardi, 1997; De Leonardis, 2003). E’ probabile, però, che la candidatura del nome di Foppa derivasse dal fatto che il Caylina, per lungo tempo, fu segnalato nelle fonti locali come “Foppa junior” (si veda, per esempio: Sala,1834; Fè d’Ostiniani, 1898). L’attribuzione a Cayilina è oggi accettata concordemente da tutta la critica.
Il ciclo di affreschi risalirebbe, secondo alcuni studiosi, proprio intorno al 1530 (Panazza-Boselli, 1946; Ferrari, 1960); mentre, secondo altri la datazione andrebbe scalata in un momento successivo, quando si intensificarono i rapporti stilistici tra Caylina e Moretto (verso il 1545-1550). La prova a sostegno di quest’ultima ipotesi, ad oggi la più verosimile, risiederebbe nella rappresentazione di san Giovanni, dipinto sulla volta: se nelle prime opere del Caylina (vedi per esempio La Santissima Trinità dalla Madonna e da San Giovanni a Gussago, e la Decorazione della cappella del Santissimo Sacramento a Provaglio d’Iseo) l’Evangelista è sempre ritratto con le sue fattezze giovanili, in San Barnaba ha l’aspetto di un uomo anziano, avvicinabile stilisticamente a molti prototipi moretteschi (Guazzoni, 1988; De Leonardis, 2003).
Gran parte della critica definisce questi affreschi “deperiti” (Morassi, 1939; Panazza-Boselli, 1946; De Leonardis, 2003). I soggetti rappresentati sono però sufficientemente leggibili e gli intonaci trasmettono ancora buona parte della loro vivacità cromatica, sebbene sia auspicabile un futuro intervento di restauro conservativo.
Sezione bibliografica
• Pitture di chiese e palazzi di Brescia, ms. queriniano Di Rosa, Brescia, inizio XVIII secolo.
• AVEROLDO, Le scelte pitture di Brescia additate al forestiere, Brescia, 1700 (Ristampa anastatica: Bologna, 1977).
• SALA, Pitture e altri oggetti di belle arti di Brescia, Brescia, 1834.
• FÈ D’OSTIANI, Storia tradizione ed arte nelle vie di Brescia, Brescia, 1898.
• MORASSI, Catalogo delle cose d’arte e di antichità d’Italia. Brescia, Roma, 1939.
• PANAZZA-BOSELLI, Pitture in Brescia dal Duecento all’Ottocento, catalogo della mostra, Brescia, 1946.
• FERRARI, Lo pseudo Civerchi e Bernardo Zenale, in Paragone - Arte, Firenze, 1960, n.127 luglio.
• BOSELLI, Bernardino Faino. Catalogo delle chiese di Brescia in Commentari dell’Ateneo di Brescia, Brescia, 1961.
• STIPI, I Figli di S. Teresa d’Avila in Brescia, Brescia, 1963.
• ZAINO TOSELLI, Paolo da Caylina. Tesi di laurea discussa presso l’Università di Torino, 1971.
• STIPI, Invito a San Pietro in Oliveto, Brescia, 1985.
• GUAZZONI, De Potestate Pontificis. Riflessi tridentini nell’opera tarda di Moretto in Alessandro Bonvicino. Il Moretto, Bologna, 1988.
• DALL’ACQUA, San Pietro in Oliveto, Brescia, 1995.
• ALESSANDRA LOMBARDI, La chiesa di San Pietro in Oliveto a Brescia della Congregazione di San Giorgio in Alga. Tesi di laurea discussa presso il Politecnico di Milano, a. a. 1996/1997.
• DE LEONARDIS, Paolo da Cylina il Giovane: le opere in Paolo da Caylina il Giovane e la bottega dei da Caylina nel panorama artistico bresciano fra Quattrocento e Cinquecento, Brescia, 2003.