di P. Stefano Conotter ocd
Continuando la nostra meditazione biblica sull’abito carmelitano, ci resta ancora un ultimo elemento, considerato dalla moda un semplice accessorio, ma che nella Scrittura ha una sua valenza simbolica: la “cintura di pelle”. Anche questo elemento, come la tunica, si trova nella descrizione del vestito di Elia che permette al re Acab di identificare il profeta: "Era un uomo coperto di peli; una cintura di cuoio gli cingeva i fianchi" (2Re 1,8). Assieme alla veste di peli, anche la cintura di pelle identificava la tenuta ufficiale dei profeti, come si vede nelle descrizioni di Giovanni Battista fatte dai vangeli di Marco e Matteo (Mt 3,4; Mc 1,6).
Tuttavia, anche in questo caso, come per la tunica di peli (cf. seconda parte di questo articolo) la nostra meditazione biblica prende la via che ci riporta alle origini, non dimenticando che la vita monastica è stata intesa come cammino per ritrovare la vita paradisiaca.
Al terzo capitolo della Genesi leggiamo che, dopo il peccato, l’uomo e la donna, scoprendo di essere nudi, “intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture” (Gen 3,7). In queste cinture cogliamo certamente il bisogno di proteggere il corpo da una riduzione ad oggetto di desiderio, e l’invito a portare lo sguardo dell’altro verso il volto in cui la persona continua a rivelarsi come soggetto interpersonale.
Tuttavia questa cintura di foglie simboleggia anche la scoperta del proprio essere creatura che, staccato dal rapporto con il Creatore, si trova esposta ad una vulnerabilità senza protezione. Alla domanda divina - Dove sei? - Adamo risponde: “ho avuto paura, perché sono nudo, e mi sono nascosto” (Gen 3,10).
Un gesto simbolico del profeta Geremia ci aiuta a cogliere il valore di questa fragilità in riferimento alla relazione con Dio. È l’episodio della cintura di lino, simbolo della preziosità e della dignità del Popolo dell’Alleanza. Dopo averla messa attorno ai suoi fianchi, il profeta è invitato a lasciarla nella fessura di una pietra nel fiume Eufrate, dove finisce per marcire. Il significato del gesto è il seguente: “Questo popolo malvagio, che rifiuta di ascoltare le mie parole e segue altri dèi, diventerà come questa cintura, che non è più buona a nulla. Poiché, come questa cintura aderisce ai fianchi di un uomo, così io volli che aderisse a me tutta la casa d’Israele perché fossero mio popolo, mia fama, mia lode e mia gloria, ma non mi ascoltarono (Ger 13,10-11).
Troviamo qui il legame con la descrizione del Messia, il virgulto di Iesse, fatta da Isaia: “La giustizia sarà fascia dei suoi lombi e la fedeltà cintura dei suoi fianchi” (Is 11,5). Gesù Cristo è il vero figlio di Israele, che viene a compiere, con la sua obbedienza filiale, non solo la vocazione tradita dal Popolo eletto, ma anche quella perduta da Adamo con la sua disobbedienza.
Ed è proprio parlando del valore dell’obbedienza che San Paolo invita i cristiani ad assumere l’armatura per il combattimento spirituale: “Prendete l’armatura di Dio, perché possiate stare saldi dopo aver superato tutte le prove: attorno ai fianchi, la verità; indosso, la corazza della giustizia" (Ef 6,14).
La regola primitiva del Carmelo, che riprende questo testo al n° 16, sembra modificarne il significato dicendo: “I fianchi siano cinti col cingolo della castità”. Ma questa virtù è intesa proprio come fedeltà al Signore, come adesione verginale alla sua verità, che libera dalla paura derivante dalla vulnerabilità che ci isola.
Il tema dell'armatura ricorda che il significato della cintura come adesione alla verità Dio implica anche la lotta contro tutto ciò che può venire ad offuscare la relazione con il Signore. La vita monastica è stata interpretata, fin dal suo inizio, come una lotta contro il Nemico che dalle origini vuole distogliere l’uomo dalla sua vera vocazione di figlio di Dio.
È questo il significato dei versetti deprecatori, presenti in quasi tutti i salmi di lode, che esprimono il desiderio del salmista di allontanare dal suo rapporto con Dio tutto ciò che può offuscare pur minimamente la relazione con Lui. In particolare il Salmo 109 è composto da una serie di terribili imprecazioni, che gli è valsa l’esclusione dalla Liturgia delle Ore. È stato definito un “salmo per soli monaci”, perché è rimasto solo nel Salterio monastico e veniva recitato nel primo notturno delle vigilie. Il versetto 19 in particolare dice dell’empio: “la maledizione sia per lui come cintura che sempre lo cinge”.
In questo versetto appare tutta la spiritualità del Salmo 1: il giusto fedele, che aderisce alla legge di Dio meditandola giorno e notte, è beato; mentre l’empio è cinto dalla maledizione perché pone in sé stesso la propria fiducia allontanandosi dalla via di Dio.
Tuttavia l’archetipo di ogni combattimento spirituale rimane l’esperienza dell’Esodo, della liberazione dall’Egitto, il cui memoriale è la Pasqua del Signore da mangiare “con i fianchi cinti, i sandali ai piedi, il bastone in mano” (Es 12,11).
Ecco quindi che la cintura richiama anche l’atteggiamento della vigilanza, del cingersi i fianchi per affrettarsi, per combattere o per servire. Era questa infatti la funzione della cintura nell’oriente antico, per alzare la tunica, cingendola ai fianchi, e poter essere liberi di muoversi senza intralci (da cui il verbo “accingersi”). È l’atteggiamento che Gesù richiede ai discepoli nel Vangelo di Luca: “Siate pronti, con le vesti strette ai fianchi e le lampade accese. Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli” (Lc 12,35.37).
Era d’altronde questo il modo in cui i frati carmelitani, che fino al Concilio Vaticano II dovevano portare sempre l’abito, si cingevano per giocare a calcio, per andare in montagna o per svolgere delle attività che richiedevano libertà di movimento.
In conclusione abbiamo meditato che la cintura di pelle evoca prima di tutto la nostra fragilità creaturale, che da sola non può superare la propria vulnerabilità, ma che ritrova la sua dignità e preziosità quando aderisce all’Alleanza con Dio, come la cintura aderisce ai fianchi di un uomo. Questa fedeltà implica, sia la lotta contro ciò che offusca e ostacola la relazione con Dio (armatura spirituale) sia positivamente l’atteggiamento di vigilanza e di servizio (cingersi i fianchi).
Un richiamo mariano era dato dall’uso di legare alla cintura il Rosario, come a dire che con Maria si è aiutati ad aderire meglio al Signore con tutta la propria vita.