di P. Fabio Pistillo ocd
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La speranza nella fedeltà di Dio è il tema caratterizzante le letture di questa quarta domenica del tempo di Avvento. Nella prima lettura ci viene presentato l’oracolo del profeta Isaia sulla nascita dell’Emmanuele, che costituisce il vertice della profezia biblica sulla venuta del Messia. Nell’anno 734 a.C. il re Acaz, coinvolto in una sanguinosa guerra contro i re di Samaria e di Damasco, rischiava di perdere l’indipendenza politica del regno di Giuda, mettendo in pericolo la sopravvivenza della stessa Gerusalemme. Ad Acaz, intento a ricercare alleanze politiche, il profeta Isaia propose di confidare unicamente in Dio e nelle sue promesse, invitandolo a chiedergli un segno. Con una risposta all’apparenza rispettosa di Dio, il re si oppose risolutamente ad Isaia: «Non voglio tentare il Signore». Dio, allora, volle superare l’incredulità del re e lui stesso offrì per primo un segno: l’annuncio della nascita di un salvatore. Ecco che tale segno divenne prova della fedeltà di Dio, una fedeltà capace di superare ogni umana incredulità. Tale segno, espressione della fedeltà di Dio, ridonava agli uomini la certezza di essere accompagnati sempre dal Signore, che con la sua mano potente conduceva, sosteneva e guidava la storia umana.
Se anche noi sapremo riporre la nostra fede nelle promesse del Signore, specialmente in quei frangenti in cui fatichiamo ad ascoltare la sua voce e in cui non vediamo realizzate le nostre aspettative, tale profezia non cesserà mai di rinnovarsi. Questa pagina biblica ci invita a riporre sempre la nostra speranza e la nostra fiducia in Dio, che cammina accanto a noi lungo le strade della storia, non esaudendo tutti i nostri desideri, ma certamente mantenendo tutte le sue promesse.
In alcuni versi di struggente bellezza stilistico-espressiva e di intensa profondità mistica, San Giovanni della Croce volle ripercorrere l’intera storia sacra, presentandola come storia di speranza nella fedeltà di Dio:
Con la preghiera,
con sospiri e ansiosi desideri,
con lacrime e con gemiti
lo supplicavano notte e giorno
che ormai si decidesse
a viver in loro compagnia.
Oh, se ti vedessi scendere,
i miei occhi guarirebbero dal pianto!
Piovete, o nubi, dall'alto
Colui che la terra brama!
Si apra dal basso quella terra,
che solo spine ci procura,
per far sbocciare quell’unico fiore
che la renderà tutta fiorita!
(Giovanni della Croce, quinta romanza trinitaria)
La profezia sulla nascita dell’Emmanuele, espressa nella prima lettura di questa domenica, non sembra esaurirsi in se stessa, poiché essa rimanda ad un compimento pieno e definitivo, che si realizzerà solo con la nascita di Gesù. Precisa, a tal proposito, l’evangelista Matteo: «Tutto questo avvenne perché si adempisse la Scrittura». Il filo rosso, teso tra l’antica e la nuova alleanza, unisce la profezia isaiana con l’annuncio rivolto dall’angelo a Giuseppe, quale compimento di una promessa divina, che già sette secoli prima era stata anticipata al popolo di Israele, e che ora si offre all’accoglienza di tutte le genti. Nel passo evangelico di questa quarta domenica del tempo di Avvento, Giuseppe non ci viene presentato come spettatore passivo dei fatti, bensì come protagonista centrale, chiamato a dare il nome di Gesù, ad introdurlo nella casa di Davide, ad accogliere, quindi, nella propria vita la volontà divina, superando pregiudizi, schemi mentali e logiche umane.
Nella Natività di Giambattista Tiepolo, un tempo presso la cappella di S.Teodoro nella basilica di S.Marco a Venezia e oggi custodita nella cappella privata del Palazzo Patriarcale, San Giuseppe viene ritratto in una inconsueta postura, intento a cullare il Bambin Gesù con amorevole devozione e tenerezza. Così facendo, l’artista ha voluto mettere in luce il ruolo protettore di Giuseppe, che fin dalle parole rivoltegli dall’angelo seppe accogliere il grande mistero del Dio fattosi bambino per la salvezza di ogni uomo.
L’evangelista Matteo, nella pericope di questa domenica, dipinge Giuseppe come un uomo impegnato a riflettere sulle proprie responsabilità verso la Legge di Dio e verso Maria, interrogandosi su cosa fosse più giusto per lei. Per non esporre alla vergogna la donna che tanto amava, pensava in cuor suo di rinunciare a lei e di licenziarla nel segreto. A Giuseppe, che temeva di offendere Dio tenendo presso di sé un’adultera, il Signore rivolse una parola piena di tenerezza e conforto («Non temere»), svelandogli, poi, come la maternità di Maria venisse dal Cielo e fosse opera dello Spirito Santo. Anche a Giuseppe Dio volle offrire un segno. A differenza di quel che fece il re Acaz, uomo dalla fede povera e vacillante, Giuseppe accolse l'annuncio dell'angelo con obbedienza amorosa, divenendo, fin da quell’istante, intimo collaboratore del progetto di Dio. Il segno dato a Giuseppe fu la maternità verginale Maria. La sua risposta fu l’incondizionata disponibilità all’accoglienza del volere divino. Il “sì” di Giuseppe permise quel santo sposalizio, che con maestria ineguagliabile Raffaello raffigurò in uno dei capolavori indiscussi della pittura rinascimentale.
La capacità di pensare e agire rettamente, cioè secondo l’amore di Dio e del prossimo, sono caratteristiche che connotano Giuseppe quale uomo giusto e padre di Gesù secondo il disegno divino. Alla luce di quanto affermato, si comprendono con più facilità le parole di Santa Teresa di Gesù sulla necessità di assumere Giuseppe come guida nel proprio cammino di vita: «Chi non avesse maestro da cui imparare a far orazione, prenda per guida questo Santo glorioso e non sbaglierà». E per la Santa carmelitana l’orazione deve sempre tradursi in vita. L’invito sempre attuale che Santa Teresa ci rivolge è di affidare al padre di Gesù ogni nostra intenzione e ogni nostro desiderio, per imparare a vivere come piace a Dio, con la certezza di essere esauditi: «Chiedo solo per amore di Dio che chi non mi crede ne faccia la prova e vedrà per esperienza come sia vantaggioso raccomandarsi a questo glorioso Patriarca ed essergli devoti» (Vita, VI).
La storia di Giuseppe dona ancor oggi un messaggio di speranza a tutte le coppie di sposi, invitandole a cercare sempre ciò che piace a Dio, a prendere coscienza che il matrimonio è un dono che Lui sostiene, a scoprirlo quale «mistero grande», dove riluce lo splendore dell’amore divino, e quale responsabilità che chiama a diventare, giorno dopo giorno, dono l’uno per l’altro, sull’esempio di Giuseppe e della Vergine Maria.
A loro affidiamo i passi conclusivi del nostro cammino verso il Santo Natale.