di P. Ermanno Barucco ocd

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QUARTA PARTE: CONSONANZE CARMELITANE (fine)

Dopo aver introdotto la Salve Regina nella sua dimensione storica (prima parte), poetica (seconda parte) e biblica (terza parte) abbiamo gli elementi che ci permettono di comprendere un po’ meglio perché nel Carmelo questa preghiera e il suo canto siano stati “prediletti”. Tra la spiritualità mariana del Carmelo e la teologia di questa antifona si sono indubbiamente create alcune consonanze storiche, poetiche e bibliche che ora cerchiamo di presentare in una prospettiva unitaria che potrebbe apparire come un’interpretazione carmelitana della Salve Regina.

4. Consonanze carmelitane

Perché i Carmelitani hanno prediletto questa preghiera? C’è semplicemente una ragione estetica e musicale, perché è una preghiera bella e profonda nelle parole e nella musica (tono solenne)? C’è semplicemente una ragione storica, perché bisogna tenere il passo degli altri Ordini religiosi nella devozione mariana per cercare poi di primeggiare? Possiamo invece supporre che ci sia una consonanza più profonda tra questa preghiera e la spiritualità carmelitana e cerchiamo ora di mostrarne il perché.

4.1 Il giardino, l'esilio, la Terra promessa del Carmelo: Regina Carmeli

Abbiamo mostrato come il punto di partenza degli oranti nella preghiera della Salve Regina è la situazione di esilio dopo la cacciata dei progenitori dal giardino del Paradiso: questa è la condizione dei figli di Eva (e di Adamo). Lo schema biblico dell’infedeltà o fedeltà all’Alleanza è semplice: infedeltà uguale maledizione, cioè perdita del giardino ed esilio nel deserto; fedeltà uguale benedizione, cioè ritorno al giardino per goderne nuovamente i frutti.

Lo stesso schema si applica – secondo quanto messo in evidenza da A. M. Sicari – al giardino paradisiaco come alla Terra promessa, come al giardino del Carmelo: «Il popolo di Israele viveva schiavo in terra straniera, ma Dio misericordioso lo chiama a percorrere il cammino nel deserto per ascoltarvi la Parola di Dio e celebrare l’Alleanza con lui: così Dio dà vita e conduce verso la Terra Promessa, dove l’uomo tornerà ad essere “collaboratore e custode”, come nel giardino dell’Eden, per poter gustare i beni offerti da Dio nel“giardino fecondo”, ricco di frutti e di vita santa. Ma se il popolo non resta fedele all’Alleanza perderà questa Terra promessa e sarà condotto in esilio. Questo cammino di ritorno dall’esilio al giardino della Terra promessa è legato all’esperienza spirituale del Carmelo. Karmel in ebraico significa “giardino” (o anche: “vigna”, “boscaglia”, “frutteto”). Il termine è usato nei profeti per indicare la perdita della Terra promessa che si trasforma da giardino in deserto a causa dell’infedeltà all’alleanza con Dio: “Io vi ho condotti sul Carmelo – una terra di giardino – perché ne mangiaste i frutti e i prodotti. Ma quando vi siete entrati, voi avete profanato la mia terra, e avete reso abominevole la mia eredità. […] Guardai, ed ecco il Carmelo – la terra fertile – era un deserto” (Ger 2,7; 4,26)». Pensiamo alla situazione dei primi Carmelitani che verso la metà del XIII secolo sono costretti ad abbandonare la loro “terra santa” del monte Carmelo e ad andare “esuli” in Europa a causa della riconquista della Terra Santa ad opera dei Mussulmani.

«Ma se si ascolta la Parola di Dio il deserto diventa un giardino, un Karmel», afferma ancora A. M. Sicari, ed è questo che i primi Carmelitani sperano: «“Ma alla fine sarà effuso su di noi lo spirito dall’alto; allora il deserto diventerà un Carmelo, e il Carmelo si cambierà in foresta. Nel deserto dimorerà il diritto e la giustizia abiterà nel Carmelo. Effetto della giustizia sarà la pace, frutto del diritto saranno sicurezza e tranquillità perpetue. […] Esultino il deserto e la steppa, gioisca e fiorisca l’arida terra. Come il narciso fiorisca abbondantemente, trabocchi di letizia e di gioia. Le è data la gloria del Libano, lo splendore del Carmelo e del Saron. Essi vedranno la gloria del Signore, lo splendore del nostro Dio” (Is 32,15-17; 35,1-2)».

Lo schema biblico giardino-Paradiso – Terra promessa – Carmelo lo possiamo intravedere quindi nella Salve Regina attraverso l’“esilio” dei “figli di Eva” affermando pure che la Terra promessa ritrovata dopo l’esilio è Gesù, il “frutto benedetto” del ventre di Maria, il frutto che è dato da gustare nella terra del Carmelo. Inoltre il titolo Regina all’inizio suggerisce l’idea di colei che è la Regina del cielo e della terra, la Domina, quella che i primi eremiti Carmelitani all’inizio del XIII secolo consideravano la Domina loci, la Signora del luogo, cioè la Signora del Monte Carmelo.

4.2 L'Avvocata "nostra": la sopravvivenza dei Carmelitani

Il titolo mariano di Regina (madre) di misericordia è declinato poi nella Salve Regina come Advocata nostra quando si supplica Maria di rivolgere verso di noi i suoi occhi misericordiosi. Ma Maria non è sola, è col suo bambino tra le braccia, poiché lo tende verso di noi quando noi chiediamo che ella ci mostri il frutto benedetto del suo seno, Gesù. Ad una prima richiesta di guardarci succede una richiesta di mostrarci Gesù, realizzando così uno scambio di sguardi: lo sguardo di Maria verso di noi, il nostro verso Gesù tra le braccia di Maria che ce lo fa vedere più da vicino. E Gesù stesso sembra il Paradiso che ci è dato dopo l’esilio di questa vita trascorsa in una valle di lacrime, il frutto benedetto della Terra benedetta del Carmelo.

L’invocazione a Maria Advocata nostra corrispondeva bene alla situazione dei primi Carmelitani del XIII secolo che si trovavano in una situazione difficile per la sopravvivenza stessa dell’Ordine in Europa, il quale era stato sull’orlo di essere soppresso più volte dall’autorità ecclesiastica, se non avesse dimostrato la sua antichità secondo le indicazioni del Concilio Lateranense IV del 1215. Questa situazione di incertezza durò fino al 1298 con la definitiva approvazione di Bonifacio VIII, e i Carmelitani sentirono allora certamente di più Maria come loro Avvocata che li aveva difesi e sostenuti. Ma l’hanno certamente sentita anche di più come madre piena di misericordia che “generava” di nuovo l’Ordine come aveva fatto all’inizio.

4.3 Maria, madre di Gesù e madre dei Carmelitani

Moretto Madonna del Carmelo accademia

Nella redazione originale della Salve Regina il riferimento alla maternità di Maria nei confronti di Gesù (mater Iesu) era espresso solo nel riferimento biblico al frutto benedetto del suo grembo mentre il riferimento alla sua maternità verso di noi (mater nostra) appariva solo attraverso i suoi atteggiamenti misericordiosi (misericordiae, vita, dulcedo, misericordes, clemens, pia, dulcis). L’aggiunta successiva di mater tra Regina e misericordiae fa emergere allo scoperto sia la sua maternità divina che quella verso i credenti. Alla fine è stata aggiunta anche Virgo tra dulcis e Maria. Maternità divina e verginità sono due dogmi che si è sentito la necessità teologica di esplicitare (con il Concilio di Trento forse?) o semplicemente è emerso il desiderio di chiamarla “madre” nello slancio della preghiera. E il titolo di madre era caro ai Carmelitani quanto quella di patrona, sorella, vergine purissima. Il titolo di “Vergine” è stato aggiunto nell’antifona mariana per specificare probabilmente la sua caratteristica nella storia della salvezza (cf. Is 7,14; Mt 1,23; Lc 1,27).

5. Preghiera conclusiva

Noi saremmo (stati) sottomessi per sempre alla condanna dell’esilio comminata ad Adamo ed Eva, se tu non fossi (stata) nostra avvocata per difenderci, per liberarci da questa condanna, per cambiare la “sorte di Eva” che pesa su di noi, o Nuova Eva obbediente al Nuovo Adamo, o Madre di tutti i viventi. Infatti lo sguardo misericordioso rivolto a noi conviene a te, Regina di misericordia, patrona dell’Ordine del Carmelo e nostra avvocata: affinché tu ci ascolti e intervenga misericordiosa cambiando la nostra sorte.

Questo si realizzerà perché noi ti chiediamo di mostrarci, dopo questo esilio, il frutto benedetto del ventre tuo, Gesù, che è il nuovo giardino del Paradiso, è la nuova Terra promessa, è il frutto gustato nella Terra del Carmelo e la sua bellezza: «Vi ho introdotti nella terra del Carmelo perché ne gustiate i frutti e la bellezza» (Ger 2,3). Infatti il frutto benedetto del ventre tuo, o benedetta fra tutte le donne, rinnova l’antica benedizione (cf. Gen 1,28) che si cambiò in maledizione, pianto, fatica e morte, a causa del primo peccato.

Eia Ergo”: Ehi! Tu che ascolti ed esaudisci le nostre suppliche, tu che sei stata scelta da Dio per essere nostra avvocata, per collaborare alla Redenzione del Figlio tuo, esercita il tuo compito diffondendo la misericordia divina, di cui sei Regina, con il tuo sguardo rivolto verso di noi, rivolgendo quei tuoi occhi misericordiosi verso di noi mentre noi rivolgiamo i nostri occhi al frutto benedetto del tuo ventre Gesù che tu ci mostri tenendolo tra le braccia tue. Così, guardandovi che ci guardate, noi pregheremo ripieni di fiducia e di pace.

(fine)

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