di P. Stefano Conotter ocd
Il grande “successo” popolare dello scapolare del carmine è dovuto in buona parte al cosiddetto privilegio sabatino, fondato sulla bolla di papa Giovanni XXII, secondo cui chi porta con devozione lo scapolare della Madonna del Carmine, se termina il corso della sua vita in stato di grazia, verrà portato dalla Vergine nella piena comunione con Dio il primo sabato dopo la sua morte. Da qui il nome di privilegio sabatino. In queste righe vorrei riflettere brevemente, non tanto sull’autenticità storiografica della bolla, ma sul significato biblico del sabato come giorno a cui questo privilegio mariano è stato legato.
La Bibbia presenta il sabato come il culmine della creazione (Gn 2,2-3), il giorno del riposo di Dio in cui il tempo trova la gratuità della contemplazione (Es 20, 8-11), del culto, della gioia reciproca fra Creatore e creatura (Es 31,12-17). Anche dopo la perdita del giardino originario a causa del peccato originale, il sabato conserva questa gratuità, come se fosse un pezzo di paradiso terrestre che permane nel travaglio della storia umana.
Lungo la storia del popolo eletto, la festa settimanale del sabato, che in ebraico è una parola femminile, viene sempre più ad assumere le connotazioni della creazione sposa (Is 58,13), della creazione aperta al dono del Creatore, così come Dio l’ha voluta nel suo desiderio originario (Is 56,2-7). Come la figura della figlia di Sion (la città di Gerusalemme), così anche la festa del sabato viene a rappresentare l’aspetto femminile della Creazione e del tempo come accoglienza, disponibilità, fecondità verginale in dipendenza dal dono gratuito di Dio (Sof 3,14-18).
Ecco perché il sabato è diventato spontaneamente il giorno mariano per eccellenza. Anche nella tradizione carmelitana il sabato è il giorno privilegiato per onorare Maria, per esempio con la tradizione del canto serale della Salve Regina. Come gli antichi eremiti sul Monte Carmelo si raccoglievano attorno alla loro Signora nella cappella a lei dedicata in mezzo alle loro celle, così ancora oggi in alcuni conventi i frati si raccolgono il sabato sera intorno all’icona della loro Madre e Sorella vestiti in cappa bianca e con i ceri accesi.
All’interno di questa convergenza fra la spiritualità del sabato e la spiritualità mariana, c’è però un momento particolarmente centrale e singolarmente profondo. Si tratta del mistero pasquale e in particolare del Sabato Santo nella vigilia della Resurrezione di Gesù.Il vangelo che si legge nella Festa della Madonna del Carmine, tratto dal capitolo 19 del Vangelo di Giovanni, ci fa contemplare Maria che sta accanto a Gesù nella sua ultima agonia sulla croce. Il brano si conclude con la frase: “e da quel momento il discepolo la prese nella sua casa” (Gv 19,27). Certamente questa frase ha un significato teologico profondo, ma possiamo immaginare anche la casa che forse Giovanni aveva a Gerusalemme dove accolse Maria la sera di quel venerdì. Con discrezione, come ci propone il Card. Martini1, osiamo entrare in quella casa accanto a Maria in quel silenzio carico di dolore e di memoria. “Anche a te una spada ti trafiggerà l’anima” aveva detto all’inizio il vecchio Simeone (Lc 2,34). Maria, ci dice il Vangelo, custodiva tutto nel suo cuore (Lc 2,19). Anche se non ne capiva il significato in quel momento (Lc 2,50) lei continuava a meditare nel suo cuore, con una memoria viva, le parole e gli avvenimenti (Lc2,51). Per questo Maria resiste ai piedi della croce nonostante il dolore straziante, perché quella parola profetica ascoltata molti anni prima, e custodita viva nella sua memoria credente, le fa cogliere che quel dolore lancinante che le sta trafiggendo l’anima, fa parte del piano redentivo dell’amore di Dio che si sta realizzando in modo misterioso. Ed è questa memoria viva che la fa essere madre di speranza nel silenzio del Sabato Santo, che la fa vivere in attesa mentre i discepoli sono disorientati e delusi.
Nelle ore in cui il corpo di Gesù, figlio di Maria, giace nel sepolcro, si compie il mistero della discesa agli inferi, il Figlio di Dio entra nell’abisso della morte conseguenza della disobbedienza. Gesù è totalmente abbandonato alla volontà del Padre e così porta il suo essere figlio a “coloro che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte” (Lc 1,79). Per questo può attraversare lo iato della morte, che diventa passaggio, Pasqua. Ma poiché Gesù compie questo passaggio non per se stesso ma per l’umanità, per comunicare la sua Vita di Figlio alla creatura umana, il dolore pieno di speranza del Sabato Santo di Maria, fa parte del mistero della Risurrezione.
Poiché il dono del Risorto ha un carattere eminentemente interpersonale; e poiché il dono di Dio non può essere che totale, allora l’attesa di Maria e la sua disponibilità totalmente accogliente sono parte della pienezza della Risurrezione che implica la comunicazione interpersonale della nuova vita gloriosa.
L’attesa teologale di Maria durante il sabato santo è come il prolungamento della nuova maternità che ha ricevuto sotto la croce partecipando con il suo dolore accettato al sacrificio del Figlio. La fede di Maria nel compimento misterioso del disegno di salvezza del Padre, che in questo momento contiene e supera tutta la fede della storia della salvezza, fa da pendant creaturale all’abbandono infinito del Figlio alla volontà del Padre.
Questa stessa fede mariana, che ha accompagnato il passaggio di Gesù dalla morte alla Risurrezione, accompagna anche coloro che con il battesimo prendono parte al mistero Pasquale del Redentore. In qualche modo ognuno di noi al momento della morte è chiamato a entrare nel suo sabato santo, a passare alla Vita divina nel Figlio risorto. In questo passaggio, dentro il grembo materno della chiesa, la fede vigile di Maria è il luogo più efficace per accogliere la nuova nascita alla vita risorta. Lo scapolare esprime proprio questo legame di familiarità con Maria per essere più in simbiosi con la sua fede vigile, per metterci in quel punto dove è più facile ricevere la grazia e in modo particolare la grazia della vita divina. L’aver legato la promessa mariana al giorno del sabato ha un solido fondamento biblico e teologico in relazione a quel centro della vita cristiana che è il Triduo Pasquale.
Ecco quindi che il privilegio sabatino non fa che legare al segno di protezione e di consacrazione mariana che è lo scapolare, questa fiducia nella presenza materna di Maria nel momento in cui faremo l’esperienza dell’abbandono, del lasciare tutto per nascere alla vita nuova. Lei che è rimasta nell’attesa anche quando Cristo è rimasto solo nella morte, con la sua speranza materna è penetrata oltre i limiti della rottura provvisoria dei legami naturali che la morte implica. E’ d’altra parte quello che diciamo infinite volte quando nell’Ave Maria chiediamo la sua preghiera “adesso e nell’ora della nostra morte”.
Certamente di queste cose si può solo balbettare, ma come un’ultima fiducia, come i bambini che sanno attraversare anche una stanza buia e sconosciuta se sentono la mano della mamma che li precede.
[1] Card. Carlo Maria Martini, La Vergine del Sabato Santo, lettera pastorale nel Giubileo dell’Anno 2000.