di Amalia Masset

Scorcio del coro a colori

«Tutto accadde quando la comunità cristiana – nella sua umile, reale e quotidiana concretezza – divenne il luogo abituale della nostra amicizia, del nostro lavoro e della nostra festa. E pensammo che una vera comunità doveva saper creare i suoi canti, meditando assieme la Parola di Dio». Così P. Antonio M. Sicari ricorda gli inizi quell’attività creativa e di fede che da allora non ha più abbandonato. I canti che si possono ascoltare in questa sede sono nati da una storia carmelitana, vissuta da religiosi e laici in un cammino di comunione e di reciproco sostegno nelle vicende quotidiane che segnano, con le rispettive differenze e somiglianze, la vita degli uni e quella degli altri.

Di queste composizioni sono nati per primi i testi, parole scaturite dalla preghiera di chi – di volta in volta – li ha pensati e scritti; solo in un secondo momento è venuta la musica, come un abito cucito su misura per far risuonare compiutamente le movenze del cuore e le immagini descritte. Così, i suoni, di volta in volta, esaltano il testo o addirittura lo superano, nell’intento di esprimere lo struggimento e la gratitudine dell’anima di fronte all’infinita grandezza di Dio, che non ha esitato a piegarsi sulla piccolezza dell’uomo per innalzarla a Sé. Di più ancora: per dire all’uomo il Suo Amore sconfinato, che lo attende dall’eternità (per leggere i testi completi dei canti clicca qui).

La Romanza di Natale (testo: S. Giovanni della Croce, musica: P. Claudio Grassi) contempla con discrezione la nascita del Figlio di Dio come Uomo, ora adagiato in un’umile mangiatoia, dando voce alle creature stupefatte di fronte a tanto mistero. Come col fiato sospeso, uomini e animali osservano con commozione il Bambino, che rende così umano e prossimo il Divino.

Il Cantico di Nazareth (testo: P. Antonio Sicari, musica: P. Gianni Bracchi) scruta l’intima vita della Santa Famiglia nei primi mesi della vita di Gesù, quando Maria e Giuseppe, uniti dal Bambino al quale appartengono, si scambiano un amore profondo e verginale, radicandosi sempre più nella paternità di Dio, quasi figli nel Figlio. Mentre lei custodisce nel cuore le parole che le disse l’Angelo e ne scorge la realizzazione sul volto del suo sposo, lui compie verso il Bambino i gesti della tenerezza paterna, tutto avvolto e sostenuto dal Mistero della maternità di Maria.

Dormi tra le mie braccia (testo: Sandra De Carli, musica: Cecilia Vettorazzi): «Pregare al ritmo del respiro…» «Pregare come respirare…» era l’insegnamento dei Padri del deserto, che avevano abbandonato ogni cosa per essere tutti e soltanto di Dio. Come non pensare, allora, a Colei che per prima fu totalmente di Dio e per noi è modello di preghiera? Tutto il suo essere profuma di Dio, di quel Dio che ha preso forma umana nel suo corpo e stabile dimora dentro il suo cuore. Come Maria, primo ed eterno Tabernacolo, ogni uomo porta in sé la traccia del Dio che lo inabita, e profuma, almeno un po’, di Dio. E così, mentre lei culla fra le braccia il Bambino Divino che le è donato, Egli arde d’Amore: per lei e per ogni uomo che ha vissuto, vive e vivrà su questa terra.

Madre del Paradiso (testo: P. Antonio Sicari, musica: P. Gianni Bracchi): è il canto dell’affidamento umile e gioioso a Colei che è madre di tutti e tutto può presso il suo Figlio Gesù, via sicura per giungere a Lui.