di Iacopo Iadarola
«È solo quando la memoria viene filtrata dall'immaginazione, che i film arrivano realmente nel profondo dell'anima»
Con queste parole del celebre regista Louis Malle vogliamo prepararci alla Giornata della Memoria che si terrà il prossimo 27 gennaio, in ricordo delle vittime ebree della violenza nazista. Di queste vittime Malle ha celebrato il ricordo con il suo pluripremiato film Au revoirs les enfants (fra i più significativi riconoscimenti: Leone d’Oro nel 1987, David di Donatello e Oscar come migliore sceneggiatura nel 1988. Uscito in Italia col titolo: Arrivederci ragazzi). Storia - ruvida e delicatissima insieme - di un’amicizia fra due collegiali, Julien e Jean, che sul nascere viene brutalmente tranciata dall’irruzione della Gestapo nel collegio, in cerca di tre ragazzi ebrei che lì vivevano sotto falso nome, fra i quali Jean. Oltre ai tre ragazzi, subito scovati e spediti ad Auschwitz dove saranno gassati, in campo di concentramento viene mandato anche il responsabile del loro occultamento, il direttore del collegio Padre Jean. Che serenamente, nella scena finale del film, mentre viene scortato via, così saluta i suoi studenti:
“Au revoirs les enfants!”
Queste parole sarebbero rimaste indelebilmente non solo nella mente del giovane Julien, ma anche del regista L. Malle. A parte i nomi, infatti, la storia è avvenuta realmente nel collegio di Avon, vicino Parigi, come ci racconta il regista: “Sono stato educato in collegi religiosi, allievo dei Gesuiti e poi, nella seconda parte degli studi secondari, in un eccellente collegio retto da Carmelitani scalzi, vicino a Fontainebleau. Questo collegio fu chiuso dalla Gestapo tedesca nel gennaio 1944, ma s’è riaperto dopo la Liberazione, nell’autunno del ’44. È là che ho fatto i miei ultimi quattro anni di scuola secondaria.”
Scopriamo così che dietro il Padre Jean del film (di poche parole, e di fuoco: “Vorrebbe fare il prete? Questa vita non è adatta a lei, è una vita da dannati”) c’è P. Jacques di Gesù, padre carmelitano scalzo che aveva fondato negli anni ’30 il collegio dove studiò L. Malle, il “Petit Collège Sainte-Thérèse de l'Enfant-Jésus”. Successivamente, Malle avrebbe intrapreso la Scuola superiore di Cinema a Parigi e sarebbe diventato uno dei maestri della Nouvelle Vague, cominciando come aiuto regia di Robert Bresson in “Un condannato a morte è fuggito” ed esordendo nel 1957 come regista con il film Ascensore per il patibolo: storia di due amanti omicidi che vengono inesorabilmente puniti dal fato. La critica lo avrebbe presto accreditato come capolavoro del genere noir, facendolo entrare negli annali del cinema (e del jazz, per il memorabile accompagnamento musicale di Miles Davis). In seguito Malle avrebbe girato numerosi altri film dirigendo i grandi attori della sua nazione (B. Bardot, J. Belmondo), ma i riconoscimenti più grandi li avrebbe ricevuti proprio con Au revoirs les enfants del 1987.
Tornando al piccolo collegio di Avon che aveva ispirato la sceneggiatura di questo film, l’occultamento dei tre ebrei compagni di Malle fu reale e orchestrato da P. Jacques di Gesù in accordo coi suoi superiori; e il rischio e il valore morale dell’operazione fu tale da valergli il riconoscimento, nel 1985, del titolo di “Giusto fra le nazioni” da parte dello stato di Israele, titolo immortalato nello Yad Vashem. Per la sua rischiosissima operazione, infatti, P. Jacques sarebbe stato internato prima in carcere a Fontainebleau, e di seguito trasferito nei campi di concentramento di Compiègne, Sarrebruck, Mauthausen-Güsen. Qui avrebbe dato prova eccezionale di dedizione e abnegazione, offrendosi di lavorare in infermeria, celebrando di nascosto l’Eucaristia per i cristiani e dispensando parole di conforto per tutti, compresi atei e comunisti che più tardi lo avrebbero ricordato e ringraziato con commozione: “Quando si incontrava P. Jacques non si aveva più vergogna di essere uomini… La sua presenza era la prova del Dio vivente”.
Nel terrore delle carceri, come già S. Giovanni della Croce cinquecento anni prima, seppe far fiorire il giardino del Carmelo: “L’uomo vuole trovare la sorgente della vita, una vita piena, una vita infinita…Il Carmelitano Scalzo è alla sorgente della vita... I Carmelitani sono dei ricercatori di Dio. Come Elia, essi affondano nel silenzio e come lui, giorno e notte, essi contemplano Dio, di una contemplazione viva dove il cuore mangia Dio nella misteriosa comunione della vita mistica. Non è la solitudine della sterilità, o il silenzio della pigrizia! Questa solitudine è popolata dalla ricca vita di Dio. Il silenzio è pieno dell’immensa voce di Dio”.
E fu naturale quindi, se in quel campo di concentramento davvero era sbocciato il Carmelo, che non volle lasciarlo quando tranquillamente avrebbe potuto (in quanto membro della resistenza anti-nazista) al momento della liberazione di Mauthausen da parte degli americani, nel maggio 1945. «Non voglio partire, ci sono troppi scontenti, troppe sofferenze, lo sento, bisogna che resti... Soffrire è il mio lavoro». Non parole retoriche: sfinito dalle fatiche patite, affetto dalla tubercolosi, dopo pochi mesi dalla liberazione è costretto a ricoverarsi presso l’ospedale delle Suore di S. Elisabetta, a Linz, dove morirà il 2 giugno 1945, a quarantacinque anni.
Nel 1990 è stata aperta la causa di beatificazione.
L’Ascensore per il patibolo, nella lunga carriera cinematografica di Malle, grazie alla matura opera su P. Jacques di Gesù, sarebbe finalmente risalito dall’inferno al Paradiso.
Qui è possibile vedere un breve video sulla vita di P. Jacques preparato dai nostri confratelli carmelitani austriaci: