In prossimità del 29 aprile 2023, centenario della beatificazione di santa Teresa di Gesù Bambino del Volto Santo, pubblichiamo (approntati dal nostro p. Giuseppe Furioni) due testi poco conosciuti ma che ci parlano deliziosamente degli albori della devozione della Chiesa tutta verso Teresina: il breve di Pio XI Quod Joannes vidit con cui si procedette ufficialmente alla beatificazione, e il discorso del medesimo Papa ai francesi giunti in pellegrinaggio poco tempo dopo, contenente la celebre espressione, riferita a Teresina, "Stella del mio pontificato".
IL BREVE DI PAPA PIO XI «QUOD IOANNES VIDIT»
Il 29 aprile 1923 papa Pio XI proclamava Beata la venerabile suor Teresa di Gesù Bambino. Alle ore 10 di quel giorno, dopo i riti iniziali, sopra un piccolo podio elevato nel presbiterio, mons. Andrea de Horatiis leggeva il testo del Breve Apostolico Quod Ioannes vidit con il quale Pio XI, dopo aver fatto l’elogio della venerabile suor Teresa, dichiarava di ascriverla al novero dei Beati. Terminata la lettura, veniva posta in venerazione la reliquia della nuova Beata e coperta la «Gloria» situata nella splendida raggiera del Bernini, oltre al quadro posto all’esterno della Basilica di san Pietro. Dopo il canto del «Te Deum», mons. Lemonnier, vescovo di Bayeux e Lisieux, celebrava la prima Messa «propria» della nuova Beata.
Ad perpetuam rei memoriam. Quello che Giovanni vide sul monte Sion, una schiera di vergini seguire l'Agnello dovunque vada, e quello che intese, il cantico soavissimo che nessuno poteva ripetere (Ap 14,4.3), mostra chiaramente quanto sia considerata grande presso Dio l’intemerata verginità, quel genere di vita certamente più conforme alla natura angelica che a quella umana. Questo esimio dono della grazia evangelica, dopo l’insigne Vergine Madre di Dio, giustamente considerata iniziatrice della verginale bellezza, l’abbracciarono con zelo nella Chiesa di Dio un gran numero di fanciulle avvolte in candide vesti. Esse anteposero ai piaceri e alle lusinghe del mondo quelle gioie celesti che non passeranno mai. Perciò, nella Chiesa cattolica, i candidi gigli delle vergini s’intrecciano con le rose purpuree dei martiri, cosicché con essi s’intesse quella corona splendidissima, con la quale l’immacolata sposa di Cristo gioisce d’essere ornata. Fra questa schiera di giovani vergini, nel nostro tempo si è distinta egregiamente Teresa di Gesù Bambino, monaca professa, decoro e ornamento dell’Ordine Carmelitano che, giunta in breve alla perfezione, ha conseguito la pienezza di una lunga vita, e ha accresciuto il devoto e verginale candore per l’Agnello celeste con lo splendore di eccezionali virtù.
La biografia
La Serva di Dio nacque il 2 gennaio 1873 ad Alençon, diocesi di Séez, ultima di nove figli, da Luigi Giuseppe Stanislao Martin e Maria Zelia Guérin, genitori che godevano sia dei beni della fortuna e soprattutto delle qualità di una vita veramente cristiana. Il giorno 4 dello stesso mese la fanciulla fu battezzata ricevendo il nome di Maria Francesca Teresa. Nel periodo in cui venne al mondo la Serva di Dio, suo padre, che poteva disporre di abbondanti risorse grazie al suo rispettabilissimo commercio come gioielliere, si stava interamente dedicando all’educazione della famiglia, avendo in quest’opera pia per compagna e aiuto la moglie, che si dice avesse espresso il desiderio che le cinque figlie sopravvissute consacrassero a Dio la loro verginità, cosa che effettivamente fecero una dopo l’altra.
In questa dimora di pietà, appena balenò all’età di due anni il primo albore della ragione, la fanciulla fu subito rapita dalla bellezza della virtù, ed ella, per non dispiacere a Gesù Bambino, cominciò ad amarlo con tutto il suo impegno. Aveva da poco superato l’età di quattro anni, quando la morte prematura dell’amata madre colpì con acerbo dolore il cuore della bambina e le tolse completamente la sua nativa gaiezza. Le sorelle maggiori, Paolina e Leonia [in realtà Maria], s’incaricarono di educare Teresa, la quale, come già lo era stata verso la madre, si mostrò diligente e obbediente in tutto. Astenendosi dai divertimenti e dai giochi infantili, anche quelli leciti, si ritirava nell’intimità della sua casa per dilettarsi nella contemplazione delle realtà celesti.
Il padre, avendo perso la moglie, per provvedere meglio alla custodia e all’educazione delle figlie, con tutta la famiglia si trasferì a Lisieux, e per la sua istruzione la venerabile Serva di Dio fu affidata alle monache dell’Ordine di San Benedetto presenti in città. Dotata di un’intelligenza superiore alla sua età, fece abbondanti progressi negli studi, specialmente in quelli storici; e assimilò in modo così eccellente il catechismo da essere chiamata piccolo dottore. Dotata di una memoria acuta, imparò a memoria tutto il libro dell’Imitazione di Cristo, e non fu meno abile con le Sacre Scritture. Nell’adempiere a tutti i doveri della pietà cristiana era composta nella pietà e nella modestia, tanto da essere un esempio per gli altri e un incitamento all’imitazione.
La giovinezza
Nel frattempo fu colpita da una grave malattia, la cui natura sfuggiva anche agli stessi medici; mentre i familiari credevano, non senza fondamento, che questa infermità fosse stata causata dall’opera del demonio, prefigurando le grandi calamità che la ragazza gli avrebbe inflitto. E la stessa convinzione fu confermata dalla miracolosa e improvvisa guarigione in seguito le preghiere rivolte alla Beata Vergine.
La ragazza, che ardeva di uno straordinario amore per Dio, era da tempo affamata del cibo celeste, ma secondo le leggi della diocesi era ancora esclusa dal ricevere l'Eucaristia a causa della sua età – dato che non aveva ancora compiuto i dieci anni. Finalmente spuntò il giorno desiderato, l’8 maggio 1884, quando le fu dato per soddisfare il suo ardente desiderio e, traboccante d’incredibile gioia, accompagnata dalle lacrime più dolci, tutta ripiena d’amore, fu ristorata dal Pane degli Angeli.
Poco tempo, fu unta con il sacro crisma della Confermazione, così da ricevere ampiamente matura i doni dello Spirito Santo.
In quegli anni, intanto, le sorelle maggiori della venerabile Serva di Dio, salutando il mondo e lasciando la famiglia, si nascondevano nei chiostri del Carmelo. L’allontanamento delle sorelle dalla casa paterna causò alla ragazza un grande dolore, e il padre ritenne opportuno decidere di richiamare Teresa dal pensionato delle Benedettine, perché potesse completare in casa quanto le restava del corso dei suoi studi. Ma, in questa condizione di vita, la ragazza fu soggetta alla debole salute del suo corpo e all’angoscia della sua anima: tormentata dall’aridità del suo spirito, spesso scoppiava in lacrime, pregando costantemente Dio che le mostrasse le sue vie. E Dio ascoltò benigno la preghiera della sua figlia. Nella notte del Natale del nostro Salvatore del 1886, mentre piamente partecipava alla santa Messa, Teresa sentì di essere liberata definitivamente da tutte le sue intime angosce, mentre svanivano tutte le paure e i movimenti dell’anima traboccavano di sentimenti nuovi. Da quel momento ella sembrò esultare come un gigante nel percorrere la via della santità (cfr. Sal 19,6), abbracciando con il più vivo zelo le opere di pietà e di carità, e ormai volgendo il suo pensiero ai chiostri del Carmelo.
La vocazione
Il piissimo padre, che aveva già dato a Dio tre figlie, non negò tuttavia il permesso a Teresa di dare compimento al suo desiderio, pur sopportando l’amarissimo dolore della separazione. I superiori ecclesiastici, invece, rifiutarono assolutamente che una ragazza appena quindicenne potesse sottomettersi alla più rigorosa vita religiosa. Risoluta nel suo santo proposito, la venerabile Serva di Dio decise di ricorrere direttamente alla Santa Sede e, insieme al padre, si aggiunse al seguito dei suoi concittadini che si recavano pellegrini a Roma. Trovandosi al cospetto del nostro predecessore, il Papa Leone XIII, vinta la naturale timidezza, si gettò ai suoi piedi e manifestò il desiderio del suo animo; ma il Pontefice rimandò colei che supplicava al placito dei Superiori. Malgrado tanta speranza delusa, l’eroica vergine sopportò con serenità il dolore più amaro e si sottomise alla volontà divina, finché il Vescovo, colpito da così grande coraggio, le concesse il permesso desiderato.
In tal modo, il 9 aprile 1888, la Serva di Dio entrò nei chiostri del Carmelo di Lisieux, avendo finalmente conseguito lo scopo che aveva desiderato con tanto amore. Ormai novizia, fin dai primi giorni della sua vita religiosa, apparve subito tanto elevata in santità, che la maestra incaricata delle novizie ammise che non aveva mai avuto un’allieva così pia. Emessi i voti religiosi l'8 settembre 1890, Teresa preferì essere chiamata di Gesù Bambino, come se con quel nome intendesse indicare il particolare tipo di santità a cui tendere con sommo impegno, quella perfezione quasi chiamata infanzia spirituale, secondo il precetto della Sapienza increata: Se non vi convertirete e non diventerete come bambini, non entrerete nel regno dei cieli (Mt 18,3). E, infatti, come un bambino riposa al sicuro nell’abbraccio di sua madre, così la Serva di Dio si affidò totalmente alla Divina Provvidenza. Semplice come una colomba che nidifica sul bordo di una gola profonda (Ger 48,28), guardava solo verso il cielo; e mantenne immacolata la veste bianca che aveva ricevuto al battesimo.
Il magistero
Tre anni dopo la professione dei voti, alla madre Agnese di Gesù, Superiora del monastero di Lisieux e sorella della stessa Serva di Dio, per meglio provvedere alla formazione delle novizie parve bene di porre a loro guida Teresa, attribuendole il titolo e l’ufficio di aiuto maestra. Così la Serva di Dio, appena ventenne, si assunse l’impegnativo compito, che mantenne fino alla morte, di istruire le novizie e assolse l’incarico affidato con singolare prudenza e abnegazione, non meno che con il più abbondante frutto spirituale. Dedicandosi interamente al bene delle sue allieve, fu loro madre e sorella, comportandosi con una dolcezza angelica, pia, mite, umile, obbediente, fedelissima della disciplina che insegnava con la parola e confermava con l’esempio. Mentre tutte le virtù fiorivano in lei lodevolmente, ella si elevò nel fervido amore per Dio e, come il divino Francesco d'Assisi, risuonò nella sua anima un perpetuo canto d’amore. Ella, infatti, consegnò alla poesia i sentimenti più intimi e compose le più belle strofe, perché potessero celebrare i misteri dell’amore divino. Per ordine delle sue superiore, poi, ella scrisse quello che lei stessa aveva vissuto e insegnato per l’edificazione e la salvezza di molti, per mostrare loro la via che conduce alla pienezza dell’amore. Il nostro predecessore Pio X di felice memoria non esitò ad affermare che in questo racconto della sua vita, ora diffuso in tutto il mondo, le virtù della vergine di Lisieux brillano in modo esemplare ed è la sua anima che in qualche modo vi respira.
Si avvicinava ormai la fine della vita della Serva di Dio, e sembrava che il Signore stesso volesse compiere la profezia che gli uomini avevano fatto, cioè che una fanciulla dall’anima tanto candida e molto simile a quella di angeli, non potesse più abitare a lungo tra gli uomini. Compiuto infatti il suo ventitreesimo anno, fu colpita da una malattia ai polmoni; e tuttavia non diminuì in nulla delle austerità della Regola della vita religiosa, finché con il venire meno delle forze, fu costretta a mettersi a letto. Per cinque mesi, sopportò strazianti sofferenze con volto lieto e una pazienza ammirevole. Ella offriva i suoi terribili dolori per Cristo e desiderando di essere sciolta dal corpo ed essere con Cristo (cfr. Fil 1,23). Più che dalla malattia sembrò essere consumata dal fuoco dell’amore celeste, e il letto dove giaceva la Serva di Dio fu come una cattedra di santità per tutta la famiglia religiosa. Infine, il 30 settembre 1887, dopo essere stata ricreata da una celeste visione, convolò alle nozze dello Sposo celeste con una morte dolcissima.
Fama di santità
Dopo la celebrazione dei funerali secondo l’uso, fu sepolta nel cimitero di Lisieux; ma ben presto il nome della santa Vergine cominciò a essere celebrato in tutto il mondo cattolico, e la sua tomba divenne gloriosa (Is 11,10). Man mano che la fama della sua santità aumentava, confermata da segni celesti e miracoli, la Congregazione dei Sacri Riti cominciò ad attivarsi al fine di accordare alla Serva di Dio gli onori celesti. Secondo l’uso, si istituirono dei processi sia a Lisieux che a Roma, affinché le sue virtù potessero essere esaminate; e allorché tutte le prove furono legalmente acquisite e debitamente considerate, il papa Benedetto XV, nostro predecessore di felice memoria, con solenne decreto, pubblicato il 14 agosto 1921, sanciva il grado eroico delle virtù di Teresa di Gesù Bambino. E senza alcuno indugio, ci si mise a esaminare quei miracoli che si ritenevano Dio avesse operato grazie alle sua intercessione; e quando furono assolte tutte le formalità giuridiche, noi stessi l’11 febbraio 1923 abbiamo promulgato il decreto del riconoscimento dei due miracoli.
E allora, essendo già stata accertata l’eroicità delle virtù e approvati i due miracoli, restava da discutere se la venerabile Serva di Dio potesse essere con certezza annoverata tra i Beati del cielo. Lo ha proposto il nostro venerabile fratello il cardinale Antonio Vico, Vescovo di Porto e Santa Rufina, relatore della causa, nella Congregazione Generale che si è tenuta in Nostra presenza nei Palazzi Vaticani, il 6 marzo scorso. E tutti i Cardinali della Congregazione dei Sacri Riti e i Padri Consultori presenti risposero affermativamente con unanime suffragio.
Da parte nostra, abbiamo aspettato a manifestazione la nostra decisione, al fine di ottenere, mediante ferventi preghiere, su una questione così importante la luce celeste. Avendola chiesta intensamente, nel giorno più propizio in cui quest’anno si celebra la festa del santo Patriarca Giuseppe, inclito Sposo della Beata Vergine Maria e Patrono della Chiesa, dopo avere offerto il Sacrificio eucaristico, alla presenza dello stesso Vescovo Cardinale Antonio Vico, Relatore della Causa e Prefetto della Congregazione dei Sacri Riti, e anche dei diletti figli Angelo Mariani, Promotore Generale della Fede, e Alessandro Verde, Segretario della Congregazione dei Sacri Riti, in tutta certezza abbiamo deciso di procedere alla solenne Beatificazione della venerabile Serva di Dio Teresa di Gesù Bambino.
La beatificazione
Stando così le cose, Noi, mossi dalle preghiere di tutto l’Ordine dei Carmelitani Scalzi, con la nostra Autorità Apostolica, in forza delle presenti Lettere, decretiamo che la Venerabile Serva di Dio Teresa di Gesù Bambino, monaca professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, sia chiamata Beata, e il suo corpo e le sue spoglie o le sue reliquie siano offerte alla pubblica venerazione dei fedeli, purché tuttavia non si tratti di presentare suppliche solenni.
Inoltre, sempre in forza della nostra Autorità Apostolica, permettiamo la recita dell'Ufficio e la celebrazione della Messa tutti i giorni dell’anno dal Comune delle Vergini, con le orazioni proprie da Noi approvate. Inoltre consentiamo la celebrazione di tale Messa e la recita dell’Ufficio nella diocesi di Bayeux e Lisieux e in tutti gli oratori e le chiese nel mondo utilizzati dall’Ordine dei Carmelitani Scalzi, da tutti i fedeli, sia secolari che regolari, che sono tenuti a recitare le ore canoniche, e, per quanto riguarda la Messa, da tutti i sacerdoti nei templi in cui si celebra la festa. Concediamo infine che le feste solenni della Beatificazione della stessa venerabile Serva di Dio Teresa del Bambino Gesù siano celebrate nella diocesi e nei predetti templi con l’Ufficio e la Messa di doppio rito maggiore; e ordiniamo che questo si compia nei giorni fissati dall’Ordinario entro un anno da quando le medesime solennità sono state celebrate nella Basilica patriarcale del Vaticano.
Nonostante le costituzioni, le ordinazioni apostoliche e i decreti emanati in materia di non culto e tutte le altre cose a esse contrarie.
Desideriamo, inoltre, che le copie delle presenti Lettere, anche stampate, purché firmate a mano dal Segretario della Congregazione dei Sacri Riti e munite con il sigillo del Prefetto, godano della stessa autorità che si accorda, nei dibattiti giudiziari, alla manifestazione della Nostra volontà nel senso della Lettera qui riportata.
Dato a Roma, presso San Pietro, sotto l'anello del Pescatore, il 29 aprile 1923, secondo del Nostro Pontificato.
PIETRO CARD. GASPARRI
Segretario di Stato
STELLA DEL NOSTRO PONTIFICATO
Il 30 maggio 1923, papa Pio XI incontrava i pellegrini francesi giunti a Roma per la beatificazione di suor Teresa di Gesù Bambino e nelle sue parole ritorna la celebre definizione di «Stella del nostro pontificato».
Miei carissimi figli di Francia, della cara Francia, ci riesce assai gradito e assai consolante di vedervi tutti insieme e di abbracciarvi con lo sguardo più del cuore che degli occhi, dopo avervi, per così dire, passati in rivista e avervi così veduti ad uno ad uno, e di aver intesa la interpretazione magnifica della vostra presenza nella parola del Vescovo di Bayeux e Lisieux, che ci parlava della vostra gioia così celeste, sincera e profonda.
Eccovi qui chiamati dalla vostra e nostra cara e piccola Beata. Ecco nello splendore di quella stella – come amiamo chiamarla – che la mano di Dio ha voluto far risplendere al principio del nostro Pontificato, prezioso auspicio di una assistenza e protezione della quale abbiamo già fatto felice esperienza. Eccovi nella gloria e nella gioia tutti felici e fieri della vostra piccola Beata. Ne avete bene il diritto, quel diritto di gioia e di gloria che deve essere riconosciuto prima di tutto al Carmelo di Lisieux, a tutta la grande famiglia del Carmelo, alla Francia normanda, alla Francia intera, a tutto il mondo, a tutta la cattolicità. Perché tutta la cattolicità è veramente in gioia, era da tempo presa dalla bellezza di questo capolavoro di natura e di grazia che Dio ha voluto fare per dimostrarci che Egli resta sempre il grande e unico Padrone delle anime, poiché Egli solo è il Creatore.
Tutto il mondo può invidiarvi e vi invidia, carissimi figli, il diritto tutto particolare che voi avete alla gioia e alla gloria di questo giorno benedetto. Tutto il mondo, eccetto Roma, perché tutto ciò che è cattolico è romano; quindi ciò che è cattolico e francese, è romano a un titolo tutto particolare. [Applausi].
Voi, del resto, lo avete veduto. Fu il nostro antecessore Leone XIII che vi diede Suor Teresa. È l’umile successore di Leone XIII che vi ha dato, per grazia di Dio, la Beata Teresa. Voi la avete data un’altra volta a Roma come Suor Teresa. Roma ve la rende oggi come la Beata Teresa. [Applausi].
Ciò vuol significarvi in poche parole, o carissimi figli, quanto il Nostro cuore comprenda la vostra pienezza e la vostra gioia, la vostra gloria. Il Nostro cuore batte all’unisono col cuore vostro, col cuore di tutta la Francia, col cuore di tutto il mondo cattolico. Ma voi, o figli, sapete bene che la Beata Teresa non saprebbe essere contenta di noi, se ci limitassimo alla sola gioia per quanto legittima. Essa vuole, e lo volle Iddio che ha suscitato questa bellezza davanti agli occhi nostri, che noi passiamo dalla gioia e dalla gloria alla imitazione di ciò che ammiriamo e festeggiamo con tanto gaudio. Poiché molte cose veramente ci dice la Beata Teresa che del buon Dio fu parola vivente.
È lo stesso buon Dio che per mezzo della sua vivente parola Teresa ci dice quali sono i veri e grandi valori davanti agli occhi e al cuor Suo. Non le grandezze esterne e le pompe del mondo; non i tesori e le ricchezze della terra: non le grandi presunzioni interne ed esterne. Il tesoro, il vero tesoro è davanti a Dio: è nel nostro cuore che Iddio lo cerca, tesoro di umiltà e di carità, tesoro di virtù efficaci perché cristiane, amore di Dio morto per noi, amore per i nostri fratelli per i quali è morto il nostro Dio. Tutto questo che il mondo ignora e disprezza forma invece il vero bene dell’anima che dimentica se stessa davanti a Dio per tutto vedere nella luce di Lui, mediante la consacrazione cristiana di tutta la vita alla volontà divina, comunque essa si manifesti. Tale è la più bella lezione che la piccola Teresa ci dà; piacere a Dio e amare Iddio, piacergli e amarlo facendo la Sua volontà. E questo può realizzarsi nel chiostro e nel secolo, nel silenzio o in mezzo al tumulto, in mezzo alla folla o nel deserto. Tutto ciò è indifferente, come è indifferente l’essere grandi o piccoli, l’avere maggiori o minori qualità di intelligenza e di spirito.
Teresa ci dice ciò che conta realmente davanti a Dio; che tutto possono cioè presentarsi davanti a Lui ricchi soltanto della pace del cuore, dei sentimenti dell’umiltà o della semplicità cristiana.
Ecco, o carissimi figli, il ricordo che Noi vorremmo portaste con voi nelle vostre famiglie. Ecco l’idea che vorremmo occupasse il vostro spirito o il vostro cuore, tornando alla patria vostra da Roma, da questa Roma di Cristo, nella quale veniste con quel sentimento di fede e di attaccamento al Padre comune che ci è dimostrato dalla vostra presenza devota e filiale, dall’amabilità, bontà e raccoglimento che si legge nei vostri sguardi. Che questa idea possa formare la base della vostra più solida virtù, e che dal vostro si diffonda e penetri nel cuore di tutti i nostri figli di Francia, in tutta la grande e cara famiglia di Francia, che la Chiesa gloriosa di Francia passi di gloria in gloria, e abbia soprattutto quella gloria che già ha avuto così largamente da essere chiamata Madre di Santi e madre così feconda e magnifica. Che tutti i figli di Francia secondino sempre più questa magnifica maternità e che essa resti sempre la più bella gloria in mezzo a tante glorie della nostra cara Francia.
Portate ora con voi la Benedizione, quella Benedizione che veniste a chiedere al Padre comune. Che essa sia con tutti voi e con ciascuno di voi. Portatela ancora a tutto il vostro grande paese, a tutta la vostra cara patria. Portatela alle vostre città, ai vostri villaggi, ai vostri focolari; a tutte le persone che vi sono più care, ai vostri piccoli così prediletti da Dio, ai vostri vecchi e infermi che hanno diritto in ragione delle loro sofferenze. Siate per così dire i portatori della Nostra benedizione, e questa Benedizione vi accompagni tutti i giorni della vostra vita e – come la Chiesa nella sua preghiera domanda e fa incessantemente domandare – resti con voi ora e sempre, resti insieme a tutti i favori e le grazie del buon Dio.