di P. Ermanno Barucco ocd
Ci sono certe espressioni dette da alcune persone che colpiscono più di altre il cuore e la mente, e per questo restano più impresse nella memoria. Penso che il motivo sia spesso la percezione di una simpatia “carismatica” (o empatia, che dir si voglia) con quelle parole. Non che chi le dica sia un “carismatico”, piuttosto le sue parole rinviano a quel carisma particolare che noi sentiamo aver ricevuto come dono di Dio nella Chiesa.
«Io sono tuo»: la “Parola del Signore” secondo Benedetto XVI
Ho avvertito questa simpatia “carismatica” più volte leggendo papa Benedetto XVI usare l’espressione “Io sono tuo” rivolgendosi a Dio. Ma ancor di più quando queste parole sono quelle che Dio rivolge a noi, a me: “Io sono tuo”. E il massimo è quando il papa scrive nella Verbum Domini, l’Esortazione apostolica post-sinodale sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa pubblicata nel 2010: «Nella Parola di Dio proclamata ed ascoltata e nei Sacramenti, Gesù dice oggi, qui e adesso, a ciascuno: “Io sono tuo, mi dono a te”; perché l’uomo possa accogliere e rispondere, e dire a sua volta: “Io sono tuo”. La Chiesa appare così l’ambito nel quale per grazia possiamo fare esperienza di ciò che narra il Prologo di Giovanni: “a quanti però lo hanno accolto ha dato potere di diventare figli di Dio” (Gv 1,12)» (n. 51).
Questo tema era stato trattato poco sopra dicendo: «Accogliere il Verbo vuol dire lasciarsi plasmare da Lui, così da essere, per la potenza dello Spirito Santo, resi conformi a Cristo, al “Figlio unigenito che viene dal Padre” (Gv 1,14). È l’inizio di una nuova creazione, nasce la creatura nuova, un popolo nuovo. Quelli che credono, ossia coloro che vivono l’obbedienza della fede, “da Dio sono stati generati” (Gv 1,13), vengono resi partecipi della vita divina: figli nel Figlio (cfr Gal 4,5-6; Rm 8,14-17)» (n. 50).
«Io sono tuo»: san Giovanni della Croce
Da dove deriva questa simpatia “carismatica” con il carisma carmelitano? Dal fatto che san Giovanni della Croce aveva già scritto: «E così il tuo Sposo che è in te, ti riempie dei suoi doni… mentre ti dice in questa unione che dipende da Lui, ma non senza tua grande gioia: “Io sono tuo e per te e sono contento di essere quello che sono per essere tuo e per darmi a te”» (Fiamma d’amor viva 3,6). E questa espressione richiama da vicino un altro detto del santo carmelitano: «Cristo è mio e tutto per me» (Orazione dell’anima innamorata, in Detti di luce e di amore, n. 26)
«Io sono tuo»: Benedetto XVI medita il Salmo 118
Partendo da questo punto di incontro tra san Giovanni della Croce e Benedetto XVI, ho cercato di capire in quali circostanze il pontefice avesse affinato queste espressioni, la prima detta da Gesù a me: «Io sono tuo, mi dono a te», e la risposta che io dico a mia volta a Gesù: «io sono tuo». Il documento Verbum Domini rinvia in nota alla Relatio post disceptationem, (n. 10), il cui il relatore, il Card. Marc Ouellet, a conclusione del Sinodo, il 15 ottobre 2008, rinvia ad un precedente intervento di Benedetto XVI senza specificarlo ulteriormente.
Si tratta di un intervento del papa svolto allo stesso Sinodo alcuni giorni prima, il 6 ottobre, in forma di meditazione sul Salmo 118, preghiera che loda ed esalta la Parola di Dio donata agli uomini: «Alla fine ritorniamo ancora a un versetto precedente: “Tuus sum ego: salvum me fac”. Il testo italiano traduce: “Io sono tuo”. La Parola di Dio è come una scala sulla quale possiamo salire e, con Cristo, anche scendere nella profondità del suo amore. È una scala per arrivare alla Parola nelle parole. “Io sono tuo”. La parola ha un volto, è persona, Cristo. Prima che noi possiamo dire “Io sono tuo”, Egli ci ha già detto “Io sono tuo”. […] Con la sua incarnazione ha detto: “io sono tuo”. E nel Battesimo ha detto a me: “io sono tuo”. Nella sacra Eucaristia lo dice sempre di nuovo: “io sono tuo”, perché noi possiamo rispondere: “Signore, io sono tuo”». Da notare come questa scala prima di far salire noi verso Dio fa scendere Dio, in Gesù il Figlio di Dio fatto uomo, verso di noi.
«Io sono tuo»: Benedetto XVI parla ai bambini della Prima comunione
Eppure non è ancora tutto. Infatti le parole di Verbum Domini n. 51 lette nel 2010 portavano a compimento (risvegliandola alla memoria) quella simpatia carismatica che avevo avvertito già anni prima nel 2005 in alcune semplici parole rivolte il 15 ottobre 2005 da Benedetto XVI ad un gruppo di bambini della Prima comunione (questa data, la stessa dell’intervento del Card. Ouellet, rinvia alla festa di santa Teresa d’Avila, più che un caso, per noi un segno provvidenziale).
I bambini hanno posto alcune domande al santo Padre sul senso della Confessione, dell’Eucarestia e della messa domenicale. Il papa, rispondendo loro a braccio, ha evocato innanzitutto i ricordi gioiosi e belli del giorno della sua Prima comunione ma soprattutto il pensiero più importante che ebbe allora: «ho capito che Gesù è entrato nel mio cuore, ha fatto visita proprio a me. E con Gesù Dio stesso è con me. E che questo è un dono di amore che realmente vale più di tutto il resto che può essere dato dalla vita; e così sono stato realmente pieno di una grande gioia perché Gesù era venuto da me. E ho capito che cominciava una nuova tappa della mia vita, avevo 9 anni, e che era importante rimanere fedele a questo incontro, a questa Comunione. Ho promesso al Signore, per quanto potevo: “Io vorrei essere sempre con te” e l’ho pregato: “Ma sii soprattutto tu con me”».
Poi, all’ultima domanda sul significato dell’adorazione eucaristica, il papa ha risposto: «adorazione è riconoscere che Gesù è mio Signore, che Gesù mi mostra la via da prendere, mi fa capire che vivo bene soltanto se conosco la strada indicata da Lui, solo se seguo la via che Lui mi mostra. Quindi, adorare è dire: “Gesù, io sono tuo e ti seguo nella mia vita, non vorrei mai perdere questa amicizia, questa comunione con te”. Potrei anche dire che l’adorazione nella sua essenza è un abbraccio con Gesù, nel quale gli dico: “Io sono tuo e ti prego sii anche tu sempre con me”». Sicuramente al Sinodo del Vescovi di alcuni anni dopo il papa non solo si è ricordato di queste parole ma ha anche reso più esplicito il fatto che prima di dirle noi a Gesù, è Lui a dirle a noi, perché è Lui per primo che vuole restare sempre con noi.
«Io sono tuo»: il fondamento dell’Alleanza con Dio
In fondo queste parole non fanno che attuare il detto tipico di Dio quando fa Alleanza con il suo popolo: «Io sarò il vostro Dio e voi sarete il mio popolo» (Ger 7,23; Lv 26,12). Lo riportano spesso i grandi profeti Isaia, Geremia e Ezechiele, ma ne esiste una versione particolare rivolta al Messia figlio di Davide: «Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio» (2 Sam 7,14). L’ultimo libro della Sacra scrittura, l’Apocalisse, riprende tutte e due queste formule in una delle sue ultime pagine: «essi saranno suo popolo ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio… E colui che sedeva sul trono disse… io sarò suo Dio ed egli sarà mio figlio» (Ap 21,3-7). Di fatto quindi, l’espressione divina «Io sono tuo, mi dono a te» e la risposta umana «io sono tuo» hanno il loro fondamento nell’Alleanza con Dio che è stata portata a compimento da Gesù, il Figlio di Dio, che ci ha resi pienamente figli di Dio in Lui.
«Io sono tuo» dice Gesù… rispondo: «Io sono tuo»
Da una certa simpatia con le espressioni bibliche dell’Alleanza, o altre simili, molti Santi e autori spirituali hanno trovato ispirazione per raccontare – ci sono tante testimonianze – come abbiano sentito Gesù rivolgere queste parole a ciascuno di loro: «Io sono tuo, mi dono a te» e come abbiano potuto così risponderGli dicendo: «Io sono tuo».